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 2025  dicembre 06 Sabato calendario

Il Consiglio di Stato annulla il golden power su Cedacri: «Intervento non giustificato»

Il governo, per tutelare l’interesse nazionale in settori strategici, non può usare in maniera estensiva i riconosciutigli poteri speciali del golden power, che incidono su una libertà costituzionalmente tutelata quale l’iniziativa economica privata, perché una interpretazione estensiva dei presupposti dei poteri speciali determinerebbe «il rischio, in potenziale contrasto con la disciplina europea della concorrenza, di riorientarli in funzione dell’attuazione di politiche economiche o industriali, o come strumento dirigistico di alterazione dei fisiologici meccanismi di funzionamento del mercato». Ieri una decisione del Consiglio di Stato suona per il caso specifico di una società cruciale nella fornitura di servizi informatici per banche e assicurazioni (Cedacri spa, acquisita nel 2021 dalla conglomerata lussemburghese Ion dell’imprenditore Andrea Pignataro in una operazione da 1,5 miliardi di euro), ma rintocca più in generale per l’approccio futuro del governo al golden power. Il Consiglio di Stato, infatti, ha annullato il decreto della Presidenza del Consiglio che nel luglio 2023 impose prescrizioni a Cedacri dopo che il secondo uomo più ricco d’Italia ne aveva dato in pegno le azioni a garanzia di un prestito obbligazionario di 275 milioni.
Il governo, in ciò confortato poi dal Tar del Lazio che aveva respinto il ricorso di Pignataro, sosteneva che già la sola possibilità di una futura alterazione della proprietà (attraverso l’eventuale escussione del pegno in caso di default) fosse sufficiente presupposto del golden power. Ieri, invece, ribaltando la decisione del Tar su ricorso degli avvocati Giulio Napolitano e Alfredo Vitale, il Consiglio di Stato adotta un’interpretazione più restrittiva. Che ha un aspetto specifico contingente, ma soprattutto una portata più generale. Nello specifico, infatti, la sentenza valorizza che l’accordo sul pegno di Cedacri fosse stato strutturato in modo da espressamente escludere qualsiasi trasferimento di diritti di voto, amministrativi o economici ai creditori pignoratizi fino al verificarsi di un inadempimento: sicché la sola esistenza di un pegno (privo d’effetti immediati sulla governance aziendale) non poteva essere equiparata a una modifica degli asset strategici, rischio che avrebbe giustificato l’esercizio governativo del golden power a tutela della sicurezza nazionale. Ma più in generale i giudici della IV sezione (presidente Vincenzo Lopilato, estensore Luigi Furno) delineano il quadro regolatorio italiano e europeo per additare appunto che i poteri governativi di controllo sugli asset strategici non possono essere strumenti di controllo generalizzato sulle operazioni delle imprese, nè essere attivati sulla base di scenari ipotetici.