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 2025  ottobre 25 Sabato calendario

Biografia di Cristian Chivu

Cristian Chivu, nato a Reșița (Romania) il 26 ottobre 1980 (45 anni). Ex calciatore, di ruolo difensore (squadre: CSM Reșița, U Craiova, Ajax, Roma, Inter). Dal 2018 allenatore (giovanili dell’Inter, Parma, Inter).
Titoli di testa «Il calcio è questo: si passa da un’emozione all’altra come il tempo, dal sole alla pioggia. Da pensare a “che figura di merda che stiamo facendo”, perché eri sotto 3-0, a gioire (…) Questo è il bello del calcio. Bisogna sempre crederci, dare tutto e uscire a testa alta, con il coraggio di guardare negli occhi i tuoi compagni e il tuo allenatore» [Giada Giacalone, Sportitalia.it].
Vita Mariana Chivu, madre di Cristian: «Avevamo Diana da un anno e volevamo un maschio. Mio marito, Mircea, era felicissimo quando è nato Cristi» [adevarul.ro] • «Il mio modello di giocatore è sempre stato uno solo: mio padre. Ha giocato poi è diventato allenatore di una piccola squadra romena» [Parma Today] • La prima squadra in cui esordisce Cristian, giovanissimo, è quella della sorella Diana: il campo da gioco è un lenzuolo steso sul pavimento del loro appartamento e il quattrenne romeno gioca da portiere. «Mio padre era allenatore del CSM Reşiţa e sentivo le discussioni in casa su questo argomento, credo, perché all’età di tre anni, da quello che mi raccontava mia madre, le annunciai seriamente che volevo diventare un calciatore» [adevarul.ro] • «Ho avuto una famiglia molto esigente con me, ma allo stesso tempo mi ha dato la libertà di fare cose stupide e di comprendere le conseguenze di un errore. Sono stato anche punito molte volte (…) ma non hanno mai dimenticato di incoraggiarmi, amarmi e darmi fiducia» [Catalin Tepelin, golazo.ro] • «Ero un bambino con carta bianca fin da quando sono entrato in prima elementare, libero di fare qualsiasi cosa (…) mentre i miei genitori erano al lavoro. (…) Tirare sassi alla finestra del bagno dell’insegnante d’arte (...) strappare il telone dall’auto di un tizio che mi aveva fatto arrabbiare e graffiargliela (...) spaccare la testa a un bambino, spaccarmi la testa cadendo dalla sua bicicletta. (…) Occupazioni serie che ho praticato finché non ho deciso che era ora di iniziare la mia carriera calcistica» [adevarul.ro] • Per il suo fisico minuto viene scelto dagli amici per entrare, rotta una finestra, nella sede locale del Partito Comunista, che mette a soqquadro. Fortunatamente per lui, nei giorni successivi scoppia la rivoluzione che abbatte il regime di Ceaușescu, salvandolo dal carcere minorile [adevarul.ro] • In ogni caso, a casa pretendono ottimi voti, e Chivu si distingue anche in questo [a Cristian Gheorghe] • «In quinta elementare, mio padre annunciò a mia madre che sarei diventato un grande calciatore. Finii a giocare nel club di cui mio padre era allenatore, in un’atmosfera che consideravo leggermente ostile e che ho capito solo in seguito. Mio padre non ha mai voluto che fossi notato in squadra perché ero il figlio di Chivu. Lo giudicavo, in qualche modo lo accusavo in quel momento, in cuor mio, perché mi trattava in modo diverso, era più freddo con me che con gli altri giocatori. Pretendeva molto e io facevo del mio meglio per dimostrargli che ero bravo» [cristianchivu.com] • «Se mio padre non mi avesse rimandato a casa in tram, mentre lui partiva in macchina, penso che sarei rimasto un eterno ragazzo con del potenziale» [ibid.] • Il fatto che fossi il figlio di Mircea Chivu ti ha aiutato o ti ha confuso? «(…) Mi ha fatto capire che una cosa importante è guadagnarsi il rispetto di chi lavora con te, dei tuoi colleghi. (…) Il loro rispetto è più importante di qualsiasi cosa al mondo, di qualsiasi voto ti dia un giornalista, di qualsiasi pensiero o giudizio che un allenatore abbia su di te, o dei tifosi che ti incitano o ti fischiano» [Tepelin, cit.] • A 16 anni esordisce in seconda divisione, e a 17 in prima • «Fino a 16 anni ho giocato praticamente in tutti i ruoli di una squadra di calcio. Ho iniziato come attaccante, sono passato ad ala, ho giocato come numero 10, ho giocato come numero 6. (…) Poi nella mia squadra ci fu un problema con un terzino sinistro che era infortunato e l’unico giocatore mancino che poteva sostituirlo ero io». E? «L’allenatore mi chiese se pensavo di poter giocare terzino sinistro e io, per ridere, risposi che potevo giocare ovunque. E da allora sono rimasto terzino sinistro» [ibid.] • Com’è stato per un diciassettenne affrontare avversari più grandi e più esperti a quel livello? «Ho imparato cosa significa competizione. (…) Devi dimostrare ogni giorno di meritare il tuo posto, devi dimostrare perché giochi tu invece degli altri. È stata una sana competizione da cui ho imparato che per mantenere il mio posto devo avere buone prestazioni, essere costante in tutto ciò che faccio» [ibid.] • L’anno dopo suo padre muore: «Per me, tutto si riduce a una cosa: la promessa che ho fatto a mio padre sul letto di morte, prima che esalasse l’ultimo respiro. Questo ha a che fare con tutto ciò che ho fatto da allora nella mia vita (…) gli avevo promesso che qualunque cosa avessi fatto, mi sarei preso cura di mia madre, sarei stato responsabile, il capo della famiglia. Tutto quello che ho fatto dopo quella notte è legato a quella promessa [ibid.] • Nel 1998 Chivu approda al Craiova, squadra scelta in quanto l’unica disposta a versare una cifra decente al Reşiţa per il suo cartellino, anziché saldare solo le spese del trasferimento. Per farlo, si taglia lo stipendio. [ibid.] • Anche nella nuova squadra dà ottima prova di sé, attirando dopo un biennio l’attenzione dell’Ajax: gli offrono tre milioni di dollari. «Andarci è stato un passo importante nella vita, nella mia carriera, ma allo stesso tempo ho avuto l’opportunità di mantenere la Promessa». [ibid.] • Determinato a giocare ai massimi livelli e cosciente della necessità di pazientare, faticare e adattarsi, lascia la famiglia. Ha 19 anni • Inizi difficili: «I primi mesi furono un incubo: giocava, sbagliava, si rialzava, sbagliava ancora, collezionava rossi. Ai tifosi non piaceva, lui non parlava con nessuno, così ci pensammo noi. Gli trovammo con la squadra una casa vicino Amsterdam per stare sereno. Lì iniziò la sua nuova vita». [Francesco Pietrella, La Gazzetta Dello Sport] • Grazie a un continuo impegno, alla sua intelligenza e alla disponibilità ad affinare i fondamentali della tecnica individuale, in cui era meno brillante dei compagni, ottiene in breve tempo un ruolo di primo piano. L’allenatore, Erwin Koeman, nota anche la sua capacità di fare gruppo e di comunicare anche con i giocatori veterani per recepirne gli insegnamenti: per questo motivo, ad appena 21 anni, lo nomina capitano e gli affida l’incarico di essere il suo braccio destro in campo [Tepelin, cit.] • Nelle quattro stagioni all’Ajax vince: 1 campionato olandese, 1 Coppa dei Paesi Bassi, 1 Supercoppa dei Paesi Bassi. Ottiene anche la desideratissima convocazione in nazionale, per la quale aveva mantenuto uno stile di vita altrettanto morigerato, evitando ogni possibile tentazione [Ibid.] • Nel 2003 arriva una telefonata dall’allenatore della Roma Capello, che lo vuole con sé. La prospettiva di lavorare con lui e di poter giocare in Italia, la fabbrica dei migliori difensori del mondo e dei suoi idoli (come Cannavarro, Benarrivo, Maldini, Nesta) è irresistibile: un traguardo a lungo sognato [a Dan Capatos, Superbet Romania] • La trattativa con la famiglia Sensi è molto difficile: la somma che la Roma dovrà pagare all’Ajax è pari a 18 milioni di euro, il trasferimento di un difensore più costoso di sempre. Nonostante l’affare rischi più volte di non andare in porto, e che Chivu debba rimanere in Olanda, tutto si risolve per il meglio • A Roma una grandissima differenza con la libertà di iniziativa personale che aveva in Olanda: «fare il “braccetto” mi piaceva, ma mi vedevo un po’ più centrale, ecco. (...) La superiorità all’epoca quasi non esisteva, una volta che il “braccetto” superava la linea di centrocampo l’allenatore già gridava di fermarsi» [Radio Tv Serie A] • Poi c’è l’ambiente romano: «Ho percepito subito che c’era tanta pressione. Diciamo che sono stato fortunato, perché nelle prime due partite ho segnato su punizione. Non ho avvertito una grande difficoltà perché sono diventato subito un idolo. (…) Ho sempre detto: “una volta che hai giocato nella Roma, ovunque andrai, sei sereno” perché la pressione trasmessa dalle radio dei tifosi è a volte troppa. (…) Però quando le cose vanno bene stai da Dio» [Ibid.] • «Capii che Italia è dura, perché tutte le squadre avevano giocatori importanti, di qualità (…) ogni squadra ti metteva in difficoltà. A livello di attenzione sicuramente sono migliorato perché ho capito che qui le antenne andavano tenute dritte» [ibid.] • Nel primo anno il duo difensivo composto da lui e Walter Samuel si dimostra efficacissimo: la Roma avrà la difesa meno battuta del torneo, chiudendo il campionato al secondo posto dietro al Milan [Gianluca Moresco, Rep] • Le stagioni seguenti sono più avare di successi: Chivu si infortuna spesso, finendo per essere soprannominato “Swarovski”: «Un soprannome che non mi caratterizza. (…) Spesso arrivavo all’Olimpico in stampelle e poi giocavo. Non sono un eroe, sono semplicemente un professionista serio che non si tira mai indietro quando c’è la minima possibilità di dare una mano» • Il rapporto con la tifoseria si guasta alla fine del 2005 quando, durante un’intervista, sottolinea che gli piacerebbe lavorare nuovamente con il partente Capello se ne avesse avuto la possibilità. I quotidiani sportivi titolano: «Chivu alla Juventus» e i tifosi romaneschi reagiscono con una tale ostilità da costringerlo a consultare uno psicologo per sopportare lo stress e l’ansia [Guendalina Galli, Gazzetta] • L’esperienza romana prosegue per un altro anno e mezzo, aggiungendo al palmares di Chivu una Coppa Italia. Nel corso del 2007 percepisce disinteresse da parte della dirigenza nel rinnovo del suo contratto: non è più desiderato. Accetta la situazione, ma esige di poter scegliere la sua destinazione successiva [Tepelin, cit.] • In estate comincia acceso braccio di ferro con la dirigenza, che vorrebbe cederlo al Real Madrid o al Barcellona, per tenere tranquilla la tifoseria, e Chivu, che vuole andare all’Inter: la squadra che a parer suo gli avrebbe dato le maggiori garanzie di vincere lo scudetto. All’acme del duello, Chivu viene insultato sistematicamente e deve girare per Roma con la scorta [Dan Capatos, cit.] • Alla fine, dietro il pagamento di 16 milioni di euro, Chivu viene acquistato dall’Inter, dove resterà per i sette anni successivi. Annate che lo portano a vincere 3 Scudetti, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Champions League, 1 Coppa del mondo per club; negli schemi degli allenatori Mancini e Mourinho gioca un ruolo chiave, e viene impiegato con grande frequenza • Il 6 gennaio del 2010, nel corso di un contrasto aereo con il giocatore del Chievo Pelissier, subisce una gravissima frattura cranica che lo porta a un passo dalla morte: «Non il rumore che fa una testa che si spacca: quello non l’ho sentito. La sensazione di paura sì, immediata: io l’ho capito subito cosa mi era successo, perché mi sentivo un buco in testa. (…) Se le avessero chiesto, prima del 6 gennaio: di cosa ha paura nella vita? «Avrei risposto: che succeda qualcosa a mia figlia. Il 6 gennaio ho avuto paura di non poter avere più paura per mia figlia». Si chiama paura di morire? «Non so se si chiama così, ma so che se ti aprono la testa pensi anche che potresti non svegliarti». [Andrea Elefante, Gazzetta] • La delicatissima operazione (rimuovere i frammenti del cranio penetrati nel cervello) ha successo: «sono vivo per pochi millimetri» [Dan Capatos, cit.] • «Ho visto la morte con i miei occhi. (...) Inizi a capire quali sono le priorità nella vita e per cosa vale la pena lottare e per cosa non vale la pena lottare. Un’opportunità perché ho scoperto un altro lato dell’uomo, che è più importante di ogni altra cosa, del padre e del marito... Queste sono cose che mi hanno cambiato. Per me, la mia vita è così: prima della morte di mio padre, dopo la morte di mio padre e dopo il trauma cranico. Ci sono tre vite» [Tepelin, cit.] • Meno di tre mesi dopo, anche grazie all’intensa opera di motivazione di Mourinho, è di nuovo in campo. Indosserà un caschetto per tutte le rimanenti partite della sua carriera • Sulla stagione 2009-2010, quella del Triplete: «Credo che sia stato un contesto speciale in cui le persone giuste, al posto giusto e al momento giusto, hanno fatto sì che tutto accadesse. Non è solo il merito di qualcuno, è il merito di tutta la squadra, dal presidente alla cameriera che aiuta nello spogliatoio. È così difficile vincere il triplete in una stagione che non dipende solo da una persona. (…) Anche la fortuna entra in gioco spesso...» [ibid.] • Nell’estate del 2012 subisce un infortunio al secondo dito del piede destro: operato, torna a giocare. Purtroppo il dolore si ripresenterà più volte: «Era chiaro per me che non avrei potuto continuare. Dal punto di vista medico l’intervento che ho subito, che alla fine sono diventati quattro, è stato realizzato solo per vivere e per camminare normalmente, perché io in quel momento non riuscivo più a camminare dal dolore» [Radio Tv Serie A] • Il 31 marzo 2014 si ritira dal calcio giocato • «Dopo aver lasciato, ho trascorso un po’ di tempo con la mia famiglia, impegnandomi in alcuni progetti di basso profilo, poi ho avuto l’opportunità di andare alla Uefa come osservatore. È stata una grande responsabilità, perché stavo imparando per la prima volta ad analizzare una partita da un punto di vista tattico, cercando di seguire le nuove tendenze. Ho avuto l’opportunità di incontrare allenatori di fama con cui mi sono seduto al tavolo e ho discusso di molte cose che in qualche modo hanno acceso in me un po’ di passione» [Catalin Tepelin, cit.] • «Però ero l’unico “ex” che non aveva un patentino, quindi vado a Coverciano a farlo. Dall’Inter negli anni a partire dal mio ritiro mi continuavano a chiedere se mi sarebbe piaciuto andare a lavorare un po’ nel settore giovanile. Una volta preso il patentino ho accettato anche quella sfida e ho cominciato con l’Under 14 perché mi pareva giusto partire dal basso e vedere se la cosa mi piaceva e mi appassionava» [Radio Tv Serie A] • Ma che allenatore è Cristian Kivu? Come ti definiresti? «Ah direi che sono un dittatore democratico (…) Mi piace essere rigido sulle regole ma poi mi piace anche essere un po’ più abile nel capire determinate situazioni dove la corda la devi mollare (…) mi piace imparare, uscire anche dalla mia zona comfort perché non ho non ho mai avuto paura di farlo. Non mi affido solo a quello che so, perché se no non migliorerei mai e mi piace a volte anche prendere qualche rischio in più, creare un po’ di caos che però deve essere sempre un po’ ordinato e coerente nel seguire il lavoro e la metodologia in cui credi» [Radio Tv Serie A] • «Ho imparato dalla vita e dalle esperienze che ho avuto come giocatore, ma anche ora, come allenatore, che prima di chiedere, devo dare. Finché ti offro qualcosa, mi permetto di posizionarmi in modo tale da pretendere l’eccellenza da te» [Tepelin, cit.] • «Voglio creare un gruppo con una mentalità vincente, e (…) per farlo servono persone che abbiano una certa sensibilità per la persona che gli sta accanto, (…) che la capiscano. Il gruppo dà qualità collettiva, ma allo stesso tempo ti fa crescere anche come individuo. (…) C’è una crescita individuale dal punto di vista emotivo, dal punto di vista della mentalità, perché devo eccellere in qualcosa per ispirare le persone» [ibid.] • «L’empatia è importante in questo lavoro, il tempo che si deve dedicare individualmente ai giocatori deve essere piuttosto ampio» [ibid.] • Dopo una trafila positiva con tutte le squadre delle categorie giovanili dell’Inter, dall’Under 14 alla Primavera, nel febbraio del 2025 viene chiamato dal Parma in serie A per salvare la squadra dalla retrocessione. Ci riesce, e sette mesi dopo viene chiamato a sostituire Simone Inzaghi sulla panchina dell’Inter: ha un contratto fino al 2027.
Curiosità Fumatore incorreggibile [adevarul.ro] • Quanto ti senti ancora rumeno? Quanto ti interessa ancora quello che succede nel Paese? «Leggo i giornali rumeni. Non leggo la Gazzetta dello Sport. A casa mia, a parte i programmi sportivi quando ci sono le partite, la TV non è mai accesa su un canale italiano. È sempre sui canali rumeni» [Tepelin, cit.].
Amori Nell’estate del 2001, durante un servizio fotografico per la rivista Viva, conosce la presentatrice televisiva Andreea Raicu. Lei rimane colpita dalla sua cortesia e gentilezza, ma ha già un compagno. A Natale Chivu le telefona dall’Olanda per farle gli auguri e i due rimangono in costante contatto telefonico. Un anno dopo si reincontrano dal vivo e cominciano una relazione [Simona Catrina e Alice Nastase, revistatango.ro] • Dura circa un anno, poi subentra un’incompatibilità esacerbata dalla distanza (lei non si trasferisce) e dalla sua possessività [Livia Lixandru, libertatea.ro] • Nell’estate del 2004 si fidanza con la stilista romena Maria Marinescu: «Mi piaceva molto Cristi Chivu, ma ammiravo soprattutto la sua determinazione nel riuscire, cosa che i ragazzi con soldi facili non hanno». La relazione finisce molto presto, alla fine dello stesso anno: «Lui voleva dei figli. A un certo punto, si è presentata l’occasione per farlo e io non l’ho voluto. (…) Lui voleva che ci sposassimo, ma io non potevo, così ho detto di no» [a Denise Rifai, 40 de intrebari] • Nell’estate del 2007, a un concerto degli Holograf conosce tramite un amico comune la giornalista televisiva Adelina Elisei. Nonostante un corteggiamento serrato, lei non cede: «Ci è voluto molto tempo prima che accettassi di vederci, circa sei mesi (…) Non mi piaceva l’idea di essere solo un nome su una lista. Non ero diventata una conduttrice con l’aiuto di nessuno». Finalmente accetta di incontrarlo in un ristorante per porre fine alla situazione, ma «lui aveva una tale gentilezza negli occhi… Come non ne avevo mai vista in nessun altro» [a Mihai Morar, Fain & Simplu] • Un anno dopo si sposano • «La devo ringraziare per tutto quello che ha fatto per me, perché ha smesso con il suo lavoro ed è venuta a Milano con me, siamo cresciuti insieme, abbiamo due bambine meravigliose: è stata lei il sostegno di questa famiglia, lei a tenerci uniti. Continuo a ringraziarla perché è stata la cosa più importante che mi è accaduta nella vita» [Radio Tv Serie A] • Nel 2009 nasce la loro prima figlia, Natalia, e nell’anno successivo arriva la seconda, Anastasia.
Titoli di coda «Quello che mi preoccupa oggi è l’oggi» [Radio Tv Serie A].