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 2025  dicembre 07 Domenica calendario

La vittima di Almasri all’Aja: “L’Italia è colpevole, va punita”

Non sono solo parole, sono macigni che piovono sul governo italiano e sull’ambasciatore che deve ascoltarle: “Sto parlando come vittima di Almasri, vorrei affrontare il crimine di non cooperazione commesso dall’Italia”, ha esordito David Yambio all’Assemblea degli Stati membri della Corte penale internazionale (Cpi). E poi: “Nei discorsi accuratamente preparati che ho ascoltato qui, compresa la giustificazione del rappresentante dell’Italia, avete parlato di responsabilità, delle sofferenze che persone come me e molte altre vittime devono subire. Ma non avete riconosciuto – ha detto ancora Yambio – che le nostre vite dipendono dalle decisioni che prendete. Le denunce di non cooperazione contro l’Italia non sono state affrontate in modo adeguato”. E giù i nomi di Giorgia Meloni, Matteo Piantedosi, Carlo Nordio e Alfredo Mantovano, responsabili del rimpatrio dell’ufficiale libico ricercato dalla Cpi. L’intervento si può ascoltare anche su Instagram.
La storia è nota e conosciamo anche Yambio, 28 anni, rifugiato sud sudanese in Italia, vittima di torture, protagonista della rivolta dei migranti in Libia tra il 2021 e il 2022, poi fondatore del collettivo Refugees in Libya. Nuovo però è il contesto in cui l’hanno chiamato a parlare all’Aja, nello spazio riservato alle Ong, all’Assemblea degli Stati aderenti alla Cpi. Si svolge ogni anno su aspetti finanziari e organizzativi, ma stavolta c’era anche una sessione sulla “non cooperazione”. Una discussione generale, in teoria. È stata però Cristina Orsini, a nome di Lawyers for Justice in Libya, a ricordare i vari casi recenti: Mongolia e Tagikistan non hanno arrestato Vladimir Putin; l’Ungheria di Viktor Orbán ha accolto con tutti gli onori Benjamin Netanyhau e Germania, Francia e Polonia hanno annunciato che non eseguiranno il mandato d’arresto a carico del primo ministro israeliano; ma anche la vicenda di Osama Almasri Najeem, arrestato in Italia nel gennaio scorso e riportato a Tripoli dal governo. L’ambasciatore italiano all’Aja, Augusto Massari, giunto peraltro nei Paesi Bassi dopo il caso Almasri, era piuttosto stizzito: “Non è possibile aprire una discussione sulla presunta mancata cooperazione del mio Paese in assenza di un formale deferimento”, ha detto all’Assemblea. È vero che la Corte ha rilevato la mancata cooperazione dell’Italia, ma non ha ancora deciso se mandarla davanti all’Assemblea generale o al Consiglio di sicurezza dell’Onu, dove rischia una censura che sarebbe pesante per il Paese che ospitò la firma dello Statuto della Corte, detto appunto “di Roma” e in vigore dal 2002. Potrebbe anche finire qui, con un impegno italiano a rivedere regole e procedure utilizzate per vanificare il mandato d’arresto. Massari ha fatto il suo mestiere, ha sostenuto che l’Italia ha fornito “risposte puntuali” alle contestazioni. A Yambio ovviamente non sono piaciute e del resto erano piuttosto contraddittorie, a volte pirotecniche se pensiamo alla richiesta di estradizione libica pervenuta quando la Digos di Torino aveva già arrestato Almasri. Il quale però, ha reso noto ieri il procuratore libico, resta in carcere nel suo Paese in attesa di processo. Si vedrà.
Yambio ha mostrato anche grande soddisfazione per aver visto lo stesso giorno alla sbarra, davanti ai giudici della Cpi, Khaled Mohamed Ali El Hishri, nome di battaglia Al Buti, ritenuto il braccio destro di Almasri e consegnato il 1° dicembre dal governo tedesco. È anche lui accusato, nell’ambito della stessa indagine, di torture, abusi, sevizie ed altri reati commessi nella prigione libica di Mitiga. Al Buti era stato arrestato in Germania a luglio scorso e Berlino, dice Yambio, “ha ottemperato”.
Non è una piccola cosa, come rilevato anche da Questione Giustizia, la rivista di Magistratura democratica. Italia e Germania si sono comportate diversamente in un momento drammatico per la Cpi e più in generale per le giurisdizioni internazionali. I vertici della Procura e i giudici che hanno emesso il provvedimento contro Netanyahu (che riguardava anche l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant e i capi di Hamas Yahya Sinwar e Mohammed Dief, in seguito uccisi dalle forze israeliane) fanno i conti con le severe sanzioni dell’amministrazione statunitense di Donald Trump: tra queste anche il divieto di avere rapporti con società Usa, quindi non possono utilizzare carte di credito, né Amazon, Paypall, Spotify o Airbnb. C’è la preoccupazione che le sanzioni colpiscano anche la Cpi come istituzione, che in quel caso avrebbe gravi problemi di funzionamento. L’Ue è stata chiamata a reagire da giuristi delle maggiori università del continente. E i singoli Paesi devono schierarsi. Un bel problema per il governo italiano, nel quale Meloni e Salvini fanno a gara a chi è più trumpiano. L’ambasciatore Massari ha ribadito il “sostegno” dell’Italia alla Corte. Come stanno davvero le cose, però, non dipende da lui. Ce lo farà sapere Meloni alla prossima occasione. La prima volta è andata come sappiamo.