Il Messaggero, 4 dicembre 2025
Verso l’okay per l’area di libero scambio più grande al mondo
La firma del trattato commerciale tra Unione europea e Mercosur è una corsa contro il tempo. A meno di colpi di scena dell’ultimo minuto, data e luogo ci sono già: il 20 dicembre a Brasilia, ha annunciato il padrone di casa, il presidente brasiliano Lula, a nome del blocco economico sudamericano che riunisce anche Argentina, Uruguay e Paraguay.
Prima di allora, Ursula von der Leyen dovrà aver dribblato un ultimo ostacolo politico interno: l’adozione di un pacchetto di tutele per gli agricoltori messo sul tavolo nella speranza di convincere a dire sì i Paesi più scettici (tra cui Francia, Polonia e, in parte, pure l’Italia) per via del temuto impatto sul comparto primario.
Si prevede, in particolare, la possibilità di sospendere unilateralmente l’accesso preferenziale di alcuni prodotti agricoli sudamericani nell’Ue in caso di aumento dei volumi di importazione oltre il 10% o di un calo dei prezzi della stessa entità anche solo in uno Stato.
Dopo un tentativo di accelerare, naufragato a fine novembre, l’Eurocamera si pronuncerà sul meccanismo di salvaguardia quasi sul gong, il 16 dicembre, mentre un gruppo di 140 eurodeputati ha tentato la strada legale, chiedendo che a pronunciarsi sulla legittimità del trattato sia la Corte di Giustizia, con l’intento di rinviare la firma dell’accordo. Se, alla fine, von der Leyen dovesse riuscire a tenere insieme la sua litigiosa euro-maggioranza, le successive tappe sarebbero serrate. Per l’adozione, Bruxelles ha scelto un iter snello, visto che si tratta di competenza esclusiva: non servirà l’unanimità dei 27 governi, ma basterà la maggioranza qualificata (15 sì, in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione) e l’assenso dell’Eurocamera con il 50% più uno dei presenti.
Il trattato Ue-Mercosur creerà la più grande zona di libero scambio al mondo, con più di 700 milioni di consumatori interessati, e ridurrà i maxi-dazi oggi esistenti sulle automobili (35%), sui macchinari (14-20%) e sui farmaci (fino al 14%) provenienti dall’Europa.
Secondo i calcoli della Commissione, poi, l’intesa aumenterà le esportazioni annuali dell’Ue verso il Mercosur fino al 39%, con un picco di quasi il 50% per l’agroalimentare, in particolare vino, cioccolato e olio d’oliva, oggi tutti daziati tra il 10% e il 35%. E contribuirà a creare 440mila posti di lavoro in tutta Europa e a rafforzare le tutele contro le imitazioni (tra cui il fenomeno dell’italian sounding), proteggendo 344 indicazioni geografiche come Dop e Doc.
Tra le merci più sensibili c’è la carne di manzo, per cui l’Ue ha ottenuto una serie di concessioni in fase di negoziato: solo 99mila tonnellate all’anno (delle oltre 15 milioni prodotte dai Paesi del Mercosur) potranno entrare nel mercato Ue, e lo faranno comunque con un mini-dazio del 7,5%.
«Si tratta di poco meno di due bistecche per europeo», spiegano a Bruxelles. Sopra quella soglia, rimangono in vigore prelievi del 40-50%. Al termine di 25 anni di trattative, von der Leyen ha concluso il negoziato esattamente un anno fa, con un blitz simbolico a Montevideo, in Uruguay, primo atto del secondo mandato.
Un eventuale via libera sarebbe il principale tassello messo sul mappamondo da un’Europa che, in risposta ai dazi trumpiani, ha deciso di diversificare il proprio export rispetto agli Stati Uniti. Dopo Indonesia e Messico, colloqui sono in corso anche con le principali economie del Sudest asiatico (Filippine, Thailandia, Vietnam), con l’India e con le monarchie del Golfo.