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 2025  dicembre 07 Domenica calendario

Fiorisce il culto e trovi un giardino liturgico

Amata da imperatori, vescovi e poeti, iscritta dall’Unesco nel patrimonio dell’umanità, la città bavarese di Bamberga conquista col suo splendido Duomo medievale a quattro torri – che custodisce la tomba della coppia santa di Enrico II e Cunegonda e il famoso “Cavaliere”, statua mirabile del Duecento – e coi suoi palazzi barocchi e le casette dei pescatori sul fiume Regnitz. Una meta da raggiungere è anche il Michaelsberg, la roccaforte benedettina, adattata a casa di riposo. All’interno, aperta al pubblico, sorge la chiesa di San Michele. Varcata la soglia, appare un’immensa distesa vegetale: le tre navate e il transetto sono decorati con un erbario di seicento specie di fiori, frutti, arbusti, erbe aromatiche, idealmente striate da simbolismi legati alla tradizione biblica e spirituale. È nata, così, la definizione di Himmelsgarten, “giardino del cielo”. Ammiccando a questo capolavoro, Micaela Soranzo, appassionata studiosa di architettura e iconografia cultuale, lo ha implicitamente adottato come titolo per il suo saggio originale su «arredo floreale e liturgia».
Nello stesso racconto biblico della creazione, l’ordine divino è esplicito: «La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto che fanno sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la propria specie» (Genesi 1,11). Ecco, allora, che la Bibbia si colora di una sorta di alfabeto verde: acacia, balsami, cedro, erbe varie, fico, frumento, giglio del campo caro a Gesù (Matteo 6,28-29), incenso, lino, melograno, mirto, nardo, narciso, orzo e ortaggi vari, palma, quercia, rovo, ruta, senapa, sicomoro, terebinto, ulivo, vite e persino la zizzania (e l’elenco non è completo).
L’attenzione di Soranzo va ai fiori nelle chiese. Chi non ricorda l’apparato floreale, talora di cattivo gusto, approntato per le celebrazioni nuziali, per non parlare delle corone e dei cofani funebri? Ciò che impressiona nel saggio è l’accurata analisi della simbiosi non sempre corretta dei luoghi e tempi liturgici con l’arredo floreale, tenendo conto anche della scarsa normativa ecclesiale al riguardo. Tanto per esemplificare, pensiamo alla corona di Avvento, all’albero natalizio, alle palme e agli ulivi, ai petali effusi a Pentecoste come le fiamme di fuoco dello Spirito Santo, e alla fioritura che accompagna i sacramenti.
Un curioso capitolo è riservato all’uso dei fiori artificiali che ha suscitato da tempo vivace dibattito. Sconcertante è l’addobbo degli altari con fiori di plastica, anche se bisogna menzionare una ben diversa ma pur sempre problematica presenza di fiori di seta, porcellana, carta, metalli preziosi, talora opera non solo di artigianato ma anche di veri artisti. Non manca nel volume una sequenza fotografica che rivela suggestive soluzioni floreali destinate a ornare altari, amboni, tabernacoli o lo spazio sacro.
C’è un’importante prima sezione nel saggio che ricostruisce con minuzia l’irrompere dei fiori nella storia del culto. Si rileva qui la sensibilità dell’autrice che ha alle spalle una costante ricerca iconografica religiosa nella storia dell’arte. Si pensi che ha realizzato ben sette volumetti in una collana della stessa editrice milanese Àncora sotto il titolo L’arte secondo la Bibbia. Dopotutto, basta sfogliare il Canto dei cantici per trovare un catalogo floreale, capace di stimolare la creatività figurativa. Anzi, l’ingresso messianico, salvifico ed escatologico riesce a far fiorire il deserto. In un oracolo divino il profeta Isaia proclamava: «Pianterò cedri nel deserto, acacie, mirti e ulivi, porrò nella steppa cipressi, olmi insieme con abeti» (41,19).
Per la sua mappa diacronica Soranzo parte da lontano: Egitto, antica Grecia, Roma e gli etruschi con la tomba “del fiore di loto” a Tarquinia, simbolo di resurrezione ed eternità. L’epifania floreale cristiana inizia nelle catacombe i cui affreschi si spalancano su giardini edenici che evocano il “paradiso”, raro vocabolo biblico di matrice alto-iranica che rimanda a un giardino fiorito. Ci attendono, poi, i mosaici bizantini e ravennati, prima di entrare nell’Alto Medioevo, nel romanico e nel gotico (nella cattedrale di Reims si contano trecento specie diverse di vegetali!).
Poi, c’è il Rinascimento coi suoi alberi, ghirlande e corone, a cui subentrano i giardini celesti del Barocco e così fino al Novecento e alla contemporaneità: curiosa è l’interazione tra il tempio e la vegetazione esterna attraverso le vetrate nella chiesa di Riola (Bologna) progettata da Alvar Aalto. L’elenco elaborato dalla studiosa può sembrare una didascalica raccolta di soggetti da dizionario. Tuttavia è un materiale prezioso per edificare alcuni modelli simbolici sacri e per introdurci nel gioco spirituale tra l’apparato floreale e la liturgia che è la finalità della sezione successiva del saggio. Potremmo concludere riconoscendo che i due motti antitetici popolari del «Ditelo coi fiori» (inventato dalla Society of American Florists) e il realistico ma cristiano «Non fiori, ma opere di bene», abbiano entrambi il diritto di cittadinanza nel culto cattolico.