Corriere della Sera, 9 dicembre 2025
Michele Lissia: «Io, sindaco e pugile. Sul ring combatto anche con i colleghi di partito»
Sindaco, è tornato sul ring per sfidare un ex consigliere pd, il suo stesso partito. Non temeva l’accusa dell’opposizione che vi menate tra di voi?
Michele Lissia, primo cittadino di Pavia, 44 anni, dirigente d’azienda, sorride alla battuta. Poi precisa subito: «Era un match esibizione a margine di incontri importanti. Ovviamente con guanti e colpi veri, ma con Davide (Ottini, ndr) ci conosciamo da tempo e ci stimiamo, non ci faremmo mai del male. Dieci anni fa lui era capogruppo e io il vice, mi ha insegnato tante cose in politica».
Lei da giovane ha praticato pugilato a ottimi livelli.
«Ho iniziato a 14 anni, ho vinto i campionati regionali in Sardegna dove sono nato e anche quelli interregionali».
Ha sfiorato il professionismo?
«Avrei dovuto fare ancora tutta la carriera da dilettante, però la passione c’era. Poi a 19 anni mi sono trasferito a Pavia per frequentare l’università e mi sono concentrato sugli studi (ha una doppia laurea in scienze politiche e giurisprudenza, ndr). Ma la boxe per me è stato uno dei momenti formativi più importanti».
Cosa le ha insegnato?
«La disciplina, lo spirito di sacrificio, l’essere orientati agli obiettivi, l’abitudine ad allenarsi tutti i giorni, sabato e domenica compresi. Tutto mi è tornato utile all’università e poi nel lavoro, perché si sta in gruppo, ci si confronta con tutti, e se non ci si allena si viene puniti, non puoi fare lo spiritoso se non sei preparato».
E per fare il sindaco?
«Prima di tutto avere la pazienza di incassare le critiche, a volte anche gli attacchi personali. La cosa più importante in questi casi è non ricambiare mai con la stessa moneta, andare avanti senza perdere lucidità, restare calmi anche di fronte alle scorrettezze. Amministrare è una fatica tutti i giorni, lo sport abitua a un impegno costante e soprattutto al differimento delle gratificazioni: ci si allena per mesi ma solo dopo l’incontro, se si vince, ottieni soddisfazione».
L’hanno persino accusata di praticare uno sport violento.
«Se c’è una cosa che io non ho è proprio l’aggressività, anzi la boxe mi ha aiutato nell’adolescenza a incanalare nel modo giusto tutte le tensioni. Poi, in questo mondo mediatico e social se un sindaco non si limita al compitino amministrativo, se vive in mezzo alla gente, il rischio di essere attaccati è molto alto».
Sono più violente la politica e la società della boxe?
«Assolutamente sì, perché nel pugilato ci sono delle regole e dei limiti che altrove non vengono rispettati».
A proposito, due mesi fa in consiglio comunale le è toccato fare non il pugile ma l’arbitro durante una rissa.
«Una persona stava aggredendo un’altra, mi sono messo in mezzo cercando di placare chi aveva perso le staffe. In certe situazioni mi aiuta saper schivare i colpi. La cosa bella è che il giorno dopo il consigliere che ho bloccato mi ha ringraziato».
Lei è sindaco da un anno, il «colpo» migliore che ha messo a segno?
«Quando facevo boxe ho vinto diversi incontri per ko, ma amministrare secondo me corrisponde piuttosto a un match alla distanza, sulle 10-12 riprese. Ogni round è un impegno, bisogna restare concentrati sapendo che non tutte le variabili dipendono da noi. Vanno messi a segno i colpi che servono, con concretezza da un lato e senza perdere i propri ideali dall’altro. Se si arriva alla fine e si è fatto un bell’incontro i giudici, che poi sono i cittadini, ti premieranno».
E il peggior «colpo» subìto?
«Appena eletto ho dovuto chiudere un ponte, perché era necessario anche sapendo che avremmo provocato notevoli disagi. Uno inizia il programma pensando solo di migliorare rispetto al punto di partenza e invece ti arriva un montante che ti fa male».
Fare il sindaco è un continuo match a cui non ci si può sottrarre?
«Amministrare è molto bello, ma anche stancante. Anche per questo faccio sport, per tenermi in forma ma anche per scaricare un po’ i pensieri».