Corriere della Sera, 6 dicembre 2025
Meloni: l’Europa si difenda da sola. Sugli aiuti a Kiev la linea non cambia
Non la giornata più semplice possibile, ammesso che ce ne siano, quella in cui Giorgia Meloni si trova a dover rispondere alla raffica di domande che Enrico Mentana le rivolge durante il Tg di La7. Il giorno in cui la Casa Bianca diffonde la «nuova strategia di sicurezza interna» che contiene critiche severissime nei confronti dell’Europa.
«Non parlerei di un rapporto che si incrina – smussa Meloni, che vuole tenersi equidistante —. L’Europa deve capire che se vuole essere grande deve essere capace di difendersi da sola. Io ce l’ho chiaro da molto prima che me lo dicessero gli Usa».
Getta acqua sul fuoco, Meloni, anche riguardo alla strategia italiana sulla guerra in Ucraina, nonostante gli scossoni nella maggioranza. «Siamo tutti filoitaliani – replica alla domanda sulle posizioni filorusse della Lega – c’è un dibattito tra italiani che si interrogano su come meglio si difenda l’interesse nazionale. E come si difende? Tanti italiani pensano che quel che accade in Ucraina non ci riguardi. Io penso che rischiamo di pagare un prezzo molto alto». Ma l’esito del dibattito sembra scritto: «Ascolto sempre quello che dicono i miei alleati, ma la pace non si costruisce con le buone intenzioni». La posizione resta la stessa anche sulla «fragile tregua, occasione da non perdere» a Gaza, senza «timidezze» verso Israele: «Non ha il diritto di impedire la nascita dello stato di Palestina, l’abbiamo detto».
L’intervista alla presidente del Consiglio va in onda 24 ore dopo quella a Elly Schlein, nella stessa collocazione. Meloni fa mostra di sicurezza, ribadisce di non avere difficoltà a confrontarsi con il leader dell’opposizione, «quando mi diranno chi è», o con i giornalisti: «È un falso storico che non risponda alle domande», dice. Difende la Manovra «tutta concentrata sui salari», il premierato «mai messo in un cassetto», la riforma della Giustizia. In chiusura, dopo 20 minuti filati, alleggerisce rivolgendosi ironicamente a Lilli Gruber – spesso critica nei confronti della premier per gli inviti reiterati e mai accolti – e al suo Otto e mezzo, che segue in palinsesto: «Vado ad ascoltare il commento all’intervista».
Inevitabilmente si parte dalla politica estera. «Il documento strategico di Trump – replica Meloni alla domanda sull’incrinarsi dei rapporti tra le due sponde dell’Atlantico – al di là di alcuni giudizi sulla politica dell’Unione europea che condivido, riporta con toni assertivi un tema presente da tempo nel dibattito. Gli americani decidono oggi come difendere i loro interessi perché hanno la forza per farlo. Quanto l’Europa vuole difendere i suoi interessi? È un’occasione per noi. Ha un costo economico. Ma produce una libertà politica». Meloni rimanda all’ultimo vertice Nato e agli impegni assunti per la Difesa per confermare che la questione «era già oggetto di dibattito». Mantenere quegli impegni non comprometterà il mantenimento della spesa sociale per gli italiani: «Lo stiamo dimostrando confermando le priorità», dice riferendosi alla manovra.
Sul fronte interno, Meloni si spende per le due riforme costituzionali. «Mi auguro che al referendum gli elettori guardino al merito delle norme perché con la nostra riforma la giustizia può funzionare meglio». Sconsiglia di farsi guidare da ragioni politiche: «Tanto, tranquilli, noi restiamo al governo». Del premierato non esclude di chiudere l’iter entro la legislatura: «Dipendesse da me, vorrei il referendum prima del 2027, ma il Parlamento ha i suoi tempi». Nel merito ribadisce: «Non è una riforma che faccio per me. Il mio governo è già stabile».
Neppure il rapporto Istat sulla perdita del potere d’acquisto sembra turbare Meloni: «I salari crescono, la realtà è diversa dalle statistiche. Istat calcola il salario sul lordo, le nostre misure incidono sul netto». E se c’è qualcosa che la premier vorrebbe aver fatto meglio, non la dice: «Farei mille cose meglio, non sono mai contenta. Ma il vantaggio per chi arriva al governo come abbiamo fatto noi, è che non dobbiamo dire grazie a nessuno, se non ai cittadini».