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 2025  dicembre 03 Mercoledì calendario

Perso durante la maratona, congelato e riportato alla vita: “Il corpo a 21 gradi, un miracolo”

La prima cosa che ha fatto, quando si è svegliato, è stato chiedere a sua madre «se avevo vinto una medaglia, ci tenevo molto». Lo racconta con il sorriso Jiri Marzi di Griante, meno di 600 abitanti sul lago di Como, il sogno di diventare pianista coltivato al liceo musicale di Como, «ma ora magari potrei anche diventare medico, quello che mi è successo ha cambiato tutto». Ovvero, morire e tornare indietro, in ipotermia per un’ora e mezza a quasi 2 mila metri di altitudine tra Sasso Bellora e Monte Bregagno, «Jiri è stato riportato alla vita, so che sembra sensazionalismo, ma è così: il cuore era fermo, i polmoni anche, il sangue non girava più», sintetizza Ferdinando Luca Lorini, che dirige l’Emergenza-Urgenza del Papa Giovanni di Bergamo, dove è stato curato.
«Un intervento eccezionale, con un gioco di squadra esemplare», dice Guido Bertolaso, che in Lombardia è assessore al Welfare: la storia di Jiri inizia il 27 settembre, al mattino presto, quando si presenta alla partenza della Marathon Trail Lago di Como, 42 chilometri e un dislivello di 2.400 metri sulle montagne. Ha 18 anni, fa tanto sport, è preparato: inizia a correre con la pettorina numero 7, con sé il cellulare e qualche barretta energetica, e poco importa il meteo avverso. Prosegue senza rendersi conto che, proprio a causa del maltempo, il percorso è stato modificato: tira dritto dove non dovrebbe, si ritrova da solo. E il fisico inizia a cedere: il glucosio scende, il corpo suda, gli indumenti sportivi sempre più bagnati, il freddo cresce con la neve di fine settembre. «Quando ho sentito le energie venire meno, ero ancora convinto di essere sul percorso giusto. Ho pensato: se continuo, qualcuno mi raggiungerà».
E invece. Le dita diventano fredde, «non riuscivo a prendere il cellulare o le barrette», le forze calano, «a un certo punto, mi sono chiesto se ce l’avrei fatta oppure no. Ma ho cercato di essere razionale». Poi, il buio: i vigili del fuoco che alle 18.10 lo individuano nella neve – le ricerche sono iniziate dopo le 14, dopo che Jiri aveva mancato il check point – lo trovano disteso, come se si fosse appoggiato. Poco dopo arriva da Sondrio l’elisoccorso di Areu, l’Agenzia regionale dell’emergenza-urgenza della Lombardia, con i sanitari: la temperatura di Jiri è a 21 gradi, «e in 21 minuti siamo arrivati al Papa Giovanni di Bergamo, dopo essere decollati alle 18.40: 21 è un numero che ricorre in questa storia», riflette Gabriele Aletti, l’anestesista che lo ha soccorso per primo con l’infermiera Raffaella Gianoli.
A Bergamo, in 17 minuti Jiri viene collegato all’Ecmo, la macchina cuore-polmone che ha permesso agli organi di essere nuovamente raggiunti dal sangue: «Quando è arrivato da noi, verso le 19, la sua temperatura era salita a 25 gradi: con lentezza, l’abbiamo portata a 33 gradi in 24 ore, e dopo abbiamo valutato se rispondeva ai segnali, per esempio stringendo la mano o sbattendo gli occhi su nostra sollecitazione – spiega il primario Lorini – Poi, dopo sei giorni, è stato staccato dall’Ecmo». Jiri è rimasto nove giorni in Terapia intensiva, poi un mese e mezzo tra ospedale e struttura di riabilitazione. «Sono stato dimesso una decina di giorni fa, lunedì scorso sono tornato a scuola – racconta – Quando mi sono svegliato, sono stato colpito da questa ondata di emozione positiva: era gratitudine, e la provo anche adesso. Non ci sono altre parole».