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 2025  dicembre 07 Domenica calendario

Opere, senza clausola caro materiali a rischio 13mila cantieri da 91 miliardi

Sono 12.917 i cantieri in Italia che, senza un meccanismo di compensazione dei prezzi, rischiano di fermarsi o comunque di rallentare. Un valore complessivo di quasi 91 miliardi, incluse 4.367 opere del Pnrr per oltre 36 miliardi, tutti quanti esposti all’incertezza dei costi. Dentro ci sono interventi strategici come il Terzo valico, l’Alta velocità Napoli-Bari, la Fondovalle Sangro in Abruzzo. Tutti avviati, secondo una rilevazione dell’Ance, sulla base di offerte presentate prima del 30 giugno 2023, quando è entrato in vigore il Codice appalti che ha introdotto l’adeguamento dei prezzi. Per questi cantieri si è andati avanti a colpi di provvedimenti, con un meccanismo di ristori piuttosto farraginoso e comunque anche questo prorogato di anno in anno. Oggi si rigioca la stessa partita in Parlamento, con un emendamento superesegnalato a prima firma della senatrice della Lega Tilde Minasi fortemente voluto dal ministro Salvini. È qui che si destinano 2,15 miliardi per coprire il pregresso e si introduce una mini-riforma per stabilizzare il meccanismo nel prossimo futuro. «Inizieremo a discuterne la prossima settimana – ha detto Minasi – ma questo emendamento deve passare, altrimenti le imprese non riusciranno a fare fronte agli impegni. Lo approveremo».
È quel che auspica la presidente di Ance Federica Brancaccio: «Ci auguriamo che la soluzione individuata nell’emendamento Minasi alla Legge di bilancio trovi piena approvazione – ha commentato -. In questi mesi il nostro dialogo con Governo e Parlamento sul tema è stato costante e sappiamo che c’è consapevolezza che senza copertura degli extra costi rischiamo che i cantieri, a cominciare da quelli Pnrr, si rallentino o, peggio ancora, si fermino proprio quando invece dovrebbero accelerare. Se si bloccano le opere difficilmente il Paese sarà in grado di raggiungere gli obiettivi di crescita prefissati».
La mappa dell’Ance
E in effetti la mappa ricostruita da Ance mostra l’ampiezza del fenomeno, che non conosce divari territoriali e che restituisce la fotografia di una parte dell’Italia delle infrastrutture, con un settore che macina lavori e produce ricchezza. Lombardia e Sicilia si contendono il vertice della classifica, la prima per numero di cantieri (1.509 per 11,1 miliardi), la seconda per valore degli appalti (14,3 miliardi di importi esposti su 754 cantieri). Non è un caso che qualche giorno fa la territoriale lombarda di Ance abbia lanciato l’allarme: senza risorse adeguate «diventerà impossibile garantire la continuità dei lavori», ha detto il presidente John Bertazzi.
I cantieri senza copertura sono 1.060 nel Lazio per 5,7 miliardi, 1.052 in Campania per 8,5 miliardi. In Veneto 8,7 miliardi sono distribuiti su 935 cantieri, l’Emilia-Romagna ne conta 856 per un valore di quasi 5 miliardi. Il 43% del valore complessivo è al Nord, il 38% al Sud. Una distribuzione che segnala la portata del problema e la fragilità di un sistema che, senza ristori, rischia di non reggere. Lo stesso vale anche sul fronte del Pnrr, con 4.637 cantieri a rischio per un totale di 36,4 miliardi. Ed è qui, nell’era del Pnrr, che il Paese ha assistito al boom dell’avvio di lavori. Nel biennio 2022-2023 sono stati aperti 11.550 cantieri, un numero che parla da solo: spacchettando il dato, il record si è registrato nel secondo trimestre 2023 con l’avvio di 4.591 opere pari a più di 16 miliardi di euro. Ma è nel quarto trimestre del 2022 che gli appalti hanno raggiunto il picco di ricchezza con un valore che ha superato i 23 miliardi.
È questa massa di opere, concentrate nel periodo immediatamente precedente all’entrata in vigore del nuovo Codice degli appalti che oggi sconta un fabbisogno di compensazioni, come segnalano i costruttori che da tempo denunciano extra-costi fino al 30% in più rispetto al bando originario. L’emendamento depositato in manovra e sostenuto dalla Lega e dal ministro Salvini prova a chiudere questa falla. E a riscrivere per intero tutto il meccanismo delle compensazioni. Con un occhio al futuro e uno al passato. Al passato per chiudere la stagione delle proroghe al decreto Aiuti che ha erogato 1,2 miliardi nel 2022, 1,9 miliardi nel 2023 e che ora sta ancora chiudendo i conti con il 2024: sono quasi completate le erogazioni del terzo trimestre pari a 440,6 milioni e ancora da ripartire la quarta finestra che vale oltre un miliardo e i primi 5 mesi del 2025 per 711 milioni. La stima di quest’anno si aggira intorno a 1,6 miliardi di ristori. Ed è qui che dovrà interventire l’emendamento Minasi: dopo una prima cancellazione dovuta alle mancate coperture, torna in partita il comma che destina 2,15 miliardi ai ristori fino a tutto il 2025. Per questo capitolo l’emendamento stanzia 500 milioni a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica e di 1,650 miliardi sul Fondo per le opere indifferibili.
La mini-riforma dei ristori chiude così la stagione delle proroghe, mandando in soffitta il sistema dei rimborsi con la ricerca affannosa delle coperture che fino all’ultimo tenevano in sospeso un intero settore. È l’era di una revisione prezzi permanente e automatica: dal 1° gennaio 2026 e fino alla conclusione dei lavori, tutti i contratti di opere pubbliche – compresi quelli affidati ai contraenti generali – relativi a gare pubblicate entro il 30 giugno 2023 potranno adeguare i corrispettivi senza passare per la logica dei prezzari straordinari. L’aggiornamento non sarà più legato agli scostamenti eccezionali dei materiali, ma applicato direttamente agli stati di avanzamento sulla base dei prezzari aggiornati ogni anno. La quota di adeguamento seguirà un doppio binario: il 90% per gli affidamenti basati su offerte presentate fino al 31 dicembre 2021, l’80% per quelle formulate tra il 1° gennaio 2022 e il 30 giugno 2023.
Per quanto riguarda le risorse, si interverrà sull’esistente giocando sulle rimodulazioni delle varie opere anche a costo di non avviare altre nuove opere e dirottare i fondi su quelle in corso. In ogni caso le stazioni appaltanti potranno far fronte agli adeguamenti utilizzando le risorse accantonate per imprevisti, le somme derivanti dai ribassi d’asta o somme che derivano da altri interventi già collaudati. L’emendamento costruisce poi una cornice destinata a regolare i prezzi nel medio periodo. Il perno è l’istituzione del prezzario nazionale, aggiornato annualmente dal Mit di concerto con il Mef. Uno strumento unico, pensato per ridurre le oscillazioni fra i diversi prezzari regionali e garantire un riferimento omogeneo ai progettisti e alle stazioni appaltanti. Il nuovo prezzario fungerà da livello base, cui i prezzari territoriali e speciali dovranno allinearsi, evitando scarti ingiustificati. A presidio del sistema nasce l’Osservatorio sperimentale per il monitoraggio dei prezzi delle opere pubbliche. L’obiettivo è duplice: evitare che i cantieri già avviati vadano in sofferenza e impedire che il problema si ripresenti nei prossimi anni. Ma adesso la partita più delicata si gioca in manovra e la palla passa al Parlamento.