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 2025  ottobre 06 Lunedì calendario

Biografia di Vladimir Putin

Vladimir Putin , (Vladimir Vladimirovič P.), nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo, Russia) il 7 ottobre 1952 (73 anni). Presidente della Federazione Russa. Da un quarto di secolo ai vertici del Paese • «Un killer» (Joe Biden) • «Un tiranno manipolatore» (Boris Johnson) • «Ha riportato l’incubo della guerra nel nostro Continente» (Sergio Mattarella) • «Credo che sia una canaglia, perché solo le canaglie potevano arruolarsi e fare carriera in un corpo come il Kgb» (Indro Montanelli) • Divenne presidente ad interim il 31 dicembre 1999, dopo le dimissioni di Boris Eltsin (1931-2007). Confermato alle elezioni del 2000 e del 2004. Poiché la Costituzione gli impediva di restare in carica per più di due mandati consecutivi, nel 2008 fece eleggere alla presidenza il fedelissimo Dimitrij Medvedev (n. 1965), e tenne per sé la carica di primo ministro. Modificata la costituzione per allungare il mandato presidenziale da quattro a sei anni, fu rieletto presidente nel 2012 e nel 2018. Nel 2020 una nuova modifica costituzionale azzerò il conteggio dei mandati, fu rieletto presidente anche nel 2024 (con il 90% circa delle preferenze), potrà ricandidarsi anche nel 2030 e, se sarà ancora vivo, restare al potere fino al 2036 • «Per alcuni è la fonte di ogni male, l’uomo del Kgb che tira le fila di trame oscure, il mandante di omicidi in mezzo mondo, il padrino di una rete di crimine e corruzione, il difensore di dittatori, il manipolatore di terroristi e il repressore delle libertà. Per altri è un eroe del mondo oppresso dal capitalismo americano, l’ultimo baluardo dei valori tradizionali, il leader decisionista, lo stratega e tattico imbattibile» [Anna Zafesova, IL 2/2016] • Già icona pop, ha ispirato quadri, monumenti, profumi, t-shirt, matrioske, canzonette e torte di cioccolato • Uguale allo 007 di Daniel Craig • Grande popolarità per aver riportato ordine in Patria e sottomesso gli oligarchi dopo la fase della perestrojka • In antitesi con Eltsin (malaticcio, appassionato soprattutto di vodka e sigarette), Putin si è mostrato invece come l’uomo che non beve, che caccia le balene, accarezza gli orsi, guida un aereo da guerra, fa molto sport e piace alle donne • È stato accusato di essere corrotto, di gestire il potere in modo autoritario, di voler creare un culto della personalità, di non rispettare il diritto internazionale, di aver interferito nelle elezioni americane, di perseguitare gli omosessuali, di foraggiare i partiti di estrema destra (e, più in generale, antisistema) in tutta Europa. «Nella Russia di Putin gli oppositori vengono arrestati alla vigilia delle elezioni e i giornalisti che scrivono contro Putin incredibilmente muoiono sempre di morte violenta e misteriosa» (Marco Travaglio) • «Le risorse naturali del Paese – petrolio, gas, diamanti – sono in mano a pochi oligarchi legati al presidente. Lui e i suoi compari hanno accumulato immense fortune, mentre quasi venti milioni di loro connazionali vivono sotto la soglia della povertà» (Lilli Gruber) • Imperialista e militarista, ha represso la guerriglia autonomista in Cecenia (1999-2009), invaso la Georgia (2008), occupato la Crimea (2014) è intervenuto nella guerra civile in Siria (2015-2024). Il 22 febbraio 2022 ha scatenato un’invasione su larga scala dell’Ucraina, mossa che ha scatenato la reazione dell’Occidente e portato il mondo sull’orlo della Terza guerra mondiale • Nel 2023 la Corte penale internazionale dell’Aja ha emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti accusandolo di crimini di guerra, lo si ritiene responsabile di aver deportato illegalmente i bambini dalle zone occupate in Ucraina • Nello stesso anno ha represso nel sangue la rivolta armata dei paramilitari di Evgenij Prigožin (1961-2023), poi morto in un misterioso incidente aereo • Così come, sia pure con presupposti ideologici diversi, Napoleone III voleva restituire alla Francia la grandezza perduta a Vienna (1815) e Adolf Hitler voleva ridare alla Germania il potere perso a Versailles (1919), lui, che ha vissuto la fine della Guerra fredda, vuole riportare la Russia ai tempi di Stalin e degli zar • Lo dice apertamente: «La dissoluzione dell’Unione sovietica è stata la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo» • Nella sua autobiografia, scrive: «Se una rissa è inevitabile, bisogna picchiare per primi».
Titoli di testa Il bambino Putin, vale a dire Vladimiri, che a otto anni andava a trovare il nonno Spiridon, già cuoco di Lenin e di Stalin, e ci giocava a scacchi. Gli aveva insegnato il nonno, ma il ragazzino era piuttosto forte, e un certo giorno gli diede matto. Vide però che Spiridon, indifferente al matto ricevuto, continuava a muovere i pezzi, come se la partita fosse finita. «Ma nonno» disse allora il bambino «la partita è finita, ho vinto io». Spiridon: «E chi l’ha detto?». Il bambino: «Sono le regole». Spiridon: «Quali regole? Un vero uomo le regole le stabilisce da sé» [Giorgio Dell’Arti, Le guerre di Putin].
Vita «Mio padre, Vladimir, quando nel 1940 sentì Stalin che chiamava alla lotta contro il nazismo, chiamando i russi “fratelli” e “sorelle”, rinunciò a tutto e partì volontario, rinunciando all’importante lavoro che aveva in una base navale segreta. Nel ’42 fu ferito da una bomba mentre era in corso un’azione sulla riva sinistra della Neva, in località Pyatachok. Lui e mamma avevano già perso un figlio, nato prematuro, e ne persero un altro, Viktor, di nove anni, per via degli stenti. Congedato alla fine della guerra, papà fu assunto come operaio specializzato nelle officine Egorov (materiale ferroviario). Mamma si chiamava Maria Ivanovna Shemalova, faceva la custode notturna e la facchina ai mercati generali di Leningrado» • A un certo punto alla famigliola venne assegnata una stanza di venti metri quadri in vicolo Baskov 12, quinto piano senza ascensore, in fondo a un corridoio buio, nell’appartamento vivono in venti, bagno e cucina in comune, finestre tutte interne, un grigiore, quando si scende in cortile e si guarda il pezzo di cielo in alto sembra d’essere precipitati in un pozzo. Putin qui si descrive come un ragazzo da strada, anzi un ragazzaccio, ha indirizzato i cronisti verso un compagno di quei tempi che si chiama Viktor Borisenko, questo Viktor racconta volentieri: «Eravamo tutti teppisti. Sporchi, brutti ceffi con la barba non rasata, le sigarette e le bottiglie di vino di poco prezzo. Sempre a bere, a fare a cazzotti, a bestemmiare. E in mezzo a tutto questo c’era anche Volodia. Se qualcuno lo insultava in qualsiasi modo, Volodia gli saltava addosso, lo graffiava, gli strappava i capelli, lo mordeva, non permetteva di insultarlo o di sfotterlo». Era mingherlino, piccolino, non aveva nessun timore a battersi con i ragazzi più grandi • Tra gli 11 e i 13 anni, cominciò a calmarsi. Studicchiava, e non faceva più casini. Lo reintegrarono tra i pionieri, lo elessero presidente della sua classe, I genitori gli regalarono un orologio, che Putin s’infilò subito al polso destro. Per tenere sotto controllo la voglia di menar le mani si iscrisse a una palestra di pugilato dove gli ruppero il naso («dolorosissimo»). Lasciò perdere, e passò alle arti marziali • A sedici anni, gli venne l’idea di diventare agente segreto. Aveva letto un romanzo di Vadim Kojevnikov intitolato Lo scudo e la spada, dove si narra di una spia sovietica che negli anni Trenta si infiltra tra i nazisti. Storia mezza vera, ispirata all’agente Aleksandr Svyatogorov, formidabile per la flemma con cui affrontava le operazioni più rischiose e da cui si cavò anche una miniserie per la tv • Si presentò quindi al numero 4 del Liteinij Prospekt, cioè la sede a Leningrado del Kgb, un palazzone enorme, squadrato, di color bianco, fatto costruire da Stalin nel 1931, soprannominato Bolshoj Dom (“Grande casa”). Spiegò al tizio che lo aveva fermato alla porta che voleva essere arruolato. Quello gli spiegò che il Kgb non accetta domande di iscrizione, ma è lui stesso a cercare il personale che gli serve. E quindi?, chiese il ragazzo Putin. Quindi, rispose l’altro, devi aspettare che, casomai, ti veniamo a cercare noi. E intanto?, chiese il ragazzo Putin. Intanto studia, disse quello, vai all’università. Studio cosa?, chiese Putin. Mah, per esempio Legge, la laurea più adatta per questo mestiere • Entra nel Pcus. È molto stimato. Nel 1975 si laurea in Diritto internazionale. «A metà del quarto anno di studi all’improvviso sono stato contattato da un “addetto ai quadri” che si è qualificato senza presentarsi. Mi ha telefonato a casa. In seguito ho saputo che lavorava al dipartimento che supervisionava le università. Ha detto di voler parlare della mia assegnazione: “Per ora non dirò dove”. Ma io ho capito subito. Ci siamo dati appuntamento nell’atrio della facoltà. L’ho aspettato per 20 minuti e pensavo: “Mascalzone, mi ha preso in giro, mi ha ingannato”. Stavo per andarmene quando è arrivato con il fiatone ed è passato subito al dunque: “C’è tempo, ma in genere, cosa diresti se ti offrissero un lavoro?”» • «Putin lavorò per il KGB dal marzo 1975 all’agosto del 1991. La dissoluzione dell’impero sovietico la visse in prima fila. Gli ultimi cinque anni da agente del KGB li trascorse nella Germania Est e più precisamente a Dresda, dove sotto la copertura di direttore della Casa dell’amicizia tra Ddr e Urss era adibito al monitoraggio di quel che Usa e Germania Ovest stavano apprestando in fatto di armi nucleari puntate contro l’Urss. Già allora Putin era reputato un elemento di prim’ordine dal leggendario colonnello Lazar Matveev, allora al vertice delle strutture sovietiche di spionaggio internazionale. Di che tempra fosse fatto Putin lo dimostrò la sera del 5 dicembre 1989 quando una folla di manifestanti tedeschi cercò di prendere d’assalto la sede del quartiere generale del gruppo di spionaggio sovietico, al numero 4 di Angelikastrasse. I manifestanti chiedevano nientemeno che l’accesso agli archivi del KGB. Putin, da solo, uscì loro incontro. Era armato ma non lo dava a intendere, quel che gli premeva era “instaurare un dialogo”. E ci riuscì, parlando in un perfetto tedesco. Spiegò ai manifestanti che il palazzo era di proprietà del governo sovietico, e che in base a un accordo con il governo della Germania est non era aperto a ispezioni. Alla domanda su com’è che parlasse un tedesco talmente buono, rispose che lui di mestiere faceva l’interprete. Dopo di che i manifestanti se ne andarono senza avere rotto neppure un vetro» (da Nicolai Lilin Putin. L’ultimo Zar, Piemme, 2020) [Giampiero Mughini, Foglio 29/10/2020]. • Quando ha deciso di andarsene dal Kgb? «Già in Germania ho capito che quel sistema non aveva futuro. E che l’Urss non aveva futuro. Perciò ho rifiutato il trasferimento a Mosca e sono tornato a Leningrado. Ero, come dicono da noi, nella “riserva attiva”». Lo è ancora? «No mi sono licenziato dopo il golpe del 1991». Ne ha sofferto? «Sì. Una rottura della vita, con le ossa che scricchiolavano. Per me era tanto più difficile perché ero un ufficiale di successo, non avevo da lamentarmi. Tutto mi andava bene. Molto meglio degli altri». Ha lasciato il Kgb. E il Pcus? «Sono rimasto membro del partito finché è esistito. Poi ho preso la tessera, l’ho messa in un cassetto e ci ho fatto sopra il segno della croce. Sta ancora lì» [Astrit Dakli] • Torna a casa, a Leningrado. «La buona sorte volle che il nuovo sindaco della città fosse uno dei suoi professori. Si chiamava Anatolij Sobchak, era un brillante giurista e si stava distinguendo nella politica nazionale per almeno due motivi: aveva scritto i primi regolamenti parlamentari della Repubblica federale russa, nata sulle ceneri dello Stato sovietico, e aveva restituito a Leningrado, con un referendum, il nome (San Pietroburgo) che lo zar Pietro il Grande aveva dato alla sua città. Putin ebbe anche un altro protettore. La sua vecchia casa madre aveva cambiato nome divenendo “Servizio federale di sicurezza” ma non aveva cambiato pelle ed era una delle poche istituzioni nazionali che avevano, insieme a un forte spirito di corpo, una considerevole influenza nei corridoi del potere. Fino ad allora, il Fsb (la sigla russa del servizio segreto) si era astenuto dall’intervenire nella politica nazionale e aveva assistito senza battere ciglio alla privatizzazione dell’enorme patrimonio economico dello Stato sovietico. Ma non tardò a constatare che il trionfo del capitalismo aveva creato un nuovo ceto sociale composto da personaggi spregiudicati e pirateschi, a cui l’opinione pubblica dette subito il nome di “oligarchi”. Per Putin, dopo il ritorno alla casa madre, di cui fu direttore per un anno (dal 1998 al 1999), cominciò una fase nuova. Boris Eltsin, presidente della Repubblica, lo volle alla guida del governo per alcuni mesi e ne fece pubblicamente il suo erede. Il 7 maggio del 2000, dopo due rapide tornate elettorali, Putin divenne capo dello Stato. Era l’inizio della sua seconda vita» [Sergio Romano, La Lettura 8/11/2020] • «Nel momento in cui Putin prese il potere al posto di Boris Eltzin apparvero in rete due foto l’una a fianco dell’altra. In una c’era l’ex presidente Eltzin che giocava a tennis con gli oligarchi in una sala del Cremlino trasformata in campo da tennis, e pare fosse arcinoto che bastava lasciarsi battere a tennis da un giocatore mediocrissimo qual era Eltzin per trarne un immane vantaggio negli affari sovietici. Nella seconda foto si vedeva Putin, in una sala di judo, che stringeva il collo del proprio avversario con una mossa che aveva l’aria di essere pienamente riuscita. Sotto le due foto la didascalia “Il Cremlino cambia presidente e anche sport”» [Mughini, cit.].
Amori Ljudmila Aleksandrovna Skrebneva, più giovane di lui di sei anni, prima operaia tornitrice nella fabbrica Torgmash di Kaliningrad, poi hostess dell’Aeroflot. Respinta dalla scuola di teatro e recitazione di Leningrado, benché carina, occhi azzurri, biondina, e però con le gambe troppo grosse. Un certo giorno il volo Aeroflot la portò da Kaliningrad a Leningrado, aveva tre giorni di riposo a disposizione e decise di restare in città e spassarsela. C’era con lei un’altra hostess, e quest’altra hostess amica sua disse di avere un amico che aveva promesso i biglietti per il Music Hall, dove si esibiva il celebre comico Arkadij Rajkin «E come te li sei procurati, i biglietti?, era tutto esaurito!», avevano chiesto le due ragazze. E il tizio: «I biglietti ce l’ha un amico mio poliziotto, vediamoci tutti e quattro sulla Prospettiva». Si videro infatti sulla Prospettiva, ma il poliziotto non arrivava, aspetta aspetta, passò più di un’ora prima che costui comparisse. Niente di speciale, pensò Ljudmila quando lo vide, un biondino, bassino, magrolino, taciturno, giacca cravatta e abito scuro, cioè niente stravaganze all’occidentale come usava spesso allora tra i giovani russi, sta’ a vedere che è francese, pensava la futura moglie, per niente incantata. Dopo lo spettacolo vanno al ristorante e il poliziotto manco beve, appoggia il bicchiere alle labbra e poi lo mette giù pieno come prima. Però il preteso poliziotto - a cui era stato proibito di raccontare in giro qual era il suo vero mestiere - aveva una bella chiacchiera, sicuro di sé, colto, nessuno sguardo lubrico, nessuna delle cretinerie tipiche dei maschi quando si trovano davanti a una biondina con gli occhi azzurri, e da tutto questo, raccontò in seguito Ljudmila, lei venne presa. Si videro anche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora, e al momento della partenza Putin le diede un biglietto col numero di telefono, cosa che l’altro amico giudicò strana, essendo il futuro zar di Russia persona di massima riservatissima, e infatti l’altro pensò: «Vuoi vedere che si è innamorato».
Amori/2 Si sono sposati nel 1983. Quando lui era distaccato in Germania Est, il finesettimana giravano la Sassonia con una Zhigulì di servizio, auto orribile, ma considerata ottima macchina in confronto alle Trabant • Due figlie, Maria (n. 1985) e Katerina (n. 1986). Nel giugno 2013, dopo quattro anni di indiscrezioni sulla relazione del presidente russo con l’ex ginnasta Alina Kabaeva, trentun anni più giovane di lui, i due annunciarono in tv la loro separazione. «Saremo vicini per sempre» (parola di lui, visibilmente nervoso) e il Presidente «continuerà a prendersi cura delle figlie, e loro lo sentono» (detto da lei con un sorriso forzato) • Secondo la versione ufficiale le due figlie hanno studiato in Russia all’università di San Pietroburgo e oggi vivono e lavorano in patria. Maria sarebbe endocrinologa e Katerina neuroscienziata. Per anni le due non sono mai apparse, hanno assunto cognomi di copertura: Vorontsova la più grande e Tikhonova la più giovane • Secondo i tabloid tedeschi tradiva la moglie anche quando era in Germania est. Una volta avrebbe detto che chiunque avesse resistito tre settimane con sua moglie «meritava un monumento» [Luigi Ippolito, Sette 5/4/2001] • Si parla anche di figli segreti, dalla ex ginnasta ne avrebbe avuti due • Alla giornalista del Moskovsky Korrespondent che osò domandare della relazione con la Kabaeva, durante una conferenza stampa a Villa Certosa, Putin replicò accusando la reporter di intromissione nella vita privata altrui «con il naso moccioloso e con le proprie fantasie erotiche». La giornalista, che scoppiò in lacrime, si prese anche una finta mitragliata da Berlusconi. Pochi giorni dopo il suo quotidiano chiuse per «enormi perdite economiche» [Micol Sarfatti, il Fatto 25/2/2012].
Religione «Racconta di aver incontrato la fede una volta che la moglie sopravvisse “per miracolo” a un incidente stradale. Ci sono poi i rapporti strettissimi – e sbandierati - col patriarca Kirill, e le missioni a Roma in cui tiene a far sapere che è portatore dei messaggi di Kirill per il Papa. Francesco, del resto, prima della guerra in Ucraina, lo aveva sempre accolto a braccia aperte» [Dell’Arti, cit.].
Curiosità Alto 1 metro e 68, pesa 71 chili • Si serve di vari sosia che dipendono dal servizio di sicurezza federale. Il più usato è stato Sergej Ivanovič, un ufficiale della guardia del Cremlino che spesso sfreccia per i boulevard di Mosca nella Mercedes presidenziale al posto del vero Putin. Talvolta a Mosca ci sono anche due o tre cortei presidenziali con altrettanti falsi Putin mentre il vero leader raggiunge il Cremlino con una linea segreta della metropolitana o in elicottero • Ancora oggi porta l’orologio al polso destro, oggi un Sinik Patek Philippe in oro bianco da 60.000 dollari • Gioca a hockey • Maestro sesto dan di judo, ha pubblicato un manuale ed è stato protagonista di un dvd che lo immortala sul tatami col campione olimpico giapponese Yasuhiro Yamashita • Si rifiuta di usare un cellulare • Non usa la Rete, legge solo i rapporti dei suoi consiglieri • Passa ore e ore in televisione, adora raccontare ai giornalisti storie della sua famiglia • Astemio • Mangia una zuppa al giorno, ama l’agnello, il gelato al pistacchio e il tè verde. Gli uomini del servizio gastronomico assaggiano ogni cibo durante i suoi viaggi all’estero. Nel libro Vladimir Putin: cammino verso il potere l’ex moglie Ljudmila ha raccontato che una volta Vladimir, ghiotto di cetrioli salati, li assaggiò di nascosto sfuggendo alla sicurezza • Va pazzo per gli Abba. Canzone preferita: Super Trouper.
Titoli di coda «Sono quasi le 2 del mattino quando arriviamo alla fine dell’intervista. Putin ha risposto per poco meno di due ore alle nostre domande. “Signor Presidente” chiede il direttore Luciano Fontana “c’è una cosa della quale si rammarica più di tutto nella sua vita, quella che lei considera un errore che non vorrebbe mai più ripetere?”. Il presidente si aggiusta sulla poltrona, gli occhi sembrano improvvisamente farsi più brillanti. Resta per qualche secondo in silenzio, poi con la sua voce sottile, e sempre a basso volume, dice: “Sarò assolutamente sincero con voi. Non posso adesso ricordare qualcosa. Evidentemente il Signore ha costruito la mia vita in modo tale che non ho niente da rimpiangere”» [Paolo Valentino, Cds 6/6/2015].