Corriere della Sera, 9 dicembre 2025
App instabile, il processo telematico slitta ancora
Ogni anno dall’1 gennaio in teoria scatterebbe l’obbligo proclamato dal ministero della Giustizia per gli uffici giudiziari di passare al processo telematico per un nuovo segmento del loro lavoro, e ogni anno a dicembre all’ultimo minuto arriva il rinvio dell’obbligatorietà perché la piattaforma informatica ministeriale «App» non è affidabile.
La tradizione degli ultimi anni non si smentisce, e a cavallo di questo fine 2025-inizio 2026 investe l’importantissimo nuovo modulo che dall’1 gennaio avrebbe dovuto inglobare sia le intercettazioni sia le misure cautelari, cioè gli arresti o i sequestri di beni chiesti dalle Procura, decisi dai gip, e rivisti poi nelle impugnazioni difensive dai Tribunali del Riesame. Solo che, di nuovo, a pochi giorni dall’avvio «App» non dà le garanzie minime ai vari uffici italiani, e il ministero ne ha preso atto con una bozza di regolamento che, modificando il decreto n.217 del 29 dicembre 2023 sul processo telematico, rinvierebbe l’obbligo e ammetterebbe il doppio regime carta-digitale sino al 30 giugno per le misure cautelari e sino al 30 marzo per le intercettazioni. Ma la VII Commissione del Consiglio superiore della magistratura, chiamata a dare un parere sulla bozza ministeriale, paventa che non basti. Perché? Il Csm dà intanto atto che «l’interlocuzione tecnica del ministero è nettamente cresciuta» (con l’arrivo a capo della direzione del magistrato perugino Paolo Abbritti), e «sono sensibilmente migliorate le funzionalità dell’applicativo» che «sta iniziando a modellarsi sulle necessità quotidiane della giurisdizione». Ma il monitoraggio in tutta Italia «continua a registrare diverse criticità», soprattutto «la permanente instabilità del complessivo sistema App», col risultato che, «allo stato, l’informatizzazione del procedimento penale non riesce ancora a rendere più celere ed efficace l’attività giurisdizionale penale».
Bene dunque il rinvio, solo che «appare troppo ristretto in considerazione dello stato assolutamente embrionale delle funzionalità di App finora sviluppate per gli slot delle intercettazioni e delle impugnazioni di competenza del Tribunale del Riesame»: le quali hanno «termini perentori» e quindi rischiano che «un men che perfetto funzionamento dell’applicativo, allo stato tutt’altro che da escludere, comporti la perdita irrimediabile di elementi di prova (nel caso delle intercettazioni) o la decadenza da facoltà delle parti (nel caso delle impugnazioni)». In più «l’inserimento di un circuito ibrido analogico-digitale per le misure cautelari» al Tribunale del Riesame appare «poco razionale» perché «pm e gip dovranno gestire una misura emessa in formato digitale e poi, eventualmente, modificata o confermata dal Riesame in forma analogica». Meglio, propone il Csm al ministero, magari usare il tempo per fare rodaggio di «una progressiva sperimentazione limitandola alle misure cautelari reali» (sequestri di beni anziché arresti delle persone), «in modo da non incidere sulla libertà personale in caso di iniziali prevedibili malfunzionamenti del sistema».