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 2025  dicembre 10 Mercoledì calendario

Per i giudici di Milano l’Egitto non è un Paese sicuro

Per la Sezione immigrazione del Tribunale civile di Milano l’Egitto è Paese «non sicuro» ai fini della valutazione delle domande di protezione internazionale, e tale quindi resterà almeno sin quando nel nuovo regolamento Ue a luglio 2026 non si tradurranno in norme le intese politiche raggiunte lunedì dai governi nel Consiglio Affari Interni dell’Unione Europea su 7 «Paesi sicuri» tra cui l’Egitto.
Milano, benché in questi anni molto più restrittiva di altri Tribunali italiani, al pari di questi aveva già escluso «sicuri» (sulla scorta della sentenza l’1 agosto 2025 della Corte di Giustizia Ue) quasi tutti gli altri 18 Paesi che per il decreto Meloni legittimavano maggiore inammissibilità delle domande dei migranti, procedura accelerata, trattenimento in frontiera, trasferimento temporaneo in Albania, più ardui oneri della prova a carico del richiedente asilo, e in caso di rigetto possibilità di allontanarlo pur se pende ricorso. Ma finora Milano non aveva invece preso una posizione sull’Egitto.
Un mese fa gli 11 giudici della sezione presieduta da Guido Vannicelli, dopo studio delle fonti, in una riunione hanno convenuto di conformarsi tutti all’orientamento che nella discussione avesse convinto la maggioranza. E nei decreti che in questi giorni stanno d’ora in poi sospendendo i rigetti di protezione decisi dalle Commissioni Territoriali in procedura accelerata, emerge la scelta assunta: Egitto «non sicuro». Per i giudici a «imporre la disapplicazione» del decreto Meloni «per contrasto con la direttiva Ue 2013/32» sono sia le criticità ancora indicate persino «nella Relazione ministeriale al Parlamento dell’1 aprile 2025», sia le fonti internazionali (dal Dipartimento di Stato Usa ad Amnesty, da agenzie Onu a Reporters sans frontieres) su «detenzioni arbitrarie, sparizioni forzate a rotazione, utilizzo strumentale di accuse di “terrorismo”, persecuzioni in particolare di giornalisti, oppositori politici e attivisti per i diritti umani».