corriere.it, 10 dicembre 2025
Esami in farmacia, davvero dal 2026 saranno gratis a carico del Servizio sanitario?
È vero che dal 2026 potremo fare esami in farmacia a carico del Servizio sanitario nazionale? La domanda è inevitabile perché, con il Disegno di Legge di Bilancio 2026 approvato dal Consiglio dei ministri, cambia in modo definitivo il ruolo delle farmacie. L’articolo 68 le riconosce come «strutture eroganti prestazioni sanitarie» con «servizi stabilmente integrati nel Ssn». Significa che potranno offrire in maniera strutturale servizi sanitari finora attivati solo in via sperimentale o con progetti locali. Parallelamente raddoppiano i fondi pubblici destinati a rimborsare questi servizi: 50 milioni l’anno. Il governo presenta la novità come un ampliamento dell’offerta sanitaria, più comodo per i cittadini e utile a ridurre le liste d’attesa. Tradotto: tutto quello che finora abbiamo pagato per lo più di tasca nostra entrerà nell’ambito del servizio pubblico? È utile capire come funziona nella pratica, e cosa comporta per ciascuno di noi.
Tutto comincia da quando invece che pungerti il dito a casa per controllare glicemia, colesterolo, trigliceridi, creatinina o transaminasi, puoi andare a farlo in farmacia. È il 2010 (governo Berlusconi IV): le farmacie sono autorizzate a eseguire esami di autocontrollo, pensati soprattutto per chi ha difficoltà a farli da solo; possono anche raccogliere urine e feci, misurare pressione e saturazione, effettuare la spirometria (legge-quadro n. 69/2009 art 11, decreto legislativo del 3 ottobre 2009 n. 153, decreto 16 dicembre 2010 art. 1, 2 e 3).
La differenza rispetto a un laboratorio di analisi è netta: lì i macchinari vengono controllati ogni mattina e i risultati degli esami sono verificati anche tramite controlli incrociati con altri laboratori. In farmacia no. Per questo i test pungidito possono avere margini di imprecisione piuttosto elevati, tant’è che viene rilasciato solo un «attestato di esito che non è un referto e non vale come diagnosi». Un dettaglio che in alcune circostanze può fare la differenza, ma che la maggior parte dei cittadini ignora, nella convinzione che gli esiti siano equiparabili a quelli del Servizio sanitario, anche se non ne troveranno mai traccia nel fascicolo sanitario elettronico. Sta di fatto che questi esami sono sempre restati prestazioni a pagamento e senza necessità di ricetta.
Nel 2018 (governo Gentiloni) parte una sperimentazione che introduce prestazioni rimborsabili dal Servizio sanitario (art. 1 commi dal 403 al 406 bis). I fondi crescono insieme alle Regioni coinvolte. 2018: 6 milioni per 3 Regioni (Piemonte, Lazio, Puglia); 2019: 12 milioni per 6 Regioni (si aggiungono Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia), 2020: 18 milioni per 9 Regioni (con Veneto, Umbria, Campania).
Dal 2021 (governo Conte II) la sperimentazione diventa nazionale: tutte le Regioni a statuto ordinario più la Sicilia ricevono 25,3 milioni annui fino al 2024 (art. 461 ter). Il 26 marzo di quello stesso anno, a parità di fondi, il governo Meloni amplia il perimetro: le prestazioni erogabili dalle farmacie non devono più limitarsi agli esami di autocontrollo, che comunque restano a pagamento (art. 23 e-sexies). Gli Ordini dei farmacisti parlano di «nuova era».
Le farmacie possono eseguire infatti, e stavolta a carico del Ssn, esami di telemedicina – elettrocardiogramma, holter pressorio e cardiaco – con referti redatti a distanza da un medico, che può essere anche lo stesso che lavora in un ospedale pubblico; possono somministrare tutte le vaccinazioni per gli over-12 (oltre a quelle già disponibili per Covid e influenza); consegnare farmaci e dispositivi necessari ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale e semi-residenziale; effettuare tamponi diagnostici salivari e orofaringei, compresi i test per il contrasto all’antibiotico-resistenza richiesti dal medico o dal pediatra. Si tratta di servizi che molte farmacie già effettuavano a pagamento, ma ora riconosciuti e rimborsabili dal Ssn su prescrizione del medico di famiglia. Per esempio la Lombardia con la delibera n. XII/2405 del 28 maggio 2024 avvia la telemedicina in farmacia per i pazienti cardiopatici: chi ha problemi di cuore può eseguire l’elettrocardiogramma e l’holter a carico del Ssn con una prescrizione su ricetta bianca del proprio medico nella quale deve essere chiaramente indicato il servizio di telemedicina a cui il paziente deve sottoporsi e lo può fare fino a tre volte. L’Emilia Romagna fa partire la sperimentazione il 23 dicembre 2024, per gli stessi tre esami, ma con ricetta elettronica che vale anche per i pazienti non cardiopatici. Lo stesso nel Lazio dove la delibera è del 23 giugno 2025.
Dal 2018 al 2024, su un totale di 111,9 milioni di euro a disposizione, le farmacie ne spendono 104,4 con una differenza enorme da Regione a Regione. La Campania ne ha spesi il 163%, il Veneto il 145%, la Calabria il 131%, l’Umbria il 116%, Liguria e Piemonte 99%, Basilicata e Marche 93%. A seguire: Lazio 84%, Abruzzo 83%, Puglia 82%, Lombardia 73%, Toscana 72%, Sicilia 47%, Emilia-Romagna 44% (dati Federfarma). Dove il servizio è più usato, i soldi finiscono prima.
Ora, con la Legge di bilancio 2026, il governo trasforma a tutti gli effetti le 19.997 farmacie italiane in presidi del Servizio sanitario nazionale.
Qui succede qualcosa che chi entra in farmacia ancora una volta non sa. Nella bozza del 20 ottobre 2025 c’è un vincolo: per offrire prestazioni sanitarie, le farmacie devono rispettare gli stessi requisiti degli ambulatori (20 ottobre 2025 art. 67 commi 1 e 2 pag. 51). Significa locali separati, attrezzature certificate e controllate, direttore sanitario, verifiche di qualità interne ed esterne, ispezioni regionali (qui legge 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8-ter per autorizzazione art. 8-quater comma 4 da C in avanti per accreditamento).
Due giorni dopo, nella versione ufficiale del 22 ottobre, quel vincolo scompare (qui art. 68). Le farmacie diventano dunque presìdi sanitari senza dover garantire gli obblighi previsti per un qualsiasi ambulatorio pubblico o privato. Tutto è rinviato a successive linee guida del ministero della Salute. È una scelta politica del governo Meloni, sostenuta anche dal peso della categoria, ben rappresentata in Parlamento dai farmacisti Roberto Bagnasco, Carlo Maccari, Marta Schifone e soprattutto Marcello Gemmato, potentissimo sottosegretario FdI alla Salute.
A questo punto il cittadino può capire che in farmacia farà a carico del Ssn anche gli esami pungidito, che possono avere margini di errore intorno al 20%, e invece si sentirà rispondere che deve ancora pagare. L’elettrocardiogramma e gli holter vengono refertati a distanza da un cardiologo spesso del Servizio sanitario nazionale, lo stesso che non ha tempo di visitare di persona (ma evidentemente lo trova per fare una diagnosi a distanza). Ma soprattutto c’è il rischio concreto di dover pagare anche nel caso in cui il plafond dei 50 milioni si esaurisca. E il plafond si esaurirà in fretta visto che il Servizio sanitario rimborsa alle farmacie cifre più alte rispetto a quelle del tariffario pubblico. Infatti se prediamo come riferimento la media nazionale possiamo vedere che l’elettrocardiogramma è pagato 11,60 euro nella struttura pubblica del Ssn (cod. 89.52), ma la farmacia ne riceverà 28,50.
• Holter cardiaco: 61,95 euro Ssn (cod. 89.50) – 63,14 farmacia
• Holter pressorio: 41,30 euro Ssn (cod. 89.61.1) – 50,04 farmacia
• Spirometria semplice: 24 euro Ssn (cod 89.61.1) – 34,34 farmacia
• Emoglobina glicata: 4,70 euro Ssn (cod. 90.28.1) – 18,30 farmacia
• Colesterolo: 4,75 euro Ssn (cod. 90.13.C, 90.14.1 e 90.14.3) – 25,03 in farmacia con lo «screening di ipercolesterolemia».
Non è difficile intuire che la volontà sia quella di spianare sempre di più la strada ai privati.