la Repubblica, 10 dicembre 2025
Il governo non arretra sull’oro di Bankitalia. Giorgetti vedrà Lagarde
Un faccia a faccia domani, a margine della riunione dell’Eurogruppo a Bruxelles. È lì che Giancarlo Giorgetti conta di chiudere la questione dell’oro di Bankitalia con Christine Lagarde. Alla vigilia del confronto con la presidente della Bce, il ministro dell’Economia è fiducioso. A valle di un scambio di idee costruttivo – è il ragionamento – si arriverà a una soluzione positiva.
L’obiettivo è superare i dubbi dell’Eurotower sull’emendamento di Fratelli d’Italia alla manovra, così come riformulato dal Mef. «Le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia, come iscritte nel proprio bilancio» – recita la proposta – «appartengono al popolo italiano». Una finalità incomprensibile per la Bce, ma chiara e legittima per il governo italiano. Di fatto – è la considerazione – si tratta di una questione politica, di specificare un’evidenza e cioè che le riserve auree sono dei cittadini italiani. Un assunto – prosegue la tesi – che non sbatte contro i trattati europei e l’indipendenza di via Nazionale.
In vista dell’incontro, il terreno è stato preparato con attenzione. Ieri, infatti, il titolare del Tesoro, come anticipato da Repubblica, ha risposto alla richiesta di chiarimenti sulla finalità della proposta. Nella lettera inviata a Lagarde, Giorgetti ha spiegato che la misura vuole «chiarire» che «la disponibilità e gestione delle riserve auree del popolo italiano sono in capo alla Banca d’Italia» e in conformità con i trattati europei. È un concetto che ribadirà a voce. D’altronde non esiste una codificazione della procedura: la risposta della numero uno dell’Eurotower può arrivare come no. Quel che conta è il merito della vicenda.
C’è di più. Il parere della Bce non è vincolante. L’emendamento, quindi, potrà andare avanti in Senato anche senza una bollinatura dell’Eurotower. L’aria che tira a via XX settembre non è quella dello scontro. Al contrario, l’incontro tra Giorgetti e Lagarde nasce proprio dalla volontà di arrivare a una visione comune, garantendo così un iter tranquillo alla norma in Parlamento.
Al netto della trattativa politica, il governo intende portare a casa il risultato. Così come la maggioranza, che a Palazzo Madama preme per chiudere la partita il prima possibile. I toni sono accesi. Il dito è puntato contro la Bce, ritenuta di fatto un ostacolo al disegno nato a Palazzo Chigi. «Ho difficoltà a comprendere questa levata di scudi che sta facendo la banca centrale europea e non nel merito», dice il deputato Francesco Filini, responsabile nazionale del programma dei meloniani. Anche la Lega è sulle barricate. «A che titolo la Bce si mette a sindacare su cose che non sono conferite alla banca centrale?», chiosa il senatore Claudio Borghi.
Gli alleati hanno le idee chiare: la norma va approvata a ogni costo. La proposta sulle riserve auree finirà in un emendamento del governo: un pacchetto snello, mentre sarà più consistente quello dei “riformulati”. È lì dentro che finiranno le grandi correzioni alla legge di bilancio, dagli affitti brevi ai dividendi. Saranno tutti depositati domani in commissione Bilancio: il voto non inizierà prima di venerdì.
La priorità dell’esecutivo è concentrata sulla Finanziaria, ma intanto prende forma anche il decreto Energia. È un pallino di Giorgia Meloni. Nella bozza del provvedimento spunta un bonus di 55 euro. Uno sconto per le bollette delle famiglie «in condizioni di disagio economico» e per le fatture delle piccole e medie imprese. Arriverà l’anno prossimo. Prima il via libera alla manovra a saldi invariati.