La Stampa, 3 dicembre 2025
La mala alimentazione
Faticano a mettere in tavola un pasto completo, a mangiare adeguatamente e in molti casi soffrono letteralmente la fame. Sono sei milioni gli italiani che non riescono a permettersi un’alimentazione sana e bilanciata. A lanciare l’allarme è una ricerca condotta da «Azione contro la Fame» e contenuta nel nuovo Atlante, presentato ieri in Senato. Una fotografia impietosa dell’insicurezza alimentare nel Paese, che colpisce ormai quasi tre milioni di famiglie. Un fenomeno «invisibile» ma «preoccupante» lo definiscono i ricercatori. E in costante aumento: nel 2023 i nuclei familiari in questa condizione erano l’8,4 per cento del totale, nel 2024 sono saliti all’11 per cento. «Sono dati inaccettabili, nel nostro Paese troppe famiglie non hanno accesso a una dieta bilanciata – spiega Giulia Carlini, advocacy officer di Azione Contro la Fame -. Le analisi che abbiamo condotto ci dicono che i fattori di maggiore rischio sono quelli economici: il lavoro precario e i redditi bassi».
Complessivamente, se si guarda anche ai segnali di deprivazione, il dato sale a oltre 4 milioni di famiglie. Le più colpite dalla povertà alimentare sono quelle residenti nel Sud Italia e quelle numerose, che hanno tre o più figli minori. Nella stessa condizione si trovano anche i nuclei con almeno un componente straniero. Ma il fenomeno non risparmia neanche i più giovani, cioè i ragazzi fino ai 34 anni. Per tutti la precondizione più diffusa e trasversale è la precarietà lavorativa, con stipendi troppo bassi, lavori saltuari, contratti instabili, che determinano una difficoltà ad arrivare a fine mese. E persino a fare la spesa.
Secondo i ricercatori non sono al sicuro neanche quelli col posto fisso, perché il «tradizionale mito del lavoro dipendente» è ormai superato come fattore di protezione sociale: «Oggi anche chi è occupato può trovarsi nell’impossibilità di accedere a un’alimentazione sana e nutriente». Non a caso, appena sopra la soglia di povertà si colloca una fascia crescente di popolazione vulnerabile: quelle famiglie cioè che risultano fortemente esposte a qualsiasi cambiamento esterno. Può bastare una malattia, la perdita del lavoro o una separazione per far precipitare la situazione e cadere nell’indigenza.
Per questo nell’indagine si sollecita anche un cambio delle politiche, con un approccio non più emergenziale nel contrasto alla povertà. Dai dati, infatti, appare un paradosso evidente: il 78% delle famiglie che non possono permettersi un pasto proteico ogni due giorni e il 55,1% di quelle che dichiarano di non avere denaro sufficiente per acquistare il cibo necessario, non fanno ricorso a nessuna forma di sostegno economico. «Il fenomeno è legato probabilmente anche allo stigma o alla scarsa conoscenza dei servizi – spiegano-. C’è anche la percezione che i percorsi assistenziali non offrano una reale via d’uscita dalla povertà».
Secondo «Azione contro la Fame» le misure pubbliche, come la Carta Dedicata a Te e il Reddito Alimentare, restano interventi spot non accompagnati da percorsi strutturati di accompagnamento verso l’autonomia. Per questo, tra le richieste più urgenti al governo c’è quella di istituire un Tavolo di lavoro permanente, per «assicurare una risposta coerente, strutturata e integrata tra politiche di welfare e politiche attive del lavoro». A questo si aggiunge «un generale aumento dei salari in linea con il costo dei beni alimentari», il reinserimento lavorativo femminile attraverso servizi di conciliazione famiglia-lavoro, incluso l’accesso universale alle mense scolastiche.
Intanto il rapporto ricorda che nel terzo settore si stanno diffondendo modelli innovativi di contrasto come gli empori solidali, le tessere spesa e i progetti integrati che uniscono assistenza alimentare, educazione nutrizionale e percorsi di inclusione socio-lavorativa. Eppure nella maggior parte dei casi prevale ancora un approccio centrato sulla distribuzione di pacchi alimentari e mense, che seppur indispensabili, non affrontano le cause strutturali della povertà alimentare.
Secondo l’Istituto di statistica, inoltre, il fenomeno non riguarda solo l’Italia ma è sempre più in crescita negli altri Stati europei. «La lotta all’insicurezza e alla povertà alimentare rappresenta oggi una sfida significativa non solo nei Paesi in via di sviluppo, ma anche nei Paesi ad alto reddito – spiega Livia Celardo di Istat -. In Europa, nel 2024, il 6,8% della popolazione non ha accesso regolare a cibo sufficiente, sano e nutriente. E, a seguito dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari, negli ultimi anni il costo della dieta sana è cresciuto di circa il 30 per cento».