Il Messaggero, 10 dicembre 2025
Borsellino, stop alla pista nera «Ucciso per i legami mafia-appalti»
Un filone d’inchiesta che stava particolarmente a cuore a Paolo Borsellino, quello sugli interessi della mafia nei grandi appalti, e la cui gestione potrebbe essere una delle concause delle stragi del 92. A ricostruire quegli anni è il procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca, nel corso della sua audizione davanti alla commissione parlamentare Antimafia, a Palazzo San Macuto, a Roma. Il magistrato ha detto che la sua procura ha in corso indagini «su tutte le principali ipotesi» e, al momento, le certezze riguardano il filone “Mafia e appalti”, sul quale inizialmente indagava Giovanni Falcone e che, dopo la strage di Capaci, era stato preso in mano da Borsellino, ma era stato in gran parte archiviato su decisione dell’allora procuratore capo Pietro Giammanco. De Luca ha detto senza mezzi termini: «Riteniamo che la gestione delle indagini presso la procura di Pietro Giammanco sia stata la concausa della strage Borsellino e anche di quella Falcone». Per quanto riguarda invece «la pista nera, legata al terrorista Stefano delle Chiaie», il magistrato ha detto che «vale zero tagliato, non c’è alcun riscontro».
Parlando del filone mafia-appalti, aperto dopo un’informativa del Ros consegnata alla procura di Palermo il 16 febbraio 1991, De Luca ha ricordato l’isolamento di Falcone e Borsellino e ha detto che l’ex magistrato Gioacchino Natoli, davanti al Csm, pochi giorni dopo la strage di Capaci, avrebbe mentito sui rapporti tra l’allora procuratore Pietro Giammanco e Borsellino: «Ha sostenuto di non avere informazioni». Secondo De Luca, invece, sapeva che «Borsellino era isolato e sovraesposto», non si fidava del suo superiore. Natoli è indagato a Caltanissetta per favoreggiamento aggravato insieme all’ex procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, proprio in relazione all’inchiesta Mafia e appalti. E ancora: «Non abbiamo prova di elementi corruttivi. Bisogna però verificare se i dottori Pignatone e Giammanco, all’epoca sostituto e procuratore capo, abbiano avuto comportamenti inopportuni, che possano avere indotto i mafiosi a pensare che la procura di Palermo avesse un vertice malleabile, con l’eccezione di Falcone e Borsellino, ritenuti incorruttibili e dunque possibile bersaglio». Giammanco, per esempio, «ostentava l’amicizia con l’onorevole Mario D’Aquisto, ritenuto vicino a Lima, era inoltre parente di un imprenditore di Bagheria poi condannato perché vicino al capomafia Bernardo Provenzano». Mentre per Pignatone non sarebbe stato opportuno «occuparsi delle indagini su Bonura, Piazza e Ferruzzi», visto che «negli anni 80 la sua famiglia fa un grossissimo acquisto in un immobile in via Turr venduto dalla Immobiliare Raffaello, cioè Bonura, Piazza e Buscemi. Si tratta di circa 26 appartamenti. In un’ambientale Bonura afferma che la signora Pignatone – madre di Giuseppe Pignatone, ndr – lo prendeva sottobraccio, notando una certa confidenza, che può derivare da una frequentazione non occasionale. Parlo di amicizia, non vorrei essere frainteso. Ma secondo noi costituisce un riscontro che tra i nuclei familiari c’era confidenza». Poi, il Procuratore ha parlato di un immobile comprato dalla moglie di Pignatone ad un prezzo considerato troppo basso: «Pignatone afferma che ha pagato 20 milioni in nero, al capo mandamento Salvatore Buscemi. Non è reato, siamo sotto soglia. Non stiamo parlando di responsabilità penale. Stiamo parlando di inopportunità».
Dopo le dichiarazioni di De Luca sono state molte le reazioni politiche. «La pista mafia-appalti ha sempre rappresentato un filone di eccezionale rilevanza. Confondere le acque con ipotesi di piste nere, prive di fondamento giudiziario, ha solo contribuito a distogliere l’attenzione da ipotesi investigative ben più solide», ha dichiarato il deputato di FdI e componente della commissione Sara Kelany. Per il presidente dei senatori di FI, Maurizio Gasparri, si tratta di «un’audizione storica». E ancora: «Grazie al procuratore di Caltanissetta che ha smontato l’ipotesi della pista nera e ha sottolineato come resti centrale la pista mafia e appalti», ha dichiarato Riccardo De Corato, capogruppo di FdI in commissione. Critici M5s e Pd. «È stata una requisitoria senza contraddittorio con gli indagati e i loro avvocati, svolta in una sede politico-parlamentare anziché nella fisiologica sede giudiziaria», hanno affermato il capogruppo M5s in commissione, Luigi Nave, e il deputato Michele Gubitosa. Mentre i membri Pd in Antimafia hanno sottolineato che «è stata un’audizione lunga, ma che non è ancora terminata. Appare inquietante il comunicato del gruppo di Fratelli d’Italia, che esprime una sorta di soddisfazione per una – arbitraria – interpretazione del ruolo delle piste nere anche nelle stragi del 92-93, quasi con – inspiegabile – senso di sollievo».