il Fatto Quotidiano, 2 dicembre 2025
Gli operai Ilva bloccano l’aeroporto di Genova e occupano l’autostrada. A Taranto sciopero a oltranza
Prima l’aeroporto, poi l’autostrada e si va avanti a oltranza, con scioperi proclamati all’istante. Esplode la protesta dei lavoratori dell’Ilva, da Genova a Taranto. Nella città pugliese, i sindacati hanno proclamato uno sciopero a sorpresa a partire dalle 12 annunciando che andrà avanti senza scadenza. La mossa nella sede dell’impianto principale del gruppo segue le decisioni della città ligure, dove i lavoratori sono fermi da lunedì: l’obiettivo è un incontro a Palazzo Chigi, unitario, con il ritiro del piano presentato dal ministro Adolfo Urso. “Questo atto di protesta rappresenta un momento fondamentale per difendere i diritti di tutti i lavoratori e garantire un futuro di stabilità e dignità nel mondo del lavoro”, fanno sapere le sigle delle tute blu.
Intanto i colleghi di Genova hanno bloccato gli ingressi dello scalo, insieme agli operai di Ansaldo Energia e Fincantieri, e poi si sono diretti in corteo verso l’autostrada, occupandola e attraversando il ponte San Giorgio, l’ex Ponte Morandi. Autostrade è così stata costretta a chiudere la A7 Serravalle-Genova all’altezza del bivio con la A12 in entrambe le direzioni. Si registrano così code di 2 km sulla A7 e di 4 chilometri sulla A10. “Lanciamo un messaggio al governo, contro le chiacchiere”, ha detto il sindacalista della Fiom Armando Palumbo durante il corteo che ha paralizzato buona parte della città. “Il lavoro, a partire da Ilva, deve arrivare a Genova – ha aggiunto – Non andare via”.
Dopo l’assemblea alle 9, i lavoratori sono partiti in corteo lungo le strade del Ponente: la strada Guido Rossa in direzione levante è chiusa da tutti gli ingressi e poi i lavoratori hanno raggiunto piazza Massena e hanno proseguito verso lo scalo che hanno occupato brevemente prima di dirigersi verso l’autostrada. “Ai lavoratori dell’ex Ilva, in occupazione a Genova e a quelli in mobilitazione a Novi Ligure e Racconigi, Palazzo Chigi deve dare ora una risposta urgente. È inaccettabile il piano per chiudere l’ex Ilva. Noi non chiediamo cassa integrazione, ma un piano per il lavoro”, dice il segretario generale della Fiom Michele De Palma.
“La situazione rischia di degenerare. Prima di tutto, il governo deve eliminare il piano di morte che ci è stato presentato e fare tutto ciò che è necessario per salvare la produzione di acciaio in Italia. Non vogliamo dividere cittadini e lavoratori, tutti vogliamo una fabbrica green con una vera decarbonizzazione. La Meloni ci metta la faccia, questa vertenza è arrivata a un punto di non ritorno ed è per questo che serve la massima responsabilità di tutti”, ha detto il segretario generale della Uilm Rocco Palombella.
I due leader sindacali, insieme al numero uno della Fim-Cisl Ferdinando Uliano, hanno scritto una lettera alla presidente del Consiglio chiedendo la convocazione di un incontro urgente per rivedere il “piano corto” per gli stabilimenti avvisando che in caso di mancata convocazione dell’incontro con la premier “di fronte all’ulteriore aggravamento della situazione occupazionale e produttiva, saranno messe in campo iniziative di mobilitazione di carattere nazionale”. Da lunedì i lavoratori del siderurgico genovese sono in sciopero dopo che il ministro delle Imprese Adolfo Urso ha spiegato nel corso di un incontro di venerdì con gli enti locali che nello stabilimento non arriveranno i rotoli da zincare da Taranto, fermando di fatto l’intero reparto. Intanto Urso ha convocato una serie di riunioni con le istituzioni territoriali interessate, d’intesa con le stesse Regioni ed enti locali, tra giovedì 4 e venerdì 5, alle quali seguirà un incontro comune nel corso della settimana successiva. Troppo poco secondo i sindacati.