8 ottobre 2025
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Biografia di Guillermo del Toro Gómez
Guillermo del Toro Gómez, (Guadalajara, 9 ottobre 1964), 61 anni, è un regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e scrittore messicano. Ha vinto due premi Oscar nel 2017 e nel 2023. Sebbene abbiano lo stesso cognome Benicio del Toro e il regista Guillermo del Toro non sono parenti tra di loro.
Titoli di testa «Sono ossessionato dal cercare la bellezza nei mostri, mi considero un romantico».
Vita Da giovane del Toro ha studiato nell’Istituto de Ciencias a Guadalajara. Era stato cresciuto dalla nonna: «“Mia nonna era una donna molto cattolica, con lei vivevo nel terrore di finire avvolto dalle fiamme. Le chiedevo: se mi comporto bene non potrò andare in Paradiso? Lei mi parlava del peccato originale”» [Cappelli, Cds] • «Il mio primo spavento me lo provocò mio fratello maggiore che avevo due anni. Ero nel lettino e lui si affacciò d’improvviso, indossando gli occhi giganteschi del Mutante del telefilm Oltre i limiti. Per poco non sono morto. Gli psicologi parlano di un meccanismo che scatta nell’infanzia quando, per poterlo sopportare, ti identifichi con ciò che ti spaventa. E infatti io sono sempre stato attratto dai mostri, cominciando a collezionarne fin da quando ero piccolissimo» • A otto anni, il piccolo Guillermo girava i suoi primi filmini horror: «Se oggi posso dire di non provare paura, almeno non nel senso normale del termine, è forse proprio grazie alla grande quantità di paura sperimentata da bambino e da ragazzino». A spaventarlo non era solo il fratello, ma ancora la nonna: «In Crimson Peak la sorella del protagonista indossa il cameo di mia nonna, lo stesso che ho usato in La spina del diavolo e in altri miei film. Mia nonna compare sempre in qualche personaggio, stavolta è la terribile madre dei due fratelli che vediamo immortalata nel ritratto • «Insieme andavano per cimiteri: “Visitavamo spesso la tomba del nonno, è una cosa normale in Messico. Meno normale è che più volte la nonna abbia tentato di esorcizzarmi per liberarmi dalla mania dei mostri. Durante una discussione iniziò a tirarmi addosso l’acqua santa, pensava fossi posseduto. Io iniziai a ridere e lei a urlare: ‘È la risata del demonio!’ gridava. L’ultima volta che la vidi fu qualche mese prima che morisse. Le mostrai i bozzetti dei miei mostri, si mise a piangere: ‘Perché non puoi creare qualcosa di bello?’. Non capiva che la mia ossessione era trovare la bellezza all’interno di quei mostri”» [ad Arianna Finos, Rep] • Negli anni degli studi del Toro incontra la prima moglie, Lorenza Newton, conosciuta quando entrambi studiavano all’Instituto de Ciencias di Guadalajara. Si sposano nel 1986 e rimarranno insieme fino al 2017: hanno avuto due figlie, Marisa e Mariana • Alla vigilia del matrimonio Guillermo produceva il suo primo lungometraggio, diventando un maestro di trucco e effetti speciali con la sua società Necropia • Inoltre ha fondato assieme ad altri il Guadalajara Mexican Film Festival; successivamente ha aperto la sua propria compagnia di produzione, la Tequila Gang • Il primo film, Cronos, è del 1993 • Nel 1998 il padre di Guillermo venne rapito in Messico e liberato dopo 72 giorni solo dietro il pagamento di un riscatto. L’evento convinse del Toro e la sua famiglia a espatriare negli Stati Uniti d’America: «C’è un episodio che ha definito la mia vita, l’ha aperta a metà come una mela. Nel 1998 in Messico rapirono mio padre. Rimase nelle mani dei sequestratori per oltre due mesi. Quando i poliziotti li trovarono dissero a noi familiari che potevano richiudere i rapitori in una stanza, legati, e potevamo divertirci con una spranga di piombo. La violenza chiama violenza: risposi no grazie. Quando, dopo il pagamento del riscatto fu rilasciato, con la mia famiglia andai a vivere in California» [Cappelli, Cds] • Una volta lasciato il Messico, Del Toro ha alternato il proprio lavoro tra opere in lingua spagnola incentrate su temi dark fantasy, come le pellicole La spina del diavolo (2001), ambientato in un orfanotrofio nell’ultimo anno della guerra civile in Spagna, e Il labirinto del fauno (2006), per il quale è stato candidato per due Oscar come miglior film straniero e migliore sceneggiatura originale: la pellicola è ancora ambientata in Spagna, quella del ’44 nel pieno del regime franchista, e racconta della crudele lotta tra falangisti e i pochi ribelli superstiti repubblicani • Accanto alla produzione ispanica c’è quella di classici film d’azione americani, come il film supereroistico sui vampiri Blade II (2002), il soprannaturale Hellboy (2004), il suo seguito Hellboy: The Golden Army (2008) • Del Toro ha saputo fondere, e splendidamente, horror e politica, sia con La spina del diavolo che con Il labirinto del fauno, entrambi legati alla Guerra civile spagnola. Ma con il Messico non vuole tornare ad avere a che fare: «No, non potrei, è un orrore troppo grande anche per me. Non credo sarei in grado di farci un film» • Tuttavia è da sempre molto amico di due dei più apprezzati cineasti messicani, quali Alfonso Cuarón e Alejandro González Iñárritu. I tre spesso si influenzano tra loro sulle decisioni artistiche • Nel 2010 gira Non avere paura del buio con Katie Holmes: «Guillermo dice che i film dell’orrore riflettono le nevrosi del nostro tempo. Lei Katie che dice? “Si è vero, e infatti colpisce il modo in cui Guillermo ha raccontato la famiglia di oggi del film: è così reale che finisci per voler bene a quei personaggi e a credere a tutto quello che succede loro. C’è un rapporto molto forte che si forma fra la bambina, Sally e il mio personaggio. Anche perché parlando di nevrosi del nostro tempo, per Guillermo il vero mostro è la madre naturale della bambina. La cosa bella del mio personaggio, invece, è che non scappa di fronte ai mostri ma li conquista”» [Katie Holmes a Silvia Bizio, Rep] • Due anni dopo è il turno del monster movie fantascientifico Pacific Rim, nel 2015 di Crimson Peack: «Il faccione è bonario, ma lo scintillìo degli occhi dietro la montatura tonda rivela un tumultuoso mondo interiore. Guillermo del Toro, ultimo alfiere dell’horror romantico, malgrado la mole balza agile nel minuscolo camper metallico parcheggiato in un angolo degli Universal Studios, Los Angeles. Apre il frigo colmo di bottiglie d’acqua – naturale – ne apre una e mentre s’accomoda sul divano ci torna in mente una sua frase detta quando ancora era agli esordi: “So di avere un’aria da freak: appena entro in un negozio c’è sempre un vigilante che mi segue per vedere se rubo qualcosa”. Non è cambiato molto da allora, solo che oggi all’autoironia ha aggiunto la consapevolezza del proprio talento. Stephen King ha appena benedetto su Twitter il suo Crimson Peak. “È una delle mie creature preferite”, gongola il regista messicano. Un fantasy gotico, ora in arrivo anche nelle sale italiane» [Finos, Rep] • Anche il cinema italiano, da Mario Bava a Dario Argento a Matteo Garrone, ha contribuito non poco alla formazione artistica del regista • Parlando di modelli ispiratori, il suo primo amore fu Frankenstein di Boris Karloff: «Era pieno di fragilità, aveva un’aura da santo. La sua vulnerabilità gli valse subito la mia simpatia di bambino». A ogni personaggio, buono o cattivo, del Toro regala qualcosa: «Un passato, un segno zodiacale cinese, una lista di cibi e canzoni, segreti». E se sono tante le creature oscure in cui ha trovato sé stesso, una sola gli corrisponde perfettamente: «Hellboy. Sono io. Ho adattato il fumetto di Mike Mignola alla mia personalità, anche la sua relazione con Liz Sherman somiglia a quella con mia moglie» • «Un grande romantico, e Crimson Peak ne è la gotica manifestazione. “Il romanzo gotico è legato alle favole e alla passione” (…) “Io credo ai fantasmi, entità svincolate da moralità e religione. Li ho anche incontrati quando sono andato a cercarli in un albergo del Galles. In quella camera maledetta, mentre guardavo i dvd di The Wire, ho rivissuto un omicidio: le urla terribili di una donna e i sospiri di un uomo in preda al rimorso. Per il terrore sono rimasto sveglio tutta la notte. Ma almeno così ho potuto finire di vedere tutta la serie”» [Finos, cit.] • Il 2017 è un anno clou per del Toro: il film fantasy La forma dell’acqua – The Shape of Water vince il Leone d’oro alla 74esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia: la giuria guidata da Annette Bening si fa trascinare dal fascino della storia dell’amore tra una cameriera muta e solitaria (Sally Hawking) e una misteriosa creatura marina (Doug Jones) oggetto delle mire di americani e sovietici nell’America della Guerra fredda. Un amore che sfida ogni limite, presentato dal regista in chiave anti Trump come «un antidoto alla politica della paura, della divisione, della disumanizzazione dei rapporti» • «È tornato al Lido dagli Usa, in tempo per presentarsi commosso sul palco della Sala Grande. “Ho 52 anni, peso 130 chili, ho fatto 10 film, arriva il momento in cui capisci che devi rischiare tutto. Si può fare, se resti puro e credi in ciò che fai». Dedica il premio ai giovani registi latinoamericani e messicani» [Olivi, Cds] • Sul successo del film però si allunga un’ombra: «Ma a zavorrare i voti c’è una denuncia pesante e circostanziata in 22 pagine d’esposto dove sono elencate 60 somiglianze: “Hanno copiato senza vergogna la storia, gli elementi e i personaggi”, è la sintesi dei legali di David Zindel, figlio del celebre drammaturgo Paul, premio Pulitzer e autore della commedia plagiata Let me hear your Whisper, uscita nel 1969. Addirittura, secondo l’accusa di Zindel, sarebbero state utilizzate le stesse parole» [Cohen, Fatto] • Le polemiche si dissolvono di fronte al trionfo agli Oscar: La forma dell’acqua si aggiudica quattro statuette, su tredici candidature ricevute, vincendo il premio per il miglior film, il miglior regista, la migliore scenografia e la migliore colonna sonora • E del Toro commenta: «Sono un immigrato come Salma (Hayek, ndr) e tanti altri qui. E negli ultimi 25 anni ho vissuto in un Paese tutto nostro. E la cosa più grande che fa l’arte, anche la nostra industria, è cancellare i confini, le linee nella sabbia, quando il resto del mondo vorrebbe renderle più profonde. Dovremo continuare a sentirci così, invece di costruire muri» • Ormai californiano d’adozione, il regista paga anche un prezzo per la sua prestigiosa posizione, anche residenziale: nel novembre 2018, assieme ad altri divi come Cher, è tra i tantissimi evacuati dalle loro abitazioni situate nella zona a nord di Los Angeles, non solo l’elitaria zona di Malibù, ma anche la cittadina di Paradise e i quartieri limitrofi, devastati da quello che è stato definito il Camp Fire più disastroso della storia della California • Non solo la casa, anche la sua vita sentimentale è scossa dai cambiamenti: nel 2017 il suo matrimonio finisce dopo 31 anni e nel 2021, dopo anni da single, il regista convola a nozze con la storica del cinema Kim Morgan • Nel ’22 torna a parlare dei suoi modelli artistici e lo fa con un’intervista a El Pais: «Il film La Strada di Fellini si poteva svolgere nel mio Messico. Il luna park itinerante con i suoi giostrai e creature deformi nei campi fangosi era l’unico intrattenimento per le masse. Sono rimasto però più influenzato da Ossessione di Visconti e da Il grido di Antonioni, perché il mio film ha più a che fare con un realismo crudo. Fellini però è uno dei miei registi preferiti, uno dei tre più grandi al mondo insieme con Buñuel e Hitchcock, ha influenzato il mio modo di avvicinarmi al cinema, ma in questo film non c’entra così tanto» • Un nuovo successo professionale lo attende, ed è legato proprio a Pinocchio. Ai premi Oscar 2023 si aggiudica la statuetta per il miglior film d’animazione con la pellicola ispirata al celeberrimo burattino. Con Pinocchio, diventerà l’unico artista nella storia ad avere ottenuto le statuette per le tre differenti categorie: miglior film, miglior regista e miglior film d’animazione • «Nessuna forma d’arte ha influenzato la mia vita e il mio lavoro quanto l’animazione, e nessun personaggio ha avuto un legame profondo con me quanto Pinocchio» • «Fu il Ventennio che per primo arruolò Pinocchio, facendolo diventare protagonista di alcuni racconti. Ora, invece, a distanza di quasi un secolo da quelle lontane apparizioni, riecco ancora il burattino di Collodi alle prese con il fascismo e, addirittura, il Duce. L’idea è quella di Guillermo del Toro che in Pinocchio, in alcune sale cinematografiche selezionate e su Netflix, lo erge a paladino dell’antifascismo. Senza mezze misure e con una scena, in particolare, molto significativa. Quella in cui appare Benito Mussolini che vuol vedere dal vivo questo miracoloso burattino che si muove senza fili. Già lo sbertucciano quando viene preso in braccio, per farlo scendere dall’auto, ironizzando così sulla statura del Duce, ma poi, ecco che Pinocchio, mentre tutti alzano il braccio destro col classico saluto fascista, gli dedica, durante lo spettacolo, una canzone scatologica come Big Baby Il Duce March. Con tanto di vendetta di Mussolini. Guillermo del Toro ha voluto spiegare la sua scelta: “Per me era fondamentale mostrare un mondo in cui ognuno si comporta come un burattino e ubbidisce, mentre il vero burattino è l’unico a disubbidire”. Interessante, da questo punto di vista, è la figura, inedita, del parroco del paesino, un cattolico che si allea con il podestà fascista» [Acerbi, Giornale] • Guillermo del Toro ha dedicato la statua per Pinocchio alla madre da poco scomparsa • La coerenza politica di del Toro si è misurata di recente con la rivoluzione tecnologica in corso: «Ci sono musicisti, attori e registi, da Paul McCartney a Cate Blanchett e Guillermo Del Toro, che in un’accorata lettera alla Casa Bianca affermano: “Crediamo fermamente che la leadership globale dell’America nell’AI non debba avvenire a spese delle nostre essenziali industrie creative”» [Siri, Sta] • Di recente Guillermo del Toro si è dedicato a un classico dei classici, Frankenstein, con un film omonimo uscito nel luglio del 2025. E il mostro, come sempre nella filmografia del regista messicano, non è poi così mostruoso • In aggiunta alla sua attività da regista, del Toro è un produttore cinematografico, avendo prodotto film come The Orphanage (2007), Con gli occhi dell’assassino (2010), Biutiful (2010), Kung Fu Panda 2 (2011), Il gatto con gli stivali (2011), La madre (2013) e molti altri negli anni successivi. Nel 2008, del Toro annunciò per la prima volta un film d’animazione a passo uno basato su Le avventure di Pinocchio, in una versione più cupa e ambientata durante il Fascismo, che però fino al 2022 è rimasta sulla carta per problemi di produzione ripetutisi per anni • Del Toro ha avuto più volte contatti con il mondo videoludico. Al Vga, Video Graphics Array 2010 annunciò inSane, un videogioco horror da lui diretto. Il titolo, sviluppato da Volition, prodotto da Thq e con data di pubblicazione fissata al 2013, fu concepito come primo capitolo di una trilogia. Tuttavia, il gioco venne cancellato nell’agosto del 2012 da Thqq, che restituì i diritti sulla proprietà intellettuale al regista • Al Gamescom 2014 viene annunciata la collaborazione tra Guillermo Del Toro e Hideo Kojima per lo sviluppo di Silent Hills, nuovo capitolo della nota serie videoludica ma il 26 aprile 2015 lo stesso Del Toro dichiara che il gioco verrà cancellato. Del Toro è comunque apparso nel successivo videogioco di Hideo Kojima, Death Stranding, in veste di attore • Nel giugno 2009, debuttò come scrittore, pubblicando il romanzo La progenie (The Strain), insieme a Chuck Hogan, per poi proseguire questa attività nel corso del tempo, fino a pubblicare in tutto sette romanzi. Concepì The Strain nel 2006 come serie televisiva, ma lo sviluppo si fermò quando il presidente della Fox gli chiese di trasformare la serie in una commedia, cosa che il regista messicano non voleva assolutamente fare • Un agente della rete televisiva suggerì allora a Del Toro di sviluppare la sua idea in una serie di libri; del Toro chiese allora a Chuck Hogan di aiutarlo a scrivere i libri. Hogan acconsentì dopo aver letto solo una pagina e mezzo del soggetto di dodici pagine scritto da del Toro. Dopo l’uscita del primo libro gli studi e le reti televisive cominciarono a fare offerte per ottenere i diritti cinematografici e televisivi, ma del Toro e Hogan declinarono tutte le proposte. Dopo la pubblicazione del terzo libro, gli autori avviarono delle trattative con tutti i canali via cavo che avevano espresso interesse. Nel novembre 2013 FX confermò lo sviluppo della serie televisiva The Strain, che debuttò nel luglio 2014 per la regia dello stesso del Toro. La serie si è conclusa nel 2017.
Titoli di coda Il cinema è tutta la sua vita? «C’è una parte di me che sogna di ritirarsi e di poter finalmente leggere i duemila libri che ho comprato. Mio padre, quando ero piccolo, vinse una lotteria e con la vincita comprò una biblioteca piena di enciclopedie. Mi ha trasmesso lui la passione per la lettura».