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 2025  dicembre 08 Lunedì calendario

L’ex cappellano di San Vittore e il discorso sui suicidi in cella. Il Dap lo denuncia, il gip archivia

L’Amministrazione penitenziaria (Dap) ha denunciato l’anno scorso l’allora cappellano del carcere di San Vittore per «rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio» nel discorso sui suicidi in cella pronunciato dal prete il 14 giugno 2024 durante la Maratona Oratoria sull’emergenza delle carceri indetta dagli avvocati dell’Unione Camere Penali Italiane sullo scalone del Palazzo di Giustizia di Milano, e poi pubblicato sul quotidiano Avvenire.
La singolare iniziativa emerge adesso dall’archiviazione che la gip Angela Minerva ha disposto per il 52enne Roberto Mozzi, condividendo la richiesta della Procura sul fatto che «non emergano gli estremi dell’articolo 326 c.p. ipotizzato dal Provveditore regionale della Lombardia» Maria Milano «nella trasmissione alla Procura, quale notizia di reato, di quanto rappresentato il 20 giugno 2024 al Provveditore e al Presidente del Tribunale di Sorveglianza dal direttore del carcere di San Vittore, Giacinto Siciliano», oggi alla guida delle carceri di Lazio, Abruzzo e Molise.
Alla Procura «veniva denunciato che l’indagato» cappellano (da 10 anni) «avesse “elencato i suicidi di 12 detenuti in due anni, indicandone i nomi, le modalità e le probabili cause, sulla base della conoscenza di dati ed informazioni acquisiti in ragione del suo ufficio presso il carcere”», per il Dap con «significative imprecisioni forse riconducibili ad una visione parziale».
Ma cosa aveva detto di così «segreto»? Ad esempio: «Giacomo, 21 anni, muore a causa del gas che ha inalato: perché continuava ad avere a disposizione la bombola del gas dopo due tentativi di suicidio, e dopo che appena sei giorni prima il suo amico con cui divideva la cella si era tolto la vita?». E giù una serie di domande alle volte retoriche, spesso provocatorie, sempre polemiche. Sino al finale: «Perché si preferisce lasciare tutto come sta? La speranza è l’ultima a morire. Ma mentre noi speriamo, a San Vittore la morte continua a fare il suo lavoro».
Logico che l’Amministrazione penitenziaria dissentisse da questa analisi del cappellano con cui già aveva avuto frizioni, comprensibile che la ritenesse ingenerosa, e immaginabile che magari giungesse a viverla persino come diffamatoria, ma dove sarebbe stata la rivelazione di segreto? «La legittima denuncia e (nei limiti del possibile) l’analisi dell’allarmante fenomeno dei frequenti suicidi in carcere non integrano gli estremi del prospettato delitto di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio – constata l’archiviazione chiesta dal pm – per il semplice motivo che non hanno ad oggetto notizie che «debbano rimanere segrete» (non è chiarito in denuncia, peraltro, a quale titolo e in virtù di quale specifica norma), ma vicende e criticità ricostruite in modo relativamente generico, per lo più risalenti nel tempo, largamente riportate dagli organi di stampa.
Né poi tali notizie risultano essere state divulgate «violando i doveri inerenti alla funzione o al servizio» pubblico svolto dal cappellano, ma, vien da dire, nel legittimo esercizio di questo servizio». Nel frattempo il prete, che indipendentemente e da tempo stava maturando una rivisitazione della propria vocazione, ha lasciato il sacerdozio e fa l’insegnante in una scuola di una città lombarda.