La Stampa, 5 dicembre 2025
Gressani: "L’Italia non crede di potersi trovare in guerra ma rischia di essere travolta"
«Potremmo fare come il coniglio, che sta fermo e immobile in mezzo alla strada a guardare i fari dell’auto che si avvicina nella notte. Ma poi sappiamo tutti che fine fa il coniglio». Gilles Gressani, 34 anni, valdostano trapiantato in Francia, analista politico e direttore della assai influente rivista Grand Continent, usa una metafora efficace per immaginare i possibili scenari che può trovarsi di fronte l’Europa in quest’epoca in cui soffiano impetuosi i venti di guerra. A Saint-Vincent la rivista di Gressani ha organizzato con la Regione il «Sommet» internazionale che ha richiamato fior di analisti, esponenti della politica estera, economisti, produttori di armi e alla platea del Grand Hotel Billia, tra le altre cose, è stato presentato il sondaggio condotto in nove Paesi europei da Cluster 17 dal quale emerge che quasi la metà dei cittadini considera ormai Donald Trump «un nemico dell’Europa» e altrettanti o quasi considerano alto il rischio di una guerra con la Russia. L’indagine ha coinvolto oltre mille intervistati di Italia, Francia, Belgio, Polonia, Paesi Bassi, Spagna, Croazia, Portogallo e Germania. Ebbene, il 48% considera il presidente Usa un nemico assoluto, ma lo scenario è variegato: spiccano il 62% del Belgio e il 57% francese, ma anche il 19% della Polonia, mentre in Italia si registra il 43%. «In Europa – ha spiegato Jean-Yves Dormagen, fondatore dell’agenzia Cluster17 – il trumpismo è chiaramente considerato una forza ostile e questa percezione si sta consolidando».
Ma l’alleato americano resta fondamentale per molti e alla domanda su quale politica dovrebbe adottare l’Europa verso Trump, la risposta più ampia (48%) è quella del compromesso, che in Italia è considerato la miglior scelta da una fetta ancora maggiore, il 54%, mentre il 41% vorrebbe un’opposizione netta agli Usa.
A rendere ancora più cupo lo scenario è un’altra finestra dello stesso sondaggio, attraverso la quale emerge che il 51% degli intervistati considera alto il rischio di guerra con la Russia e per il 18% addirittura «molto alto». Le risposte variano a seconda della vicinanza con i confini di Putin: il 77% dei polacchi vive nella paura, in Italia il 34%. «Il quadro – ancora Dormagen – ritrae un’Europa ansiosa, profondamente consapevole delle proprie vulnerabilità e che fatica a proiettarsi positivamente nel futuro».
E a proposito di futuro, per Gressani quello del coniglio immobile è uno dei tre scenari plausibili: «Un’altra possibilità – spiega – è che, in questo momento di grandi cambiamenti, nella politica la domanda incontri l’offerta. Mi spiego: oggi cresce la domanda di sicurezza, di protezione e di armamenti, mentre la risposta politica è ancora incerta. Forse questi due elementi, domanda e risposta, potrebbero trovare un punto d’incontro. Ma serve tempo e non è detto che questo tempo l’Europa ce l’abbia». E poi c’è il terzo scenario: «Potrebbe esserci – conclude l’analista – un cambiamento radicale prodotto da dinamiche interne, ad esempio un uomo forte – spiega con particolare riferimento alla Francia -. Spetta poi a noi capire come faccia l’uomo forte a non diventare anche imperiale».
Intanto l’industria delle armi spinge sull’acceleratore: «Gli europei devono fidarsi di sé stessi – ha detto Eric Bérangier, ceo di Mbda, il più grande consorzio europeo di costruttori di missili -. Abbiamo tutto: competenze, persone, soldi. L’unica chance è restare uniti. La difesa va finanziata, bisogna capire come farlo e questo tocca ai politici. In Europa il nostro settore sta producendo asset cruciali e li sta spedendo in Ucraina, come Aster, il Patriot europeo. Cerchiamo di recuperare terreno dopo 30-40 anni di pace nei quali le produzioni erano al minimo. Ora dobbiamo accelerare e ampliare la capacità dei nostri prodotti. Mbda ha raddoppiato il numero dei missili consegnati».