Corriere della Sera, 2 dicembre 2025
Crisi su Taiwan, la Cina adesso blocca le popstar del Giappone
Altro che soft power. Per la Cina non c’è distacco tra le attività culturali e quelle politiche. E ora che le relazioni diplomatiche con il Giappone sono al punto più basso da decenni, a farne le spese sono – dopo i turisti scoraggiati dal visitare il Sol Levante – le popstar nipponiche costrette d’ora in poi ad evitare concerti nella Repubblica Popolare. Secondo quanto riportato da Kyodo News, negli ultimi giorni, a Shanghai, sono stati cancellati diversi eventi musicali di artisti giapponesi: la cantante Maki Otsuki è stata addirittura interrotta a metà della celebre sigla dell’anime One Piece e accompagnata fuori dal palco, mentre la popstar Ayumi Hamasaki si è esibita davanti a 14 mila posti vuoti dopo l’annullamento del suo concerto. Sui social cinesi il dibattito è già acceso da giorni: c’è chi accusa il governo di «privare i propri cittadini della libertà di godere della cultura» per punire Tokyo, e chi ritiene invece inaccettabile che «un evento possa svolgersi quando l’intera nazione è arrabbiata con il Giappone». Perché questo livore? Tutto ha avuto inizio quando la nuova premier giapponese Sanae Takaichi, il mese scorso, ha lasciato intendere la possibilità di un intervento militare nipponico in caso di attacco cinese a Taiwan. Ieri il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, è tornato a accusare Tokyo di «nascondere e confondere la propria posizione sulla questione di Taiwan». Che, secondo Pechino, deve essere «restituita alla Cina». Il solo sospetto che esista qualcuno disposto a difendere l’indipendenza di fatto dell’«isola ribelle» è sufficiente a scatenare la «rabbia della nazione».