lastampa.it, 8 dicembre 2025
Car sharing, macchine dimezzate in 5 anni: addio al servizio in Italia
Il car sharing in Italia stacca la spina. Almeno nella forma con cui è nato e si è diffuso: quella del free floating, il parcheggio libero che permetteva di prendere un’auto quando serviva, sotto casa o in ufficio, e lasciarla dove si voleva, nell’area di copertura.
Il declino è già visibile: a Torino venerdì scorso erano disponibili solo 3 auto Enjoy, a Milano 24. Dal 18 dicembre Zity cesserà il servizio a Milano. Ogni vettura della flotta generava perdite superiori ai 400 euro al mese. In tutto il 2024, sono stati effettuati 4200 noleggi in sharing, contro i 5300 del 2019, in calo del 51% rispetto a cinque anni fa.
Enilive, proprietaria del servizio Enjoy, ha annunciato che dall’anno prossimo non sarà più possibile noleggiare un’auto. Dal 12 gennaio 2026 a Milano, Torino e Firenze, e dal 21 gennaio a Roma e Bologna, le macchine potranno essere prelevate e riconsegnate solo presso gli enjoy Point, aree all’interno delle stazioni di servizio Enilive, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie. Niente inizio e fine corsa in strada, non si potrà più accedere alle Ztl e sui parcheggi a strisce blu bisognerà pagare il ticket come tutti.
L’annuncio di enjoy è la goccia che fa traboccare il vaso. Da servizio di mobilità urbana a noleggio a breve termine con stazioni fisse è l’ammissione che il modello originario non funziona più. I dati dell’Osservatorio Nazionale di Sharing Mobility certificano il crollo: dopo la pandemia il mercato si è contratto del 51% dal 2019 al 2024. Per Enjoy i noleggi sono diminuiti del 55% tra 2019 e 2024. Da gennaio a novembre 2025 i noleggi a minuto si sono ridotti del 63%.
«La flotta, nell’ultimo periodo, è stata in parte sottoposta a interventi di manutenzione a seguito di un significativo incremento di sinistri e atti vandalici», spiegano da Enjoy. Il problema dei danni è al centro della crisi. Lo spiega anche Alberto Valecchi, presidente di Confindustria Aniasa, l’associazione che rappresenta l’industria di settore: «I mezzi venivano cannibalizzate. Furti di auto, furti parziali nelle vetture erano all’ordine del giorno, così come le vandalizzazioni. L’utilizzo di una macchina per pochi minuti, per un’ora, fa sì che si tenda a non utilizzare il veicolo come fosse proprio».
Questo ha moltiplicato i costi di manutenzione. «Una macchina danneggiata con un furto di gomme, un furto di batteria o incidentata comporta il fermo macchina anche di una settimana, due settimane, un mese», spiega Valecchi. E il valore dei veicoli è aumentato rispetto a dieci anni fa, rendendo ogni danno più oneroso da riparare.
Secondo l’associazione di categoria, a segnare la fine del car sharing però sono state anche le scelte dei sindaci. «Soprattutto il Comune di Milano ha orientato l’attenzione non sulle macchine endotermiche, ma solo su veicoli elettrici – racconta Valecchi – ma questo comporta tutta un’altra gestione e operatività con costi eccessivi». Un’auto a benzina può essere rifornita ovunque in pochi minuti. Un’auto elettrica scarica deve essere portata a una colonnina, aspettare la ricarica, gestire la disponibilità limitata dei punti di ricarica in città. «Se pensiamo che una macchina per essere caricata nell’arco di una giornata, visto che i chilometri percorribili sono 100-150 in autonomia, questo comporta che ci deve essere sempre un’attenzione particolare sulla gestione della flotta per rendere un veicolo sempre fruibile».
Il car sharing poi è stato determinante per servire le periferie. Un vantaggio che però ha avuto un peso sulle aziende. «I comuni hanno inteso che il car sharing dovesse essere un sostituto del trasporto pubblico locale – dice Valecchi -. Chiedevano di andare a operare in aree dove oggettivamente non era possibile, perché se si sposta una macchina in un’area lontana, soprattutto in una città grande come Roma, questo comporta un dispendio di flotta su tutto il territorio. Nelle zone centrali dove sarebbe maggiormente utilizzabile non veniva offerto il servizio».
Il crollo è avvenuto in modo sempre più accelerato dopo la pandemia: nel 2019 sono stati effettuati 11.710 noleggi, più del doppio del 2024. Davanti a questo calo le associazioni lamentano di essere state abbandonate. «Nel momento in cui chiedevamo anche dei contributi, soprattutto nel periodo post pandemia, e una diversa attenzione rispetto all’operatività, i comuni non è che ci abbiano ascoltato più di tanto». L’associazione da anni vorrebbe un’aliquota Iva agevolata al 10%, come per il trasporto pubblico locale, invece del 22% attuale. «Se pago un trasporto pubblico locale al 10%, non capisco perché il car sharing debba pagare al 22% – dice il presidente di Aniasa -. Sarebbe veramente una boccata d’ossigeno per le aziende».
Nel frattempo la concorrenza è arrivata da altre forme di mobilità. Tra il 2020 e il 2024 il bike sharing è cresciuto del 78% e i monopattini del 250%. «La mobilità urbana in sharing è in continua evoluzione e l’utilizzo – spiega Eni – si è spostato progressivamente verso periodi di noleggio più lunghi, da uno o più giorni, soprattutto per viaggiare fuori città o in zone non servite da altre soluzioni di mobilità». Da gennaio il noleggio a breve termine con stazioni fisse, il requiem del car sharing come lo conosciamo. Il modello che aveva promesso di rivoluzionare la mobilità urbana è finito