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 2025  dicembre 10 Mercoledì calendario

Joyce, Conrad e tutti gli altri: quando lo scrittore non arriva a fine mese

Poveri scrittori. Nel senso di poveri in canna, o quasi. Certo, non è sempre così. Se i romanzi diventano film blockbuster, come quelli di Stephen King, J.K. Rowling e Robert Harris, il futuro si fa roseo ed economicamente sicuro. Altrimenti, la vita di un autore può diventare un’agonia: Edgar Allan Poe morì nell’indigenza, l’impiegato Franz Kafka venne celebrato solo dopo la sua morte, Charles Baudelaire era inseguito dai creditori. Moby Dick di Herman Melville fu inizialmente un flop disarmante, Emily Dickinson guadagnò pochissimo per le sue poesie, per non parlare dei drammi nomadi di Dino Campana, delle difficoltà di Pascoli per arrivare a fine mese e delle privazioni di Alda Merini.
Nei giorni scorsi, però, il britannico Guardian ha pubblicato documenti inediti e straordinari del Royal Literary Fund, l’ente che in Gran Bretagna assegna sussidi di emergenza agli scrittori, simile al Fondo di Sostegno per autori e artisti in Italia. Ci sono lettere di James Joyce, CS Lewis, Joseph Conrad, Edith Nesbit e di molti altri, conservate tra la British Library – dove possono essere consultate – e gli uffici del Royal Literary Fund, dietro Fleet Street, la celebre via dei giornalisti a Londra, dove le scoperte proseguono man mano che le scatole vengono catalogate.
Sono documenti che dipingono i tormenti degli scrittori nei momenti più ardui della loro vita, soprattutto agli inizi, ma non solo. Qui si trova un po’ di tutto, come racconta il quotidiano britannico: scarse vendite dei libri, malattie, matrimoni turbolenti, lutti e impedimenti di ogni sorta. Per esempio, ecco una missiva di James Joyce, risalente al luglio 1915. Il colosso della letteratura irlandese, appena fuggito da un decennio a Trieste e impegnato a scrivere il capolavoro Ulisse, chiede aiuto: “Non ricevo nulla per quel che riguarda i diritti d’autore”, lamenta Joyce, e prosegue “e le vendite dei miei libri” – all’epoca la raccolta poetica Musica da Camera e i racconti I dublinesi – “sono scarse”.
Ma c’è un’altra chicca, nell’eterno dilemma tra arte e commercio. A un certo punto, Ezra Pound scrive anche lui al Royal Literary Fund, “raccomandando” l’amico Joyce, come pure Henry James fa per Joseph Conrad: “Joyce ha vissuto per dieci anni nell’oscurità e nella povertà per perfezionare la sua scrittura e non essere influenzato dalle richieste commerciali”, spiega il poeta americano. “Se un giorno dovessimo catalogare i libri che forse non esisterebbero senza i sussidi del Royal Literary Fund”, dice al Guardian il direttore dell’ente Edward Kemp, “il primo sarebbe proprio l’Ulisse”.
A tal proposito, è eccezionale anche la testimonianza di Doris Lessing. In una lettera del 1955, la premio Nobel racconta di essersi trasferita in Gran Bretagna nel 1949 dalla Rhodesia meridionale (l’odierno Zimbabwe), lasciando un matrimonio in pezzi e con venti sterline in tasca. L’anno successivo, Lessing pubblica il romanzo d’esordio L’erba canta, lascia il lavoro di segretaria e si dedica totalmente alla scrittura. Ma le cose non vanno meglio. “Da allora vivo della mia penna, anche se in modo molto precario”, confessa Lessing cinque anni dopo, elencando i debiti contratti con gli amici e il sostegno nullo della famiglia e dell’ex marito. E ancora, come Joyce: “Mi è stato suggerito di scrivere sceneggiature di storie di omicidi per la tv commerciale. Ma, pur guadagnando molti soldi, non farei un lavoro serio”.
Nell’agosto del 1914, Edith Nesbit, autrice de I ragazzi della ferrovia, comunica invece che lo shock per la morte del marito “mi ha completamente travolta. Il mio cervello non riesce più a produrre la poesia, la narrativa e le fiabe con cui sinora ho provveduto al mio sostentamento”. Mentre Sylvia Plath allega alla sua richiesta i costi del ricovero per un’appendicectomia, nella documentazione che presenta in sua vece il marito e poeta Ted Hughes, con il quale ebbe una relazione tormentosa prima di suicidarsi. Negli anni, il fondo ha sostenuto anche DH Lawrence, Bram Stoker e Samuel Taylor Coleridge e il bardo gallese Dylan Thomas, che ottiene i sussidi fino alla sua morte nel 1953, dall’agosto 1938 quando scrive: “Da cinque anni vivo nella povertà. Finora mi sono arrangiato. Ma ora mia moglie sta per avere un bambino, la nostra situazione è disperata”.
Oggi gli scrittori professionisti del Regno Unito guadagnano un reddito annuo medio pari a 7mila sterline, secondo l’Authors’ Licensing and Collecting Society. Come spiega Kemp, la situazione è peggiorata perché oggi “solo una percentuale minuscola di autori riesce davvero a vivere di ciò che guadagna dalla scrittura” e anche in Italia la stragrande maggioranza di loro in genere raccoglie poche centinaia di euro al mese. Il Royal Literary Fund ha registrato un aumento del 400% delle domande di sussidio tra il 2023 e il 2024 e per essere idonei bisogna aver scritto almeno due opere. Ali Smith e la nordirlandese Anna Burns sono tra gli autori contemporanei sostenuti dal fondo, e pensare che quest’ultima ha vinto anche il premio Booker 2018 con il bellissimo e struggente Milkman.