New York Times, 7 dicembre 2025
La giacca di Judy oltre l’arcobaleno
A Carnegie Hall (leggendaria sala da concerti newyorkese, ndt) è orgogliosa di sfoggiare i suoi tesori. Il clarinetto di Benny Goodman è esposto in bella vista nel museo interno, così come le bacchette dei direttori d’orchestra Leonard Bernstein e Arturo Toscanini. Ma nascosta al settimo piano c’è una scatola di cartone che l’archivista della sala, Kathleen Sabogal, tiene senza etichetta. All’interno una giacca da sera di seta indossata da Judy Garland durante il suo debutto alla Carnegie Hall, forse la performance più leggendaria nei 134 anni di storia della sala. In una recensione del 23 aprile 1961, il New York Times la paragonò a un «rituale religioso», sottolineando la «frenesia da esaltazione» e il «pandemonio» che accolse le sue interpretazioni di The Trolley Song e Over the Rainbow. Allo show assistettero numerose star, tra cui Julie Andrews, Lauren Bacall, Richard Burton, Henry Fonda e Rock Hudson. La registrazione dal vivo dello spettacolo rimase per tredici settimane in cima alla classifica degli album di Billboard e fece vincere a Garland il Grammy per l’album dell’anno. Lo spettacolo segnò una svolta nella carriera di Garland. Solo un anno prima era stata dimessa dal Doctors Hospital di Manhattan, dove le era stata diagnosticata un’epatite acuta e le era stato detto che forse non avrebbe più potuto lavorare. In una carriera costellata di rimonte, quella alla Carnegie Hall fu forse la più grande. E, se dobbiamo credere ai racconti della sua famiglia, lei attribuì almeno parte della sua buona sorte alla sua “giacca portafortuna”. Poiché la indossò durante la seconda parte dello spettacolo, è diventata nota come la giacca dell’atto II. Era opera dell’atelier di Norman Norell sulla Settima Avenue, uno stilista descritto come “il Balenciaga americano” per la sua maestria sartoriale.
Una frangia di perline di vetro rifinisce l’orlo, conferendo al capo un tocco di eleganza. Migliaia di paillettes, disposte a strati come dischi di zucca in una ratatouille, formano i petali dei fiori che sbocciano sul petto, sulle spalle e sulle maniche. Alcuni hanno suggerito che i fiori potrebbero essere papaveri, un riferimento al ruolo più famoso della Garland, Dorothy Gale, una ragazza del Kansas che attraversa un campo di papaveri per andare a incontrare il Mago di Oz. Nel corso dei decenni, la giacca è passata di mano in mano. Sabogal, 60 anni, che ha iniziato a lavorare nel dipartimento archivi della Carnegie Hall nel 1989, l’anno scorso ha ricevuto un’email inaspettata: «Sto mettendo in vendita la giacca e vorrei sapere se il vostro museo è interessato ad acquistarla». Il prezzo richiesto era di 250 mila dollari, cinquanta volte il budget annuale per gli acquisti. Quando Judy Garland morì, a 47 anni, per un’overdose accidentale di barbiturici, la maggior parte dei suoi effetti personali, compresa la giacca, era a Los Angeles, dove si trovava l’ultima casa di sua proprietà. Il suo terzo marito, il produttore Sid Luft, era quello che pagava il deposito, e molte delle cose di lei andarono a lui. Il viaggio della giacca iniziò alla fine degli anni ’70, quando fu annunciata un’asta di oggetti appartenuti a Garland, organizzata da Luft. Liza Minnelli, figlia di Judy, presentò un’ingiunzione per fermarla, ma senza successo. Il 27 novembre 1978, Hollywood era pronta a fare offerte per alcuni pezzi storici appartenuti a una delle sue star. Ciglia finte, mazze da golf, pentole di rame, arrangiamenti musicali: tutto è stato messo all’incanto in una sala da ballo del Beverly Wilshire Hotel a Beverly Hills. Fu allora che iniziò a prendere forma il mito della giacca, elencata come lotto n. 388. «Miss Garland riteneva che questa fosse la sua giacca portafortuna», recitava la descrizione nel catalogo. Il grande giorno pochi notarono l’uomo di Minneapolis che si aggiudicò la giacca dell’Atto II per tremila dollari. Era un collezionista e commerciante di nome Gerald E. Czulewicz. In seguito, la giacca entrò nel salotto di Bob Cancellare grazie a Michael Benson, grande fan di Judy Garland. Si conobbero a metà degli anni ’80. Poco dopo Benson si trasferì nell’appartamento di Cancellare a Manhattan. Nel 1990 Benson contattò John Fricke, uno dei massimi esperti di Garland, e con lui mise a punto un piano per una mostra al Lincoln Center per celebrare il settantesimo anniversario della nascita. Insieme chiesero a Czulewicz di prestare loro la giacca. Poi Czulewicz visitò la mostra e Benson «lo convinse a vendergliela». Benson è morto di aids nel 2001. Cancellare conservò la giacca per altri vent’anni. Poi il 10 giugno 2022, giorno in cui Judy Garland avrebbe compiuto 100 anni, la giacca è tornata a Los Angeles. Era uno dei numerosi costumi esposti in una mostra commemorativa ad opera del successivo proprietario della giacca, John Thomas, 66 anni, commerciante di cimeli hollywoodiani. «La giacca con paillette di Judy Garland è entrata nell’edificio!», annunciò infine la Carnegie Hall in un post su Instagram del 9 dicembre 2022. Tre sere dopo fu esposta al Rose Museum, al secondo piano della sala, dove i fan furono invitati a vederla prima di prendere posto per uno spettacolo in omaggio a Garland. Dopo lo show Sabogal, l’archivista della Carnegie Hall, fece un’offerta a Thomas: se avesse voluto esporre la giacca a lungo termine, il Rose Museum sarebbe stato pronto ad accoglierla. Quando ricevette quella mail (citata a inizio articolo, ndt), scoprì che non era per proporre un prestito. Iniziò così un’insolita raccolta fondi. Thomas ha consegnato la giacca alla Carnegie Hall nell’agosto 2024. Rimarrà presso il dipartimento archivi fino al completamento della vendita: la Carnegie spera di riuscirci entro la prossima primavera. «Ci sono solo due posti al mondo a cui quella giacca potrebbe appartenere», dice Liza Minnelli. «Alla mia famiglia o alla Carnegie Hall. Quindi sono felice che finalmente sarà lì, dove la mamma l’ha resa parte della sua eredità».