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 2025  dicembre 11 Giovedì calendario

Il Natale delle polemiche, dall’albero alle canzoni per bambini: ormai si litiga su tutto

Ma a Natale non dovevamo essere tutti più buoni? Mancano poche settimane a vigilia e cenoni ma in Italia, a giudicare da scontri, polemiche e scandali dalle metropoli fino ai paesini, lo spirito natalizio quest’anno appare decisamente in ritardo.
Sembra, al contrario, aver lasciato il posto a litigi e contrasti su ogni aspetto che riguarda il Natale: ci si azzuffa su alberi troppo brutti o che non vanno bene, si discute su presepi poco “conformi” alle tradizioni, si litiga persino sul nome di Gesù nei testi o sulle canzoni di Natale per bambini.
In un asilo di Carate Brianza per esempio le maestre volevano proporre un canto natalizio dei bambini – da intonare per gli ospiti di una Rsa – che fosse non religioso in modo da coinvolgere tutti i piccoli indipendentemente dall’origine o il credo delle famiglie. Apriti cielo: tra social, genitori e politici è partita una polemica dalla lunga coda che ha prontamente visto intervenire persino europarlamentari, come la leghista Silvia Sardone, che lo ha descritto come “un tentativo di cancellare le nostre radici cristiane”. Alla fine il sindaco di Carate, provando a smorzare, ha definito la discussione di “basso livello” e ha chiesto a tutti di smettere di strumentalizzare le canzoni di Natale.
Se in Lombardia è stato il concetto di proporre testi “multiculturali” a innescare un polverone, in Emilia-Romagna il motivo del contendere è direttamente la parola Gesù. La scuola San Giovanni Bosco di Reggio Emilia ha infatti modificato il “Din Don Dan”, la versione nostrana di Jingle Bell, con il simile scopo di offrire sia testi adattati alle religioni di tutti gli alunni sia per mandare, in tempi di guerra, un messaggio di pace.
Di fatto, la parola Gesù, è stata omessa in un paio di strofe diventate anziché “aspettando quei doni che regala il buon Gesù” “aspettano la pace e la chiedono di più” e poi “oggi è nato il buon Gesù” è stato trasformato in “oggi è festa ancor di più”.
La Lega però insorge: “Una scelta sbagliata, ideologica e profondamente diseducativa” ha attaccato Alessandro Rinaldi, capogruppo del Carroccio in consiglio comunale a Reggio Emilia, sostenendo che “censurare Gesù dalle canzoni di Natale nelle scuole sia una deriva inaccettabile”.
Stessi identici episodi anche a Castel Goffredo o a Magliano in Toscana dove la strofa è diventata “i bimbi di quaggiù aspettando qui doni che regala il buon Natale”.
Storie che si ripetono, proprio come quella delle luminarie che, anziché usare semplicemente la scritta “Natale”, preferiscono l’abbreviazione “XMas” per riassumere la parola inglese “Christmas”, evocando però secondo alcuni la Decima Mas di matrice fascista.
Lo scorso anno accadde a Rimini, questo Natale invece è avvenuto a Rutigliano in Puglia dove, dopo le polemiche che hanno coinvolto cittadini e partiti locali, le luminarie “XMas” sono state rimosse.
Del resto si sa, le lucine di Natale sono per eccellenza quelle che tendono a illuminare ogni tipo di controversia: si va da varie città dove opposizioni o cittadini se la prendono con le spese “esagerate” anziché usare i fondi per le criticità comunali, fino a banali interpretazioni su le installazioni. A Campobasso, un angelo in volo ricoperto di lucine, è stato criticato perché sembra mandare la “gente a quel Paese” oppure perché pare “inginocchiato sui ceci”.
Ma la palma di città dove lo spirito natalizio è davvero motivo di continue tensioni va a Genova: qui, in consiglio comunale, infuriano polemiche su tutto, dal presepe che la sindaca Salis non voleva fare a palazzo Tursi sino a chi debba sostenere i costi per albero (criticato perché di plastica) e luminarie.
Ovviamente, anche se si parla di presepe, ogni motivo è buono per un po’ di scandalo natalizio: ecco allora che a Senigallia la statua di San Giuseppe diventa motivo di curiosa polemica. La colpa? Troppo femminile secondo Lega e Fratelli d’Italia. Con il santo giudicato dai tratti “eccessivamente femminili” l’ex consigliera della Lega Lucia Pucci, chiedendo di rimuoverla, si è sbilanciata addirittura a parlare di “un’interpretazione blasfema di San Giuseppe”.
Il simbolo del Natale sul quale però siamo campioni di litigi è sempre l’albero. Si discute per ogni cosa: come è fatto, la provenienza, i materiali, persino la sicurezza.
Ad Alghero l’albero giudicato troppo spoglio e brutto da gruppi come i Riformatori Sardi ha già conquistato un soprannome che scavalca persino lo “Spelacchio” di Roma ai tempi di Virginia Raggi: l’abete sardo è stato ribattezzato “Sfigalbero”. Il motivo? “Troppo basso, piccolo, spoglio e ingabbiato”.
Ad Aprilia è invece polemica per un albero allestito sul parcheggio per disabili mentre a Barletta l’abete simbolico in piazza Aldo Moro, crollato per il forte vento, è oggetto di scontri sulla sicurezza con la capogruppo consiliare del Partito Democratico che si interroga sul perché non si sia giocato d’anticipo garantendo la solidità dell’installazione.
Non va meglio a Bolzano dove, quasi fosse tradizione, l’albero è ancora una volta divisivo fra chi chiede che non vengano tagliate piante e chi invece difende la scelta di aver portato un abete rosso di 25 metri arrivato dalla Val d’Ultimo. Per il Vescovo di Bolzano l’averlo tagliato “non è un atto irrispettoso, ma il frutto di una gestione forestale oculata, dove il prelievo è parte di una cura attiva che garantisce la salute del bosco”.
A Terni, invece, si va oltre: a far discutere non è tanto la rappresentazione di un albero rosso in piazza, ma delle scarpe rosse poste alla base dell’opera. Per l’associazione Terni Donne rischiano di generare confusione sul tema della lotta alla violenza alle donne, tanto che con un post sui social se la prendono con l’amministrazione: “Le scarpe sono rosse per il sangue, non per il Natale” ricordano.
Forse però l’estremo si è raggiunto nel comune di Vicchio in Toscana. Qui, denuncia lo stesso sindaco sui social, la scelta fatta per l’albero di Natale ha portato gli haters a sperare persino che i componenti dell’amministrazione vengano “bruciati vivi”.
Motivo di tanto odio è la decisione del sindaco in quota Pd Francesco Tagliaferri di issare sull’albero la bandiera della Palestina come simbolo, anche nei momenti di festa, per ricordare “la parte di mondo che soffre per l’occupazione e il genocidio in atto”, ma per il tema già così divisivo ha ricevuto comunque una lunga serie di insulti. Del resto, a quanto pare, a Natale siamo tutti più cattivi.