corriere.it, 11 dicembre 2025
Bergamo, ex prete denuncia di stalking il suo ex: «Mandò le pompe funebri di notte a casa dei miei genitori». Le scuse scritte dall’imputato consegnate al giudice
A mezzanotte ricevette una telefonata dai carabinieri. «Ero all’estero, a loro risultava che avessi chiamato io», racconta la parte civile, ex prete di 38 anni. Qualcuno aveva fatto arrivare le pompe funebri a casa dei suoi genitori, vivi. Il sospetto è che, invece, fosse stato il giovane con cui aveva avuto una breve relazione.
La fine di questo processo per stalking non si può ancora scrivere, ma è intuibile per alcuni nodi di fondo. Questa e altre telefonate anonime non sono state ricondotte con certezza all’imputato, così come le pizze e i mazzi di fiori recapitati a domicilio. Soprattutto, per configurare lo stalking è necessario che la paura sia concreta. In questo processo si aggiunge la perizia dello psichiatra Filippo Tancredi, che ha concluso per un vizio parziale di mente dell’imputato quarantenne ed escluso la pericolosità sociale (alla base delle misure di sicurezza, quando vengono disposte). L’imputato, in cura al Cps, già per due volte per reati dello stesso genere, era stato dichiarato incapace di intendere e volere, e sottoposto alla libertà vigilata, poi terminata. Lo difende l’avvocata Barbara Bruni, per la parte civile c’è il collega Fabio Ravelli. Davanti alla giudice Donatella Nava, se ne riparla il 14 gennaio.
L’imputato, che non se la sente di essere presente, ha presentato delle dichiarazioni scritte. Si scusa, spiegando di vivere un senso di solitudine legato all’omosessualità non accettata nel comune di provincia in cui abita. Per la data della prossima udienza, il 38enne valuterà se ritirare la querela. Intanto, mercoledì 10 dicembre, ha raccontato quello che ha vissuto e come l’ha vissuto, spiegando il motivo delle quattro querele presentate dal 7 dicembre 2023 al 5 marzo 2024: «Ho aspettato tre anni a denunciare», ha detto per far capire che c’ha pensato bene. I due si erano conosciuti nel 2020 su Facebook: «Mi contattò lui, per me era una relazione sentimentale». Ma finì velocemente, emersero le fragilità del quarantenne che gli chiese di rimanere amici e di aiutarlo a trovare lavoro. Ognuno dei due incontrò un nuovo compagno, sembrava finita lì. Invece, un giorno il nuovo fidanzato del 38enne trovò i tergicristalli dell’auto rotti e il sospetto ricadde sull’imputato.
Al di là dell’autore delle telefonate e delle scuse scritte, che sanno di ammissione, il tema centrale è: regge lo stalking o si tratta semmai di molestie? In aula, il 38 enne, che ha cambiato casa, era così intimorito da non voler dichiarare il suo nuovo indirizzo. Ha raccontato la sequela di episodi, dal 2021 al 2024, alcuni però fuori dal periodo del capo di imputazione. Cioè «600 chiamate anonime, le pizze non ordinate arrivate a casa 7-8 volte, i fiori 3-4 volte». In una telefonata, una delle poche attribuibili direttamente, l’imputato gli disse: «So chi sono i tuoi genitori e dove abiti». Si sarebbe presentato sul posto di lavoro. Non c’è certezza, invece, su chi avvisò i carabinieri che piombarono a casa del 38enne: qualcuno aveva annunciato loro che sarebbe andato a fargli del male.
La parte civile ha raccontato di seguire un percorso di psicoterapia, ha precisato dal 2012 rispondendo all’avvocata Bruni: «Ho iniziato per altri motivi, ma poi si sono aggiunti questi episodi». Aggressioni non ne ha subìte (nella querela si parla di mani al collo, ma forse per gioco), minacce nemmeno. Da un anno non succede più nulla, non si sono rivisti, ma sull’ipotesi di ritirare la querela ha chiesto alla giudice: «Vorrei tornare a una vita normale, come faccio a essere sicuro?».