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 2025  dicembre 06 Sabato calendario

L’Armata rotta

Quando i militari ucraini avevano raccontato di aver avvistato sul fronte del Donbas degli africani che combattevano dalla parte dei russi, a molti era suonata quasi come una leggenda, o una fake news. Oggi, nelle trincee russe si incontra un’internazionale globale di mercenari, scaraventati in prima linea, spesso contro la loro volontà, da una rete internazionale di reclutatori. A volte anche molto altolocati: qualche giorno fa, l’accusa di aver spedito con l’inganno al fronte 17 suoi connazionali (alcuni dei quali parenti) è costata il seggio parlamentare a Duduzile Zuma-Sambudia, la figlia dell’ex presidente sudafricano. Conduttrice radiofonica e sostenitrice entusiasta di Vladimir Putin, avrebbe «adescato persone con il pretesto di lucrosi contratti di lavoro»: ai sudafricani, molti dei quali disoccupati, venivano offerti viaggi in Russia, dove avrebbero imparato tecniche militari e di autodifesa, per poi lavorare in patria come guardie del corpo. Una volta sbarcati dall’aereo, gli uomini venivano portati nella zona di Donetsk, dove dovevano firmare un contratto in russo di cui non comprendevano il contenuto. Alcuni di loro hanno raccontato che è stata proprio la parlamentare sudafricana a convincerli a mettere la loro firma. Chi ha accettato, si è ritrovato sotto il fuoco dei droni ucraini, «minacciato e trattato come uno schiavo», ha detto la sorella di uno dei reclutati alla Bbc.
Difficile capire i vantaggi di reclutare, per di più con l’inganno, stranieri senza esperienza militare, che non conoscono il russo e non hanno probabilmente nemmeno un’idea chiara di dove si trovi l’Ucraina. Perfino militari professionisti della Corea del Nord, chiamati dal Cremlino in soccorso per respingere le incursioni ucraine nella regione di Kursk, hanno subìto perdite pesantissime, con almeno 3 mila tra morti e feriti gravi, su una forza di circa 12 mila uomini. Eppure, in alcuni Paesi dell’Asia, dell’Africa e del Sudamerica, i mercenari reclutati dai russi sono diventati un problema, al punto che il parlamento della Colombia ieri ha aperto un dibattito sulla proposta di legge che proibisce il coinvolgimento dei cittadini in missioni militari all’estero. Oltre ai soldati di ventura dalla Repubblica Centroafricana, legata a Mosca anche grazie alla presenza del gruppo Wagner, l’esercito privato di Evgeny Prigozhin, nel Donbas sono stati avvistati militari dallo Sri Lanka e da Cuba. Il contributo dell’Avana viene stimato dal Dipartimento di Stato in qualche migliaio di uomini. Il Kenya, invece, fornisce almeno un centinaio di reclute al mese, sostiene l’analista militare ucraino Oleksandr Kovalenko: i giovani vengono attratti dalla promessa di paghe di migliaia di euro, impensabili in patria, spesso senza venire informati sul fatto che verranno inviati in guerra.
Offerte che oltretutto non riguardano solo i maschi: in Sudafrica circolano videoclip e volantini che invitano «donne di 18-22 anni, con licenza media e senza malattie croniche» ad andare a lavorare ad Alabuga, nella «fabbrica della morte» che sforna i droni Shahed lanciati poi a centinaia contro le città ucraine. La campagna di reclutamento di operaie si svolge sotto l’insegna di organizzazioni che vantano nel logo qualche riferimento ai Brics – in Sudafrica era la “associazione dei giornalisti dei Paesi Brics”, in Kenya la “Commissione degli studenti dei Brics” – ma che di solito sono invece legate direttamente alla Russia. La rete di reclutamento è attiva nel Bangladesh, in Ruanda, nel Sud Sudan e in Nigeria, e le ragazze attirate da promesse di grandi carriere si ritrovano ad assemblare droni in ambienti pieni di agenti tossici, per di più con il rischio di rimanere sotto le macerie della fabbrica: Alabuga è uno dei bersagli maggiormente presi di mira dagli attacchi ucraini.
L’economia russa è ormai una gigantesca macchina da guerra, e The Politico racconta di una immensa rete di reclutatori che si arricchiscono fornendo al fronte almeno 30 uomini al mese. Le strade russe sono piene di manifesti che promettono decine di migliaia di rubli a chi si arruola in Ucraina, con una base di circa 5 mila euro promessa da Putin, e il resto a carico delle regioni russe che, fino a qualche mese fa, avevano fatto a gara a chi inviava in Donbas più uomini, spendendo per il reclutamento più che per la sanità o la scuola. Ma perfino regioni relativamente ricche come il Bashkortostan – uno dei principali contributori di soldati – hanno dimezzato dal 1 dicembre i pagamenti, dopo aver praticato un altro taglio già a luglio, portando i premi da 15 a 5 mila euro circa.
Somme che possono comunque cambiare la vita a molti abitanti della provincia russa, incluse le «vedove nere», donne senza scrupoli che sposano con l’inganno uomini soli e/o disagiati – alcolizzati, disoccupati, appena usciti di prigione oppure banalmente indebitati – per poi spingerli a firmare un contratto con l’esercito e incassare il premio per la loro morte in trincea. Alcuni blogger militaristi hanno pubblicato di recente dei filmati da un centro reclutamento, pieno di personaggi che fanno chiaramente fatica a capire dove si trovano, ma che gli ufficiali arruolano comunque, per raggiungere i numeri richiesti da Mosca, incuranti del fatto che quasi sicuramente non sopravviveranno per più di qualche giorno. Per le «vedove nere», valgono però più da morti che da vivi, e sono ormai decine i casi di famiglie che vedono il bonus per l’uccisione del soldato sparire assieme a una donna che nessuno di loro aveva mai conosciuto. Ieri il deputato Leonid Slutsky ha proposto di punire le truffatrici con 10 anni di carcere, mentre altri membri della Duma vorrebbero istituire come condizione per ricevere il risarcimento un certificato di matrimonio risalente ad almeno un anno prima».