repubblica.it, 5 dicembre 2025
Intervista a Gabriele Casella
“Una volta in un locale una signora mi guardò con stupore. ‘Ma sei uguale a Paul Newman, non capisco perché non fai l’attore’, mi disse. Pensai che fosse un po’ matta, poi però le persone che hanno notato la somiglianza sono aumentate…”. Paul Newman in uno dei suoi film più famosi, ‘Lassù qualcuno mi ama’, interpreta il pugile Rocky Graziano, indimenticabile campione del mondo dei pesi medi della boxe in bianco e nero. E fa il pugile anche il suo ‘sosia’, Gabriele Casella da Roma, alias The Magnificent, che sabato farà il suo debutto da professionista nel pugilato dopo una lunghissima esperienza negli sport da combattimento. Appuntamento al Palazzetto dello Sport di Viale Tiziano: nei massimi leggeri contro Morike Oulare, il guineano di Romagna (risiede a Bologna) in una riunione organizzata da Dalla De Carolis promotions e da Taf (The Art of Fighting).
Casella, non è che le sta venendo voglia di fare l’attore?
“Mi piacerebbe, lo ammetto. Oltre a Paul Newman i miei idoli sono Al Pacino e Marlon Brando”.
Il pubblico femminile la apprezzerebbe.
“Chi pensa che io sia un tombeur de femme si sbaglia. In realtà vivo da solo come richiede il mio percorso sportivo molto impegnativo. Semmai sono le figure femminili che affascinano me, le ritengo delle vere divinità. E poi sono sicuro di conoscere già la donna perfetta. Si chiama Vionna”.
Ci dica qualcosa in più.
“Tedesca con genitori bulgari, vive in Germania e studia per diventare dentista. Penso solo a lei. È stata capace di cambiarmi, ovviamente in meglio. Ci siamo conosciuti nel giorno in cui morì Papa Ratzinger. Ero andato con la moto da Roma in Sud Tirolo a fare il barman. Ho chiamato tutti gli alberghi proponendomi, nel primo che mi ha detto sì dopo alcuni rifiuti ho incontrato lei. Siamo stati a parlare 12 ore…”.
Quindi è la sua fidanzata?
“Domanda banale alla quale non rispondo. Dico solo che il frutto della maturità si raccoglie sono quando due persone sono pronte a farlo. La più bella rosa in terra non deve appassire per colpa della mia pesantezza. Però può scrivere che combatto per amore”.
Lei è anche molto impegnato nel sociale.
“Le cose per gli altri si fanno, non si dicono. Le cito però l’impegno nei periodi difficili del covid. Con Mannarino, cantante e mio amico, ci siamo adoperati per aiutare la gente del quartiere di San Basilio che era in difficoltà”.
Ma parliamo di pugilato. Lei è stato campione italiano dilettanti sei anni fa. Come mai ci ha messo così tanto a fare questo passo?
“Ho conquistato il mondiale nella muay thai e nella kickboxing, ma speravo da anni di tornare al pugilato. Da ragazzo facevo parte della generazione di Daniele Scardina e tanti altri. Finalmente quel giorno è arrivato”.
Tante discipline, si è dimenticato di dirmi delle Mma.
“Ho combattuto nelle Mma lo scorso 4 ottobre. Cinque giorni prima mi era arrivata la chiamata di Giovanni De Carolis per il match di domani, gli ho detto sì e ho ricercato il mio antico maestro di boxe D’Alessandri. Tanto sapevo che avrei vinto per ko in poche battute nel match di Mma sotto la guida di Lorenzo Borgomeo del Team Aurora, cosa che ho puntualmente fatto. Penso che De Carolis (ultimo italiano campione del mondo nella boxe, ora dt della Nazionale, ndr) sia l’immagine dello sportivo per eccellenza, misurato nella vittoria e nella sconfitta. Lui è Aristotele”.
Già, la filosofia. Per lei è una componente importante?
“Mio padre, che purtroppo ho perso quest’anno, era laureato in filosofia e mi ha trasmesso questa passione. In particolare leggo e amo citare Kant. Mi piace la scrittura, pensi che a mio padre facevo vedere i testi prima di metterli sui social. Lui me li cambiava, ma finivo sempre per ricambiarli e mettere i miei. Lo ringrazio, mi ha sempre dato carta bianca, scelta educativa rischiosa ma bella”.
Troppa carta bianca non rischia di sfociare in qualche guaio?
“Mai fatto casini, a 16 anni ho iniziato nella kickboxing e mi ha assorbito. Nessuna storia maledetta, magari qualche stupidaggine ma niente più. Mi sono diplomato nel classico con indirizzo linguistico, tesina ovviamente sul pugilato. E da quando sono entrato in palestra il mio rendimento scolastico è decollato”.
Ma c’è una scintilla che le ha fatto scegliere il pugilato?
“Non ho scelto niente, è pugilato che mi è venuto a cercare. Penso esista un patto con il Creatore, siamo pedine di questa immensa opera di cui non siamo gli ideatori. E poi prima della boxe facevo l’hockey inline, invece che su ghiaccio di gioca su un altro materiale, che può essere plastico o cemento, o altro. Inutile che le dica che è uno sport molto fisico”.
Almeno un episodio scatenante ci sarà stato?
“Forse un trauma in un campeggio. Due dei miei tre fratelli giocavano in doccia e bagnarono un omone che si arrabbiò. Io avevo 11 anni, ero in bicicletta e intervenni ricevendo un cazzottone sulla spalla che mi fece malissimo. Lui si voltò, ebbi la tentazione di tirargli la bici in testa, però mi fermai. Ecco, forse in quel momento di autocontrollo, il pugilato mi stava scegliendo. Perché un guerriero sa allontanare energie negative che possono rovinargli la vita”.
Lei ha scelto per il debutto un avversario veramente tosto come Oulare. Non sarà un po’ troppo?
“Io ho già vinto, nel senso che sono contento di aver coronato il sogno di debuttare nella boxe”.
Certo, dopo aver vinto così tanto nella kickboxing ricominciare daccapo è dura.
“In realtà questa occasione arriva nel pieno della maturità. Io a 21 anni ho vinto il mondiale di kickboxing, una volta arrivato in cima così giovane però rischi di romperti le scatole. È quello che è successo a me, non avevo più stimoli e ho sofferto di depressione. Capita agli sportivi, sia durante la carriera che nel post. Io nella mia esperienza posso dire di vere superato questo momento. La depressione passata è ora la mia fonte di luce, ma ho anche imparato a rispettare il buio, ora vorrei fare tante cose. Come combattere con Jake Paul al Colosseo o aspirare a tutti i titoli del mondo. Senza paura di cadere.”