la Repubblica, 5 dicembre 2025
Scuola, quei ragazzi dimenticati
I motivi per cui un ragazzo o una ragazza possono perdere un anno scolastico sono molti. Non ha mai aperto un libro. Può essere che qualcuno abbia provato ad aiutarlo, ma anche che nessuno a scuola si sia preoccupato di lui, di lei; non sono stati attivati corsi di recupero e alla fine dell’anno la decisione è stata unanime. Si boccia. Oppure ha fatto troppe assenze, qualche malattia, problemi familiari o una temporanea difficoltà a raggiungere la scuola. Alla fine dell’anno, a volte, si boccia.
Alcune, alcuni di loro decidono dopo la bocciatura di cambiare indirizzo di studi. Altri ci riprovano e vanno meglio: sono diventati più grandi, hanno imparato a parare i colpi o magari, più semplicemente, è grazie al cambiamento di contesto, una nuova classe, nuovi insegnanti che li fanno sentire meglio. O anche l’aver fatto pace in qualche modo con le circostanze che hanno prodotto disagio, assenze, impossibilità a studiare.
Chiunque si ponga a riflettere seriamente su questo fenomeno non può non arrivare a una conclusione: raramente la bocciatura è “soltanto” la conseguenza di un mancato impegno. C’è altro e questo altro è quello di cui la politica e la cultura, quando si occupano di scuola, dovrebbero preoccuparsi. Ma sappiamo che non è così. Sappiamo, e ogni giorno lo sappiamo meglio, con una prova in più, che a questo governo di ripetenze, dispersione, della sorte dei ragazzi e delle ragazze a rischio, della loro espulsione dal sistema scolastico importa assai poco.
Non c’è niente di più rivelatore di una legge di bilancio per verificarlo. Nella bozza per il 2026 c’è scritto infatti che, se hai perso un anno, non ti “meriti” niente. Per questo ti sarà negata la Carta valore (che brutto nome), cioè quello che si chiamava Bonus cultura: una cifra da spendere una tantum per libri, concerti, film, spettacoli teatrali, ecc. Secondo il governo va data solo a chi arriva all’anno della maturità senza aver compiuto 19 anni. Quindi a chi non è mai stato bocciato. Un provvedimento che sembra uscito dalla penna di Charles Dickens. Mi chiedo che faccia abbia lo Scrooge del Bilancio che, per risparmiare, non porta “i regali” ai ragazzi ripetenti, a rischio abbandono.
Come è stato notato questo significa che circa un quarto dei ragazzi e delle ragazze non potrà accedervi perché in Italia, secondo Invalsi, solo il 73% degli studenti chiude il ciclo secondario di secondo grado in cinque anni. Il 10,4% viene bocciato; il 9,4% abbandona il percorso scolastico prima del diploma (dato Invalsi), in gran parte durante il biennio delle superiori.
Ma tra i minori con origine straniera di prima generazione il 3,1% ha ripetuto la scuola uno o più anni; il 17,8% una volta: 17,8% un dato allucinante (Report Save the Children, 2025). Poi c’è quel 5-6% di ragazzi e ragazze che intraprende un percorso professionale in tre anni. Ma nemmeno loro si meritano il bonus. Quale idea di scuola ma soprattutto di democrazia c’è dietro questa scelta? Decidere che la “cultura” è un premio per pochi e non un diritto per tutti che idea è?
In occasione degli Stati generali della scuola la Regione Emilia-Romagna ha portato, circa un mese fa, alcuni ragazzi e ragazze dei corsi professionali a compiere un percorso laboratoriale negli atelier del Centro internazionale Loris Malaguzzi. Ho potuto assistere a quanto è accaduto: persone che non si “meritano” un libro o un biglietto di cinema appassionarsi al lavoro sulla stampa o sulla fotografia, sulla luce, sull’informatica. Chiedere di poter tornare, insieme ai loro insegnanti, a farli di nuovo.
Gli atelier sono pensati per formare insegnanti che lavoreranno nelle scuole dell’infanzia ma dovrebbero essere il modello su cui pensare il sistema educativo nella sua interezza poiché insegnano a dare a tutti, allo stesso tempo, tecnica e poesia, manualità e astrazione. Che poi dovrebbe essere l’obiettivo di ogni provvedimento educativo che voglia dirsi costituzionale: “è compito della Repubblica…”, articolo 3, comma secondo.