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 2025  dicembre 10 Mercoledì calendario

Mondo diseguale

Il mondo si arricchisce, ma lo fa in modo sempre più squilibrato. E ne deriva che «il 10% più ricco del pianeta detiene il 75% della ricchezza globale». Il World Inequality Report 2026 parte da questo dato, scelto dagli economisti del World Inequality Lab e da Thomas Piketty come simbolo di un decennio in cui la concentrazione patrimoniale ha raggiunto livelli paragonabili a quelli di inizio Novecento. La diagnosi è chiara: l’economia mondiale cresce, ma in modo diseguale. Gli autori avvertono che «senza una correzione politica robusta la frattura tra élite e maggioranza può trasformarsi in un elemento strutturale», con conseguenze economiche e democratiche profonde. Un richiamo che riguarda anche l’Italia, segnalata come uno dei Paesi europei con la maggiore concentrazione della ricchezza.
Se a livello globale l’economia continua a crescere, l’accumulazione della ricchezza continua a essere incentrata su pochi soggetti. Vale a dire, i ricchi aumentano i loro patrimoni, gli indigenti molto meno. Con la conseguenza che la distribuzione della ricchezza resta diseguale. Il rapporto pubblicato oggi documenta un divario che non si limita ai redditi correnti. La metà più povera del pianeta possiede il 2% del patrimonio complessivo, mentre l’1% più ricco supera il 22%. Negli ultimi vent’anni questi rapporti si sono stabilizzati, sostenuti da una combinazione di debole progressività fiscale, crescita dei grandi conglomerati globali e scarsa capacità degli Stati di riequilibrare i flussi di capitale. Le differenze territoriali restano marcate: l’Europa mostra le diseguaglianze più contenute, mentre Africa, Sud Asia e America Latina presentano concentrazioni tali da frenare lo sviluppo di capitale umano e infrastrutture strategiche.
Il capitolo dedicato alle opportunità mette in luce la radice profonda degli squilibri. La spesa pubblica pro capite per istruzione varia da meno di 200 euro l’anno nell’Africa subsahariana a oltre 7.400 in Europa. Un rapporto di 1 a 40 che, avvertono gli autori, supera ampiamente la distanza nel reddito e definisce traiettorie divergenti per milioni di bambini.
Dove l’investimento formativo è basso, la mobilità sociale si riduce e la ricchezza tende a concentrarsi in ristretti gruppi familiari, con un impatto diretto sulla possibilità dei Paesi più fragili di sviluppare un’economia dinamica.
Il rapporto lega la dinamica distributiva anche alla transizione climatica. Il 10% più ricco è responsabile del 77% delle emissioni generate dagli asset privati. Una quota che sposta il discorso dalle impronte individuali ai modelli di proprietà e controllo del capitale. Le infrastrutture più inquinanti sono spesso nelle mani degli attori che hanno anche la forza contrattuale per rallentare o indirizzare la decarbonizzazione. Da qui la proposta di una tassazione coordinata sui grandi patrimoni, con aliquote progressive su base globale, destinata a finanziare welfare, istruzione e investimenti climatici.
Nelle economie avanzate gli autori osservano «una crescente polarizzazione territoriale, con aree dinamiche che si distaccano dal resto del Paese e un elettorato sempre più diviso». L’Italia rientra in pieno in questa traiettoria: un’economia a diseguaglianza reddituale moderata, ma con forte concentrazione della ricchezza, mobilità ridotta e partecipazione femminile al lavoro decisamente inferiore alla media europea. Nel rapporto si sottolinea che senza un ampliamento della base occupazionale e un miglioramento delle opportunità formative, il Paese rischia di rafforzare la sua struttura duale.
I dati italiani confermano un quadro non drammatico ma stagnante. Il top 10% controlla il 56% della ricchezza nazionale; l’1% supera il 22%. La metà più povera non oltrepassa il 2,5%. Nel reddito la distanza è meno ampia, ma comunque rilevante: il 10% superiore raccoglie il 32% del totale, contro il 21% del 50% più basso. Resta debole la mobilità intergenerazionale e resta bassa la partecipazione femminile, ferma al 36,6%, con effetti diretti sul reddito delle famiglie e sulla crescita potenziale del Paese. Anche la capacità redistributiva del sistema fiscale appare meno incisiva rispetto ai Paesi del Nord Europa.
Il World Inequality Report 2026 indica una strada precisa, specie per le economie avanzate come l’Italia: maggiore progressività fiscale, investimento stabile in istruzione e servizi sociali, sostegno all’occupazione femminile e giovanile, rafforzamento del welfare. Misure che richiedono una visione politica di lungo periodo e un coordinamento coerente tra governo centrale e territori. Un progetto che gli autori definiscono necessario per evitare che la diseguaglianza, da dinamica, diventi struttura. E, come avvertono, ciò che oggi appare inevitabile è in realtà il risultato di scelte. Un fenomeno dunque reversibile.