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 2025  dicembre 03 Mercoledì calendario

Gli occhi delle donne si ammalano di più di quelli degli uomini: rischio cecità più alto del 54%

Si pensa spesso che le malattie oculari colpiscano tutti allo stesso modo. E invece no. Per milioni di donne il rischio di perdere la vista può essere del 54% più alto rispetto agli uomini. Non è una differenza marginale, né un dettaglio statistico: è una realtà clinica che pesa sulla qualità di vita e che oggi la scienza sta finalmente iniziando a leggere con chiarezza. Questi temi sono al centro del congresso internazionale FLORetina Icoor, in corso a Firenze fino al 7 dicembre. L’evento riunisce oltre 5000 specialisti provenienti da 71 Paesi, chiamati a fare luce su una “medicina di genere retinica” ancora poco sviluppata, ma decisiva per migliorare diagnosi, prevenzione e gestione clinica. Obiettivo: coinvolgere le donne in percorsi diagnostici più precoci e in strategie terapeutiche mirate, per evitare ritardi e prevenire esiti peggiori.
Il sesso femminile è un fattore di rischio per molte malattie oculari, in particolare per quelle retiniche. Le donne hanno, infatti, una probabilità significativamente superiore agli uomini di diventare ipovedenti o cieche. Dopo la menopausa sono più colpite da degenerazione maculare legata all’età, hanno un rischio aumentato di retinopatia diabetica e una maggiore probabilità di soffrire di cataratta, mentre gli uomini sono più esposti al distacco di retina.
Ad identificare, per la prima volta, le donne come ‘sesso debole’ più esposto al rischio di perdita visiva e cecità è un recente studio pubblicato su Ophthalmology Science. La ricerca si basa sugli esami oculari di 14,5 milioni di statunitensi, analizzati attraverso il più grande database mondiale per l’oftalmologia integrato con il sesso dei pazienti. Le ragioni della disparità di genere sembrano legate a una combinazione complessa: ormoni, genetica, ma anche anatomia. Lo confermano due studi pubblicati su Clinical and Experimental Ophthalmology e Biology of Sex Differences, che hanno evidenziato differenze strutturali della retina tra uomini e donne e variazioni nella composizione proteica della retina e dell’epitelio pigmentato retinico. Tutto questo influisce sulla risposta ai trattamenti e dimostra la necessità di più studi di genere.
Dalla maculopatia degenerativa alla retinopatia diabetica, passando per cataratta e fori maculari (eccetto il distacco di retina), le donne presentano un rischio più alto di sviluppare patologie oculari e quadri clinici più severi. Lo studio osservazionale pubblicato su Ophthalmology Science, basato sui dati IRIS e sul censimento americano, lo conferma: “Confrontando i tassi di prevalenza della perdita visiva tra uomini e donne, lo studio ha evidenziato che, per qualsiasi livello di deficit, da lieve a moderato o grave, fino alla cecità, e per ogni patologia oculare associata, eccetto che per il distacco retinico, le donne presentano una maggiore probabilità di perdita della vista rispetto agli uomini”, dichiara Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR, direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli Irccs e ordinario di Oculistica presso l’Università Cattolica di Roma. “Anche dopo aver corretto i dati tenendo conto dell’età, nelle donne il rischio di forme lievi e moderate di perdita della vista, risulta di circa il 30% maggiore degli uomini. Il divario diventa ancora più ampio per la perdita visiva grave, con una frequenza nelle donne più alta del 35%. Ma la differenza più marcata riguarda la cecità, che risulta del 54% più comune tra le donne”, prosegue.
Le differenze non riguardano solo la prognosi, ma l’incidenza delle malattie. “Lo studio ha infatti confrontato anche i tassi di prevalenza tra uomini e donne, delle patologie retiniche sottostanti alla perdita visiva”, sottolinea Daniela Bacherini, professore associato presso la Clinica Oculistica dell’Università di Firenze. “Le analisi hanno riscontrato che le donne, dopo la menopausa, hanno un rischio più alto del 32% di sviluppare degenerazione maculare e fori maculari, dell’8% di retinopatia diabetica, e del 10% di occlusioni vascolari retiniche”.
Le donne sono, invece, meno colpite (-30%) dalla perdita visiva legata al distacco di retina, spesso correlata a traumi. Come mai? “I meccanismi alla base di queste differenze – risponde Francesco Faraldi, direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano, Umberto I di Torino – si spiegano solo parzialmente con il fatto che le donne vivono più a lungo e fanno più spesso visite oculistiche, con maggiore probabilità di ricevere una diagnosi di perdita della vista rispetto agli uomini, perché anche correggendo questi fattori, le differenze permangono. Le ragioni esatte di queste disparità non sono del tutto chiare, ma potrebbero essere associate a una combinazione tra variazioni ormonali, che le donne sperimentano nelle varie fasi della vita, a differenze anatomiche e nella risposta immunitaria”.
Ad impattare sulla disuguaglianza di genere sono diversi fattori. Gli estrogeni, ad esempio, proteggono dallo stress ossidativo dell’occhio: quando diminuiscono in menopausa, il rischio femminile aumenta.
Anche la retina femminile e maschile presenta differenze strutturali misurabili. Un recente studio ha dimostrato che anche nei giovani adulti sani esistono differenze strutturali nella retina, tra uomini e donne. Analizzando le scansioni del fondo oculare di 64 soggetti, con tecniche di machine learning, i ricercatori hanno scoperto che gli uomini hanno una retina interna più spessa, mentre le donne hanno valori più sottili. Invece, poche sono le differenze negli strati esterni. “Gli algoritmi di intelligenza artificiale sono stati in grado di riconoscere il sesso dei partecipanti, basandosi solo sugli spessori retinici, a conferma che la differenza esiste anche in assenza di malattia”, afferma Bacherini.
Le discrepanze di genere potrebbero essere anche associate alla diversa composizione proteica della retina. Un recente studio pubblicato dai ricercatori della Cleveland Clinic su Biology of Sex Differences, ha scoperto che esistono differenze basate sul sesso, nella retina e nell’epitelio pigmentato retinico, lo strato esterno che nutre le cellule visive.
“I ricercatori – riferisce Faraldi -, hanno riscontrato differenze tra i sessi nel proteoma oculare, individuando 21 proteine espresse in modo differente nella retina e 58 nell’epitelio pigmentato retinico tra uomini e donne, con conseguenze su attivazione, riparazione, morte e sopravvivenza cellulare. Una recente revisione pubblicata su Clinical and Experimental Ophthalmology ha messo, inoltre, in evidenza – continua Faraldi – che le donne più giovani con retinopatia diabetica presentano un rischio maggiore di sviluppare precocemente complicanze microvascolari”. Infine, le donne sono più soggette anche a patologie autoimmuni oculari, come le uveiti legate a sarcoidosi, sclerosi multipla e lupus eritematoso. Questo perché hanno una risposta immunitaria più reattiva, che aumenta il rischio di infiammazioni oculari rispetto agli uomini.
Insomma, serve un cambio di rotta. “Nonostante le differenze di genere siano rilevanti, gli studi sono ancora agli inizi e manca nella pratica clinica una sensibilità di genere come già avviene in cardiologia, con conseguenze importanti perché ignorare la specificità delle donne nella pratica clinica potrebbe portare a terapie non adeguate con una minore aderenza terapeutica e maggiori effetti collaterali. Queste evidenze rafforzano dunque l’importanza di sviluppare protocolli clinici e diagnostici che tengano conto delle differenze di genere, contribuendo a una cura più equa, efficace e personalizzata”, conclude Rizzo.