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 2025  dicembre 07 Domenica calendario

Queste mappe non ce la disegnano giusta

Queequeg, il coraggioso e leale cacciatore di balene polinesiano di Moby Dick, viene da un’isola lontanissima che non è segnata sulla carta. Herman Melville commenta che «i luoghi veri non lo sono mai». «Secret Maps», la mostra in corso alla British Library di Londra, espone carte che rivelano dettagli e territori che sono stati nascosti, manipolati o segretamente custoditi, per motivi politici, militari o economici, come i «luoghi veri» evocati da Melville, che sfuggono alla cartografia tradizionale. Melville anticipava, in chiave letteraria, un concetto oggi corrente tra gli storici della cartografia: le mappe non sono specchi neutrali della realtà, piuttosto riflettono la prospettiva e gli interessi di chi le ha create.
Le mappe possono indicare rotte, confini e territori, ma non sempre includono ciò che è nascosto, segreto o invisibile. Proprio questo è il tema centrale della mostra: attraverso oltre cento documenti cartografici, antichi e moderni, l’esposizione esplora come le carte siano state usate per custodire informazioni, ingannare nemici, proteggere segreti. Dalle rotte del commercio tracciate dai mercanti olandesi alle operazioni top secret della Seconda guerra mondiale, il mondo reale, fatto di conflitti e potere, non coincide con quello della sua rappresentazione cartografica: le mappe mostrano e allo stesso tempo nascondono.
Le mappe possono nascondere Imperial Secrets, per esempio una mappa dell’India britannica del 1946, con un rapporto segreto sul potenziale impatto economico e militare della divisione della colonia in due stati separati e indipendenti, India e Pakistan. Ci sono anche State Secrets da non rivelare, come la mappa segreta di Londra, redatta dall’Ordnance Survey in occasione dello sciopero generale del 1926, con la descrizione in dettaglio delle installazioni militari vulnerabili, i posti di polizia e le caserme dei vigili del fuoco. Una delle curiosità più sorprendenti è una spazzola per capelli contenente mappe di fuga inviate ai prigionieri britannici nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Una mappa disegnata da T.E. Lawrence, il leggendario Lawrence d’Arabia, testimonia il suo viaggio nel deserto nel 1917, poi utilizzato dall’Ufficio di Guerra per aggiornare le carte della regione. Nella mappa realizzata dal governo sovietico per i tassisti di Mosca in occasione delle Olimpiadi del 1980 sono indicate le aree vietate agli stranieri. La sezione Secrets in Society mostra come le mappe non servano solo ai governi, ma anche alle comunità. Accanto a un khipu inca del XVI secolo, sistema di corde e nodi per mappare i luoghi sacri delle Ande, si trova una copia del London Gay to Z degli anni 70, per segnalare i luoghi di ritrovo degli omosessuali londinesi. C’è poi un atlante stradale sudafricano che mostra soltanto le città abitate da bianchi, e una mappa realizzata nel Suriname da comunità indigene della foresta amazzonica in collaborazione con l’Amazon Conservation Team, sull’impatto devastante delle miniere d’oro illegali sui loro territori.
Ci sono poi mappe che non tracciano territori ma vite umane: percorsi, abitudini, identità, Personal Secrets. Oggi la geografia dei dati è diventata la nuova frontiera del potere ma già nel 1927 una mappa segreta utilizzata dal governo britannico rivelava una rete globale di postazioni di controllo per intercettare le comunicazioni radio e via cavo nel mondo. I visitatori possono vedere le rilevazioni topografiche utilizzate dagli inglesi per confiscare e ridistribuire la terra ai coloni in Irlanda e in Africa orientale. Una mappa interattiva del 2015 realizzata dalla rivista «Private Eye» rivelava oltre 100mila immobili nel Regno Unito di proprietà di società offshore.
Ai visitatori è proposta la celebre ed enigmatica «Fool’s Cap Map of the World» della fine del Cinquecento, dove una mappa del mondo in proiezione cordiforme è il volto di un buffone di corte.
Tra le numerose iscrizioni, leggiamo che quella è la testa di un malato mentale, che il numero degli stolti è infinito e la domanda: chi non ha orecchie d’asino? È come se i curatori volessero ribadire quanto sia folle ogni pretesa di conoscenza, anche geografica. «Secret Maps» ricorda infatti che ogni mappa è una storia di scelte, omissioni e interpretazioni, e che, dietro ogni linea tracciata su una carta o su uno schermo, si nasconde sempre una verità da scoprire o da proteggere. Disegnare un confine, cancellare un nome, omettere un dato può voler dire controllo, accesso o esclusione. Alcune delle carte esposte sono nate proprio per ingannare, allo scopo di proteggere segreti militari o mascherare risorse preziose. È da secoli che tracciamo – e nascondiamo – il mondo. Oggi le app di localizzazione e i sistemi satellitari monitorano ogni spostamento, e le mappe continuano a guidare non solo i nostri passi, ma anche l’accesso alle informazioni e la gestione dei segreti. La mostra svela come la cartografia sia stata non solo uno strumento di conoscenza, ma anche di dissimulazione e manipolazione. In questo senso, «Secret Maps» non è solo una mostra di cartografia storica: è un invito a riflettere sul rapporto tra rappresentazione e realtà, tra ciò che possiamo vedere e ciò che rimane nascosto, proprio come i «luoghi veri» evocati da Melville.