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 2025  dicembre 07 Domenica calendario

Che irriverente «The Book of Mormon»

Con la replica di domenica scorsa, 30 novembre, all’Eugene O’Neill Theatre, The Book of Mormon, spettacolo vincitore di nove Tony Award, ha raggiunto la sua 5.447ª rappresentazione, superando Rent e diventando il decimo musical più longevo nella storia di Broadway. Una sfida vinta per Trey Parker e Matt Stone – le geniali menti di South Park, la serie tv animata nota per l’umorismo politicamente scorretto e l’abrasiva satira sociale e di attualità —, co-creatori, con il musicista e compositore Robert López (primo e unico vincitore di un doppio Egot, ovvero i premi più importanti del mondo dello spettacolo Usa; Emmy, Grammy, Oscar, Tony) di The Book of Mormon. La commedia musicale arriverà in versione originale per la prima volta a Milano (10-21 dicembre, Teatro Arcimboldi) presentata da Show Bees, agenzia milanese di spettacolo specializzata nel settore delle arti e dell’intrattenimento dal vivo.
Il musical racconta la storia di Kevin Price e Arnold Cunningham, due giovani missionari di Salt Lake City, Utah, inviati in un remoto villaggio dell’Uganda per convertire gli abitanti al mormonismo. Scopriranno che l’Africa non è quella del Re Leone Disney, e che la gente del posto più che alla religione è interessata a problemi come l’Aids, la carestia, le mutilazioni genitali femminili, l’oppressione di un signore della guerra locale – il Generale Butt-Fucking Naked, ispirato al vero Joshua Milton Blahyi, meglio conosciuto con il nome di guerra di General Butt Naked, uno dei più brutali durante la guerra civile in Liberia, mai condannato per i suoi crimini, che oggi recita sermoni e va a trovare le sue vittime per chiedere perdono.
Benché esilarante e irriverente, pochi avrebbero scommesso che una trama simile potesse trasformarsi in un enorme successo. Eppure, a soli nove mesi dal debutto a Broadway (il 24 marzo 2011), The Book of Mormon ha recuperato i suoi circa 11,4 milioni di dollari di budget, nella cornice di una stagione teatrale che ha visto un numero insolitamente elevato di musical originali in cartellone, tra cui Sister Act e Priscilla, la regina del deserto. Segno che non è necessario conoscere alla lettera i precetti della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni per capire lo spettacolo. «Pensavamo semplicemente di portare un musical a Broadway – dichiarò in una delle sue prime interviste Trey Parker —. Non immaginavamo che sarebbe andata così. Avevamo fiducia, sì, ma la risposta del pubblico è andata oltre le nostre aspettative».
Per molti versi, The Book of Mormon ha un evidente legame con South Park. Quanti sono i musical rivolti al grande pubblico che scherzano apertamente su cannibalismo, stupro, Aids, infibulazione? Al netto di questi temi, lo show di Parker e Stone è una storia di formazione e di amicizia, che rende omaggio ai grandi classici del musical – il che non sorprende: Parker è un appassionato del genere fin dall’infanzia. Una passione che ha poi trasmesso a Stone. Sull’amicizia dei due giovani missionari si regge lo spettacolo: Price – brillante, ambizioso e tutto di un pezzo – e Cunningham – stralunato, eccentrico, bugiardo compulsivo – vengono affiancati e imparano a cavarsela. Insieme.
La sorpresa più grande al debutto del musical è stata che, a dispetto della sfrontatezza con cui il tema della religione è trattato, non ha praticamente provocato nessuna protesta. Nessun picchetto, nessuna interruzione in sala, nessuna replica cancellata per «motivi di sensibilità». «Io e Trey lo avevamo previsto», ha raccontato Stone. Il perché lo ha spiegato Parker: «L’opininione generale era che, quando si prende in giro una religione globale, qualcuno, da qualche parte, avrebbe potuto arrabbiarsi. Ma noi conosciamo i mormoni. Sono persone gentili e intelligenti. Certo – ha aggiunto – non pensavamo che sarebbero arrivati al punto di mettere annunci pubblicitari nel nostro programma di sala...», riferendosi alla mossa della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli ultimi Giorni: usare il foglio dello spettacolo per indirizzare gli spettatori al vero Libro di Mormon («Un libro di sacre Scritture – si legge nell’introduzione al volume – paragonabile alla Bibbia. È una storia dei rapporti tra Dio e antichi abitanti delle Americhe e contiene la purezza del Vangelo eterno»). La battuta di Stone: «Dovrebbero nominarci mormoni onorari». Niente in confronto alle aspre critiche da parte di molti studiosi, specialmente nel mondo cattolico, e ai picchetti davanti ai cinema, dopo l’uscita del film Il codice da Vinci.
La comicità irriverente – talvolta persino scurrile —, le battute politicamente scorrette non hanno mancato di suscitare polemiche. I due anarchici della cultura pop sono stati accusati di «insidioso colonialismo culturale»; di avere instillato nella commedia «un’atmosfera solare e ingenuamente felice, alla Rodgers e Hammerstein (autori di Tutti insieme appassionatamente e Il re ed io, ndr) giustapposta, ovviamente, a parolacce e riferimenti a malattie, guerre, carestie»; di avere rappresentato il continente africano come «un inferno arretrato, pieno di signori della guerra»; di essere «razzisti».
Ma sulla provocazione Parker e Stone hanno costruito un mestiere: dunque di che stupirsi? «Star Wars – sostengono – ha fatto per la mitologia quasi quanto molte religioni». E in più occasioni hanno chiarito di non avere avuto «nessuna cattiva intenzione» nello scrivere il musical. Solo un perverso, spietato umorismo: «Mandiamo due ragazzi mormoni in un posto dove nessuna lezione che hanno imparato crescendo a Provo, nello Utah, serve a qualcosa».