Corriere della Sera, 9 dicembre 2025
Arresti, dubbi e fughe di notizie. Il Qatargate «compie» tre anni
Un flusso di notizie a senso unico verso due testate belghe e il consorzio esclusivo di giornali europei a loro collegato: gli atti dell’indagine che ha portato al fermo per violazione del segreto istruttorio del poliziotto a capo dell’anticorruzione di Bruxelles spiegano perché le informazioni sul Qatargate giungevano sempre e solo agli stessi media e svela che – 24 ore prima degli arresti del 9 dicembre 2022 – Huges Taiseaux aveva addirittura rivisto in anteprima gli articoli da pubblicare con tutti i particolari appena fosse scattato il blitz.
Nel terzo anniversario dell’inchiesta che li fece finire in manette, l’ex vicepresidente dell’Eurocamera Eva Kaili e suo marito Francesco Giorgi depositano gli atti sul comportamento del poliziotto alla Procura di Milano dopo averlo già fatto ai giudici della capitale belga sostenendo di essere vittima degli abusi degli inquirenti.
Dopo il celebrato giudice istruttore Michel Claise costretto a lasciare per conflitto di interessi, il procuratore Raphael Malagnini che si è fatto trasferire, un investigatore che, registrato, sconfessa l’inchiesta e l’indagine sul segreto violato, la Camera d’accusa del Tribunale di Bruxelles comincia solo ora (udienze partite ieri) a verificare se ci furono nell’indagine Qatargate le irregolarità che i coniugi hanno denunciato nel 2023 assieme dall’allora europarlamentare belga Maria Arena e da suo figlio Ugo Lemaire. Il procedimento principale sembra ancora molto lontano dall’approdare ad un processo, ad oggi non c’è ancora un capo di imputazione con accuse precise e neppure l’elenco definitivo degli indagati.
«Questa indagine ha messo in luce violazioni indegne di uno Stato che ospita le istituzioni europee, che dovrebbero riflettere seriamente sulla necessità di trasferire la propria sede in un Paese che garantisca pienamente la legalità e la tutela dei diritti fondamentali», dichiara Eva Kaili. «Le fughe di notizie sono una violazione gravissima del principio di non colpevolezza che ha pregiudicato i diritti delle persone incolpate», le fa eco l’avvocato Domenico Aiello che assiste la coppia a Milano dove hanno querelato per calunnia Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato di Articolo Uno che nell’inchiesta belga si è pentito.
Sulla violazione del segreto, l’attenzione degli inquirenti si è concentrata su Huges Taiseaux e su un altro agente che ha partecipato con lui ai momenti decisivi del Qatargate. Viene fermato il 6 febbraio scorso dai suoi colleghi che perquisiscono la sua casa, l’ufficio e sequestrano il suo cellulare e quelli dell’ex giudice istruttore Claise e del magistrato Malagnini. Interrogato dal giudice istruttore, nega di aver avuto contatti con i giornalisti e, sibillino, fa notare che non era il solo a lavorare al caso. Dal cellulare viene fuori che, alla vigilia degli arresti del Qatargate, due giornalisti gli mandarono gli articoli da pubblicare il giorno dopo – come avvenne – sui siti di due quotidiani belgi, scrivendogli: «Tutte le sue osservazioni sono benvenute!». Quando gli chiedono spiegazioni, Tasieaux risponde che «è un caso molto delicato, non sono l’unico coinvolto» e rimanda ancora a Claise, a Malagnini e ai suoi superiori. Sembra di capire che ci fosse un accordo tra cronisti e inquirenti: i primi, che avevano avuto notizie con tre mesi di anticipo, avevano deciso di non pubblicare nulla per non danneggiare l’inchiesta. In cambio potrebbero aver ricevuto la promessa dell’esclusiva sulla notizia quando sarebbe stato possibile pubblicarla. «Io dovevo tenerli sotto controllo», mette a verbale il poliziotto, che non denunciò la fuga di notizie che pare attribuire ai servizi segreti. Gli articoli, però, contenevano notizie che gli 007 non potevano sapere, come i nomi degli arrestati e il milione e mezzo di euro in contanti trovato nelle valigie tra la case di Giorgi e quella di Panzeri che, secondo l’accusa, erano tangenti che venivano da Marocco e Qatar.
Dopo quattro mesi tra carcere e domiciliari e dopo tre anni sulla graticola, fuori dal Parlamento europeo al quale non si è potuta ricandidare, con il Qatargate ancora aperto, Kaili ora si occupa di intelligenza artificiale a livello internazionale: «Nonostante tutto, questa esperienza è stata rivelatrice. Mi sento più forte e determinata che mai: la verità è emersa e il tentativo di montatura è ormai alla luce del giorno».