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 2025  dicembre 04 Giovedì calendario

Donne diacono, nuova frenata: la commissione vaticana divisa, rinvia la decisione al Papa

Nuova frenata sul diaconato femminile. Una commissione vaticana creata già da papa Francesco per studiare questa possibilità si è divisa tra contrari (la maggioranza) e favorevoli (una minoranza) e non è arrivata a una conclusione unanime, consigliando “ulteriori approfondimenti teologici e pastorali”, raccomandando “una linea valutativa prudenziale” e lasciando la spinosa questione a papa Leone XIV.
L’ipotesi del diaconato femminile – diverso tanto da quella del sacerdozio femminile quanto da quella delle donne laiche con ruoli di responsabilità – è un dibattito di lungo corso nella Chiesa. Il Concilio vaticano II (1962-1965) ha socchiuso la porta: sino ad allora il diaconato era solo il primo dei tre gradini del ministero dell’ordine, prima tappa del cursus honorum per diventare sacerdote e infine vescovo. Il Concilio ha introdotto il diaconato permanente come ministero specifico. Porte aperte alle donne? Per ora, è la conclusione della commissione Petrocchi, ancora no.
La questione di aprire alle donne il diaconato è emersa più volte negli ultimi anni. In particolare, il sinodo sull’Amazzonia (2019) ha chiesto esplicitamente al Papa questa possibilità, e l’ipotesi è stata rilanciata dal doppio sinodo sulla sinodalità (2023-2024). Ma già nel 2016 la richiesta era stata avanzata a papa Francesco da alcune religiose, tanto che il Papa argentino aveva formato una prima commissione, affidata all’allora prefetto dell’ex Santo Uffizio, il gesuita Luis Franciso Ladaria, per “studiare la questione” del diaconato delle donne “soprattutto riguardo ai primi tempi della Chiesa”, quando, secondo i testi, esisteva la figura delle diaconesse, ma non è chiaro le funzioni e il perimetro del ruolo. Non avendo questa prima commissione raggiunto una conclusione unanime, lo stesso Francesco nel 2020 ha creato una seconda commissione, dal taglio meno storico e più teologico, affidandola al cardinale arcivescovo dell’Aquila Giuseppe Petrocchi. Anche questa seconda commissione aveva sperimentato al proprio interno che le opinioni erano molto variegate, tra chi sosteneva l’impossibilità di aprire il diaconato alle donne (una maggioranza) e chi al contrario ne sosteneva la piena plausibilità (una minoranza). Quando, però, il sinodo sulla sinodalità ha riproposto la questione, Francesco ha dapprima affidato il compiuto di un’ulteriore istruttoria a uno dei 12 gruppi di studio – il gruppo 5 – che ha creato per dirimere i temi più controversi emersi in assemblea, e in un secondo momento ha stralciato il tema del diaconato femminile (lasciando al gruppo 5 il più generale tema della partecipazione delle donne alla vita e alla guida della Chiesa) riavviando le attività della commissione Petrocchi. Che oggi giunge al termine del proprio lavoro.
Dopo svariati anni di approfondimento “sappiamo che la prospettiva puramente storica non consente di giungere ad alcuna certezza definitiva”, scrive a Leone XIV il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo emerito dell’Aquila, in una lettera pubblicata dalla sala stampa della Santa Sede. “In ultima analisi, la questione deve essere decisa sul piano dottrinale. Pertanto, le problematiche relative all’ordinazione diaconale di donne rimangono aperte ad ulteriori approfondimenti teologici e pastorali, tenendo fermo il principio della “communio hierarchica” che assegna la decisione conclusiva su queste tematiche al Magistero della Chiesa, come risposta autorevole a domande presenti in alcuni settori del Popolo di Dio”.
Nella lettera, il cardinal Petrocchi riferisce dettagliatamente delle votazioni avvenute in seno alla commissione, con tanto di pallottoliere sui diversi scrutini relativi ad altrettante affermazioni a favore o contro le diaconesse. Ne emerge un quadro maggioritariamente contrario all’ordinazione sacramentale delle donne al diaconato, con, però, diverse astensioni e alcuni, pochi, voti contrari a questa prospettiva.
“L’insieme della documentazione, composta dalle diverse Commissioni che si sono succedute”, scrive il cardinale Petrocchi, “mostra che sussiste una intensa dialettica teorica ed esistenziale tra due orientamenti teologici (lo manifestano anche i risultati di alcune votazioni delle Commissioni). Uno di loro insiste sull’asserto che l’ordinazione del diacono è “ad ministerium”, e non è “ad sacerdotium”: questo fattore aprirebbe la via verso l’ordinazione di diaconesse. L’altro invece insiste sull’unità del Sacramento dell’Ordine sacro, insieme al significato sponsale dei tre gradi che lo costituiscono, e respinge l’ipotesi del diaconato femminile: fa notare, inoltre, che se fosse approvata l’ammissione delle donne al primo grado dell’Ordine risulterebbe inspiegabile la esclusione dagli altri. I pronunciamenti di queste “scuole” teologiche in antitesi e la mancanza di una convergenza su polarità dottrinali e pastorali fondamentali, motiva, a mio avviso, il mantenimento di una linea valutativa prudenziale sul tema del diaconato alle donne”, prosegue il porporato: “Scelta da affiancare con indagini a “raggio globale”, sempre meglio “attrezzate”, e protese, con sapienza lungimirante, a sondare questi orizzonti ecclesiali. In tale contesto appare indispensabile, come condizione previa per successivi discernimenti, incentivare un rigoroso e allargato esame critico condotto sul versante del “diaconato in sé stesso”, cioè sulla sua “identità” sacramentale e sulla sua “missione” ecclesiale, chiarendo alcuni aspetti “strutturali” e pastorali che attualmente non risultano interamente definiti”. Petrocchi sottolinea inoltre che “le diverse Commissioni sono state unanimi nel segnalare la necessità di dilatare gli “spazi comunionali” perché le donne possano esprimere una adeguata partecipazione e corresponsabilità nei gangli decisionali della Chiesa, anche attraverso la creazione di nuovi Ministeri laicali”. Tema, quest’ultimo, che invece non ha spaccato la commissione.