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 2025  dicembre 11 Giovedì calendario

Nba, metti mezzo miliardo di dollari in panchina

Se è ancora vero che l’America ci dice in anticipo dove stiamo andando, allora basta guardare la Nba per capire cosa ci aspetta. Un modello sportivo che si sta consumando sotto il suo stesso ritmo, un campionato che corre più veloce dei corpi che contiene. Ci sono momenti in cui la lega più celebrata del basket sembra un laboratorio che ha perso il controllo dei suoi esperimenti. Nel 2015-16 le squadre giocavano 95,8 possessi a partita; oggi siamo stabilmente sopra i 100, il ritmo più alto dal 1988. I tiri da tre sono passati da 14,9 a partita nel 2003 agli oltre 37 di media attuali. Significa che si corre di più, si cambia lato più in fretta, si coprono più metri. È fisica elementare. Più velocità uguale più stress, uguale più cedimenti.

E infatti i corpi cedono. Dieci anni fa le trenta superstar più pagate della lega saltavano il 14% delle gare. Oggi mancano a più del 35%. Nel solo avvio di questa stagione, tra i 45 giocatori che negli ultimi tre anni sono stati All-Star o All-Nba, 20 erano fuori per infortunio. Se lo studio si restringe ai meglio pagati, il conto è ancora più brutale: su 1,49 miliardi di dollari complessivi, più di 525 milioni rischiano di essere stipendi pagati a vuoto, per restare seduti in panchina a guardare partite non giocate.
È la versione moderna del paradosso della ricchezza: più la Nba guadagna – 76 miliardi di dollari dal nuovo contratto mediatico – meno sembra potersi permettere la salute dei suoi protagonisti. Il gioco si è spostato su un piano che i corpi non hanno imparato ad abitare. Steve Kerr lo ha detto senza metafore: «Abbiamo tutti i dati. I giocatori corrono di più e più lontano che mai». Così abbondano muscoli affaticati nel migliore dei casi, tendini d’Achille che saltano nel peggiore (sette casi nella stagione scorsa).
Il basket non è certo solo. Tutti gli sport osservano lo stesso ingorgo e rispondono allo stesso modo. Il calcio discute di sovraccarichi e crea nuovi tornei. Il tennis parla di burnout, ma le sue stelle infilano esibizioni a sei cifre nei pochi giorni liberi. Tutti sanno che si gioca troppo, nessuno riduce il calendario. L’unica proposta sensata in Nba – scendere da 82 a 72 partite – non passa mai: significherebbe toccare il Basketball Related Income, i ricavi complessivi che giocatori e proprietari si dividono. Nessuna delle parti è pronta a perdere un dollaro. Così si va avanti senza cambiare: i corpi chiedono una pausa, le leghe chiedono un’accelerazione. Una corsa a cento all’ora in un vicolo stretto. Con la sensazione netta che nel tentativo di rendere il gioco più grande, il gioco abbia cominciato a consumare chi lo rende possibile. Cruyff diceva di non aver mai visto un mucchio di soldi segnare un gol. Figuriamoci se sta seduto in panchina.