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 2025  dicembre 09 Martedì calendario

Verona, Giulietta e la tassa sugli innamorati: ressa davanti alla casa per il cortile a pagamento

Cinque secoli fa, quando l’inglese William Shakespeare mutò in capolavoro universale la novella del vicentino Luigi da Porto, Giulietta e Romeo divennero un mito. Tra Settecento e Ottocento, grazie all’invenzione del Grand Tour e alla narrativa di Hans Christian Andersen e Charles Dickens, si trasformarono in un sogno. Oggi, schiacciati da selfie e turismo di massa, sono ridotti a un incubo.
L’epicentro del sisma, esistenziale prima che poetico, ha un indirizzo: Via Cappello 23, Verona. Da 120 anni il municipio cittadino, per concedere un traguardo ai viaggiatori in cerca di una fotografabile sorgente dell’amore, ha deciso di collocare qui la sua Casa di Giulietta. Tutto falso, o immaginario, come preteso da ogni messinscena: peccato che nessuno abbia previsto che un finto balcone, pur costruito con originali reperti medievali, sarebbe diventato il catastrofico hotspot dell’overtourism, simbolo del flagello che minaccia di demolire perfino l’ostinata bellezza italiana. L’ultima scossa, nel ponte dell’Immacolata.
A migliaia, da ogni continente e dopo aver paralizzato il traffico, hanno diligentemente dato l’assalto alla destinazione veronese più frequentata, la quarta più recensita del Paese. Sotto l’albero, la sorpresa: da sabato e fino al 6 gennaio espugnare il cortile, dove il precetto turistico-fotografico impone di toccare ammiccanti le tette in bronzo di una copia della novecentesca statua di Giulietta, non è più gratis.

L’impresa personale, dopo quasi tre ore in colonna tra il casello autostradale e il cartello che garantisce “Casa di Giulietta”, costa 12 euro e non e non è più nemmeno libera. Gli eletti quotidiani del numero chiuso, che omaggia affaccio al balcone e visita al “museo”, sono 1460. Ridotto da 60 a 45 il numero massimo di persone contemporaneamente nelle sale, con turni da 15 minuti: 60 secondi il limite per il selfie di coppia, abbracciati sopra il cortile. Risultato della “tassa sugli amanti”: un invalicabile muro umano davanti all’ingresso presidiato dalla security, folla inferocita, centro storico inaccessibile tra l’arena e piazza Erbe, commercianti in rivolta, vigili urbani depressi e guide turistiche inclini al turpiloquio.

La botta è tale che anche l’assessora ai Grandi eventi, Stefania Zivelonghi, è passata alla lingua di Shakespeare: «Siamo pronti – l’annuncio – a fare debriefing per valutare i correttivi necessari». Traduzione affidata alla collega della Cultura, Marta Ugolini: «Qualche ingranaggio si è inceppato – dice – vedremo come sbloccarlo. L’accesso al cortile è stato vincolato al biglietto del museo perché si è ridotta la superficie esterna disponibile. L’alternativa, per ragioni di pubblica sicurezza, era chiudere tutto». Già oggi, a Palazzo Barbieri, il vertice per inserire una presentabile retromarcia. Sul tavolo, il recupero di un passaggio sul retro, attraverso il Teatro Nuovo, lo sblocco dei sigilli al cortile e semmai un ticket simbolico di 2-3 euro per chi proprio non accetta di lasciare la città senza una toccatina-trash alla statua di Giulietta.

«Gli asiatici – dice Leonardo Calabretta, guida turistica – vengono a Verona solo per lei. Prenotano mesi di anticipo e si presentano con la lettera d’amore da imbucare nella sua stanza da letto. È imperdonabile comunicare stop e tassa due giorni prima, con un cartello sulla strada: senza nemmeno avvisare che, finiti i biglietti online, i visitatori adesso vengono respinti». Non proprio: Verona sarà pure rivendicata dalla Serenissima repubblica, ma è pur sempre in Italia. Chi entra nei negozi di souvenir, che danno sul cortile dell’inventata famiglia Capuleti, può spingersi per un istante fino a tre metri dalla statua e alzare clandestinamente il cellulare sotto il balcone più famoso del pianeta.
Conseguenza: i bottegai rivelano l’espediente alla folla pigiata sulla strada, a migliaia simulano l’improvvisa urgenza di acquistare cuoricini e tiramisù Juliet’s Balcony, il carnaio emigra dietro il nastro rosso che separa i paganti dai portoghesi e pure gli addetti alla sicurezza alzano le braccia. «Negozi pieni – la sintesi di Alessandra Sinico, commerciante di tutto quanto fa romantico – ma cassa vuota. Tutti scattano, nessuno compra. Questo delirio, fino all’Epifania, non può durare: non voglio nemmeno pensare al prossimo San Valentino, a pochi giorni dalla chiusura in arena delle Olimpiadi invernali». L’apice della commedia, questa non ispirata dal diciassettesimo canto del Paradiso di Dante, nel primo pomeriggio. Ingressi esauriti per il terzo giorno su tre di quello che il Comune definisce «assetto straordinario del sito».
La folla respinta, stranieri compresi, urla un italianissimo «vergogna». Qualcuno, nel nome dell’amore, tenta invano di forzare il blocco schierato davanti al porticato che conduce al cortile. Le comitive di cinesi accettano di farsi i selfie “compresi nel prezzo” sotto un vicino balcone di ferro con la scritta “Casa Giulietta Relais”. «È nello stesso edificio – spiega una coppia partita da Shanghai – lei si sarà affacciata anche da qui». I più arrabbiati si sfogano firmando e disegnando cuori sul muro con la scritta “Questo è un monumento, è vietato imbrattare e scrivere sui muri”. Una bambina, sommersa nella calca, grida al padre: «Ma lì dentro c’è Giulietta?». Risposta: «Non più». Replica: «Allora cosa facciamo qui, andiamo via». L’amore resta un miraggio che il tempo demolisce. Anche Verona deve rimediare, se non vuole restare vittima dell’illusione già fatale agli amanti che ha creato.