lastampa.it, 3 dicembre 2025
La guerra in Ucraina fa felice la Cina: perché ora Mosca dipende da Pechino
Ieri in Russia non c’erano solo gli emissari di Donald Trump, ma anche il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, giunto a Mosca per la ventesima tornata di consultazioni strategiche tra Cina e Russia, il clima politico e militare era già denso di segnali di cambiamento. L’agenda ufficiale parlava di “stabilità strategica”, ma il contesto suggeriva molto di più: un riallineamento profondo nei rapporti di forza tra due potenze che, pur evitando ogni riferimento a un’alleanza formale, si muovono ormai in un sistema di interdipendenze sempre più strette e, allo stesso tempo, sempre più asimmetriche.
L’incontro del ministro degli Esteri cinese con Sergej Lavrov e con il segretario del Consiglio di Sicurezza Sergej Shoigu è arrivato a poche giorni di distanza dalla notizia che un importante fornitore cinese di componenti per droni ha acquisito una quota di una delle aziende impegnate nello sforzo bellico russo in Ucraina. Secondo il Financial Times, Wang Dinghua ha acquisito il 5% delle azioni di Rustakt, che produce un drone con visuale in prima persona, ampiamente utilizzato da Mosca nei suoi attacchi contro l’Ucraina. Già negli scorsi anni, l’azienda russa aveva comprato batterie, controller e altre componenti da quella cinese, investendo diverse centinaia di milioni di dollari. Si tratta di cosiddetti materiali a duplice uso, cioè prodotti per scopi civili ma utilizzabili anche per scopi militari. Questa nuova collaborazione rappresenta però un salto di qualità inedito tra un’azienda cinese e un fornitore militare russo. E va a coprire un settore molto importante, perché i droni sono diventati un elemento cruciale della guerra sia per la Russia che per l’Ucraina. Si è parlato spesso in questi anni di possibili forniture di elementi critici dei sistemi d’arma da parte di Pechino a Mosca, in particolare sui droni. Da parte sua, la Cina continua a sostenere che non fornisce armi letali a nessuna delle due parti in conflitto e afferma di applicare rigidamente i controlli sulle tecnologie dual use. Ma spesso la linea tra civile e militare si dissolve quando si parla di droni FPV, batterie agli ioni di litio, motori brushless, controller di volo e moduli elettronici: componenti che, pur concepiti per usi commerciali, costituiscono la spina dorsale della produzione russa di droni da attacco.
Sul fronte militare, non si può parlare di alleanza formale, perché Cina e Russia non sono legate da accordi militari espliciti o da un trattato di mutua difesa. Ma di certo la partnership è solida e in continua evoluzione. In passato, la Cina importava in massa armi e mezzi militari dalla Russia. Da tempo, il rapporto si è ribaltato e ora è Mosca che dipende anche dalla capacità manifatturiera cinese per macchinari e materiali a duplice uso. Negli ultimi anni, si sono moltiplicate le esercitazioni congiunte, che si svolgono regolarmente sia su terra sia nelle acque del Pacifico o di recente nell’Artico. Spesso non sono solo esercizi tecnici, ma messaggi strategici agli Stati Uniti o ai loro alleati asiatici come il Giappone. Nei mesi scorsi, il Financial Times ha scritto che la Russia sta aiutando ad addestrare le forze aviotrasportate cinesi nella guerra ibrida e nelle tattiche d’assalto, potenzialmente utili su Taiwan.
Attenzione, però, perché non è tutto roseo. Anche negli ultimi anni, la Russia ha denunciato casi di spionaggio cinese o di copia non autorizzata dei propri sistemi, soprattutto nel campo aerospaziale e missilistico. E ci sono anche alcune asimmetrie. Nei prossimi giorni, per esempio, Vladimir Putin sarà in India a cui potrebbe vendere il nuovo sistema di difesa anti missile S-500. Una scelta che, se concretizzata, avrebbe implicazioni dirette non solo per gli equilibri strategici con il Pakistan, ma anche per la Cina, che osserva con attenzione ogni movimento militare indiano lungo il confine himalayano, teatro negli ultimi anni di scontri anche sanguinosi.
Parallelamente, la Cina sta utilizzando la crescente influenza economica a proprio vantaggio. Una ricerca del Banca di Finlandia Institute for Emerging Economies evidenzia che tra il 2021 e il 2024 i prodotti soggetti a controlli all’export e spediti dalla Cina alla Russia hanno visto un aumento dei prezzi dell’87%, contro il 9% registrato verso gli altri Paesi. In alcuni casi l’aumento in valore non corrisponde affatto a un aumento delle quantità, che risultano anzi diminuite.
Insomma, dietro la patina della partnership strategica ci sono ancora alcuni aggiustamenti in una relazione profonda e stabile, ma non del tutto lineare.