corriere.it, 2 dicembre 2025
Milano, all’asta gli oggetti dimenticati sui mezzi Atm: mille articoli, dalle bici ai trolley, si parte da 2 euro, rilanci velocissimi
Frullatori. Pedane vibranti. Passeggini. Un sacchetto di monete. Un martello. Una campana tibetana. Dozzine di bici. Telefoni. Cuffie. Ombrelli. Il 2025 delle cose perdute dai milanesi comincia con un catalogo che sembra scritto da uno sceneggiatore dopo notti insonni. E invece è solo l’effetto collaterale della città più veloce d’Italia: due camion stracolmi, mille articoli abbandonati su tram, metro, taxi, bar, panchine. Tutto raccolto dalla polizia locale, stipato nell’ufficio Oggetti smarriti di via Friuli e ora, visto che non ci sono stati reclami, pronto per la grande asta di mercoledì e giovedì, dalle 14.30, alla Sivag di Segrate. Prezzi da lotteria: 2, 3, 10 euro. Ritmo da apnea.
L’esercito di biciclette e monopattini sembra in griglia di partenza. Hanno tutte il cartellino: «rinvenuto». Traduzione: qualcuno è sceso al volo e non si è più voltato indietro. Ci sono i caschi da cantiere: gialli, rossi, arancioni, chiusi in sacchi trasparenti come frutta strana. Oggetti che dovrebbero proteggere le teste e che invece finiscono dimenticati su un tram della linea 14. Milano corre, il resto perde pezzi.
E arrivano le valigie, star indiscusse. Centinaia. Piccole, rigide, morbide, enormi. Svuotate in precedenza. Nessuno sa cosa contenevano, e vuoi mai che sia rimasto qualcosa: tre euro per il diritto di scoprire se custodiscono un tesoro vero o un asciugacapelli del 2007.
E ancora una tavoletta del wc nuova, cucce per gatti, una sciarpa di Louis Vuitton, caschi da moto, borse di Gucci, computer, macchine fotografiche, portafogli, skateboard, un tiralatte, racchette da tennis. Due Playstation. Un aspirapolvere. Collane e braccialetti d’oro. Un orologio massiccio, per cui la base è monstre in confronto alle altre: 750 euro. Persino un casco per fare la piega con tutto il set di bigodini. Tra una valigia e l’altra, il campione dell’assurdo: un paio di sci. Non un guanto, non un cappellino. Sci veri, con attacchi e lamine. Appoggiati lì, come se qualcuno se ne fosse liberato dopo una discesa dal Duomo.
È un’enciclopedia della città: aerosol, trapani, occhiali, spadini cinesi, guide turistiche su mezza Europa. È l’inventario del caos che correndo abbiamo seminato. A battere l’asta sarà il direttore della Sivag, l’istituto delle vendite giudiziarie, e a coordinare sarà l’ad Albino Bertoletti che non ha dubbi: «Mille articoli, massimo un minuto a testa. Rilanci rapidissimi». Il pubblico atteso – 300 persone – è un campionario umano preciso da immaginare. Chi si muove sicuro, chi suda, chi tiene tra le dita un foglietto con la lista dei «pezzi buoni» da conquistare. Gli stockisti studiano la scena come cecchini. Gli ambulanti fanno i conti a mente. I collezionisti guardano ogni oggetto come fosse un fossile. E i semplici curiosi, attentissimi, stanno lì come a un safari della sbadataggine. Benvenuti nell’anno in cui Milano ha perso praticamente tutto.
In controluce, la città si vede benissimo: fretta, distrazione, mani occupate da troppe responsabilità. Una città che cambia treno mentre pensa già alla fermata successiva, che entra in un bar con un bagaglio ed esce solo con un pensiero. Che lascia in giro frammenti di sé con poca cura, senza nemmeno accorgercene. O forse, a volte, è l’inconscio: «scordiamo» un mazzo di chiavi per chiudere una pagina che altrimenti non sappiamo voltare. «La memoria non svanisce: si sposta – scriveva Elias Canetti —. Sono gli oggetti a rivelarlo: restano dove li abbiamo lasciati, anche quando noi siamo già altrove». E oggi che affidiamo ricordi, numeri e perfino emozioni a una memoria artificiale che prova a non dimenticare nulla, siamo noi che ricordiamo sempre meno.