Il Messaggero, 4 dicembre 2025
Pensionati dall’estero si allarga la platea della flat tax al 7%
Pochi giorni fa l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’agevolazione fiscale offerta ai pensionati stranieri che si trasferiscono nei Comuni italiani del Sud sotto i 20mila abitanti o in quelli delle aree post-sisma 2009 e 2016, vale anche per i redditi da capitale prodotti all’estero. La flat tax al 7% per invogliare i pensionati stranieri a prendere la propria residenza in Italia soprattutto nei Comuni più colpiti dallo spopolamento in atto nelle aree interne ha quindi uno spettro di applicazione più largo e non si limita al solo reddito da pensione maturata all’estero. Un’interpretazione che aggiunge appetibilità a una proposta che finora non ha convinto molti.
Lo scorso 24 luglio il Mef in sede di question time in Commissione Finanze della Camera dei Deputati ha fornito i dati delle dichiarazioni dei redditi 2023 relativi all’anno d’imposta 2022 (ultimo anno disponibile), da cui risultano 474 beneficiari della misura in vigore dal 2019 (e da due anni estesa anche ai Comuni del cratere sisma 2009 e 2016).
Al di là di qualche episodio, non sembra aver sortito successo nemmeno il tentativo intrapreso da alcuni Comuni (ne sono raccolti un’ottantina sul portale casea1euro.it) per vendere immobili al prezzo simbolico di un euro per “ripopolare” borghi, soprattutto nelle aree interne del Paese. Insomma, il problema delle “aree interne”, pur riguardando un italiano su cinque al 1°gennaio 2024 lì risiedevano 13,3 milioni di abitanti, pari al 22,6% della popolazione italiana rappresenta una questione complessa. La crisi demografica, come sostiene il demografo della Cattolica, Alessandro Rosina «non si sta producendo in modo omogeneo nelle diverse fasce d’età e nelle varie aree geografiche del Paese. L’evoluzione della popolazione avviene in modo differenziato soprattutto lungo tre assi che contrappongono: giovani e anziani, sud e nord, aree interne e grandi centri urbani». La mappa delle “aree interne” identifica i Comuni come Centri di offerta di servizi (Polo o Polo intercomunale) per la presenza congiunta dei servizi essenziali di salute, istruzione e mobilità e classifica tutti gli altri in base alla loro distanza (in termini di tempi effettivi di percorrenza stradale) dal Polo o dal Polo intercomunale più prossimo, classificandoli in quattro fasce (Cintura, Intermedi, Periferici, Ultraperiferici) secondo una distanza crescente e, quindi, con un potenziale maggior disagio nella fruizione dei servizi. La distanza è misurata in tempo: da meno di 27 minuti (cintura) a oltre 66 minuti (aree interne ultraperiferiche).
È pur vero che la mappa dei tempi di percorrenza per raggiungere i servizi essenziali può risultare da “area interna” anche nei grandi Centri: a Roma o Milano, a Napoli, gli spostamenti per accompagnare i figli a scuola o per raggiungere un ospedale possono arrivare a 40-50 minuti (come in un Comune periferico di area interna).
Di certo, il freno allo spopolamento è proporzionale alle risorse investite. Un recente studio del Cresme nell’area del cratere sisma 2016 ha documentato un forte recupero di popolazione laddove la ricostruzione e la rigenerazione economica rappresentano «un booster che trasforma una criticità in opportunità», come sintetizza il Commissario straordinario Guido Castelli. L’Ifel (la Fondazione dell’Anci che si occupa di finanza locale) suggerisce anche percorsi virtuosi: dall’artigianato all’agricoltura d’altura, dalle filiere del legno al turismo. Di certo le “aree interne” restano un presidio essenziale per assicurare un equilibrato sviluppo dell’Italia. D’altronde, come sottolinea lo studio dell’Ifel, le polarizzazioni in atto, non solo in Italia tra città e campagna, pianura e montagna, centro e periferia sono sempre pericolose socialmente ed economicamente costose.