il Fatto Quotidiano, 30 novembre 2025
No al Ponte sullo Stretto: 15mila in corteo. E i ministri si danno alla fuga
“Oggi tiriamo le somme di una lotta iniziata oltre 20 anni fa e che negli ultimi tre anni ha messo come non mai a nudo tutti gli aspetti controversi ed opachi del progetto del Ponte”, così esordisce Daniele Ialacqua del comitato No Ponte Capo Peloro. Un lungo corteo di cinquemila persone, ma di 15 mila secondo gli organizzatori, ha attraversato ieri la via principale della città. La pioggia non ha fermato i manifestanti. “Ridateci i fondi strutturali di Sicilia e Calabria”, recita uno dei tanti manifesti sventolati. Un corteo dai toni trionfali, dopo la bocciatura del progetto da parte della Corte dei Conti, per chiedere la chiusura della Stretto di Messina Spa: “Adesso bisogna chiudere la partita, liquidare la Stretto di Messina Spa e utilizzare le risorse destinate al ponte per i bisogni inevasi dei nostri territori”, così commenta Gino Sturniolo dello Spazio No Ponte. Un lungo corteo fatto di movimenti e partiti: “I giudici tributari certificano ciò che abbiamo sempre detto e cioè che questo è un iter illegittimo per truffarci”, così parla Barbara Floridia, senatrice del M5S.
“Siamo scesi in piazza per dire che lo sviluppo vero non è un progetto sbagliato calato dall’alto, ma investimenti nella sicurezza del territorio. Messina e Villa San Giovanni non hanno bisogno di un ponte immaginario, ma di infrastrutture concrete che migliorino la vita delle persone e valorizzino il potenziale straordinario del nostro mare”, dice Elio Conti Nibali di Invece del ponte. Al corteo questa volta, dopo il giudizio della Corte dei Conti, ci sono la Cgil e i partiti: “È stata una vittoria della sapienza collettiva, perché siamo stati in grado di mettere assieme un gruppo di giuristi, ricercatori, e insieme siamo riusciti a individuare le falle di questo grande inganno targato Salvini-Ciucci, un inganno dal costo di 15 miliardi di euro. Una grande sconfitta di Salvini” commenta Angelo Bonelli, ieri a Messina.
Molte le richieste della piazza di “mettere una definitiva pietra tombale di questo progetto”, dice anche Alessandro Russo, consigliere comunale del Pd. C’è anche la segretaria del Pd, Elly Schlein: “Questa è una vittoria vostra, e dei vostri argomenti che avete portato avanti, noi vi siamo a fianco, ma il messaggio per Meloni e Salvini è molto chiaro: vi dovete fermare e vi dovete scusare”.
In attesa di digerire le motivazioni dei giudici contabili, secondo cui sarebbero state violate due direttive europee, la sensazione però è che per gli esponenti del governo Meloni è meglio tenersi lontano dalle domande dei giornalisti e da possibili contestazioni. Ecco, quindi, che nel giorno in cui Messina è stata invasa da 15 mila persone scese in piazza per dire no “No al ponte”, a Reggio Calabria gli organizzatori del convegno “Connessioni Mediterranee”, promosso dal quotidiano L’AltraVoce e da Feuromed con Parlamento e Commissione dell’Ue, hanno fatto i conti con le sedie vuote.
Le avrebbero dovute riempire non uno ma quattro ministri e l’ad della società Stretto di Messina Spa Pietro Ciucci. Tutti assenti e tutti, per parlare di Ponte sullo Stretto, hanno preferito un collegamento in streaming. C’è chi, come Francesco Lollobrigida, ha fatto anche peggio: un videomessaggio registrato “stile comizio elettorale” ignorando completamente il tema della grande opera.
Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, invece, è comparso sul maxi schermo con uno sfondo di montagna. Da lì ha annunciato l’ennesimo rinvio dei lavori: “Io sono convinto che supereremo le perplessità che la Corte di Conti ci ha sottolineato e invece di partire come avrei desiderato entro novembre, dicembre di quest’anno con i cantieri, vorrà dire che partiremo nel 2026”. Quale mese non è dato sapere.
Non lo sa nemmeno il ministro degli Esteri Antonio Tajani che, stando all’arredamento alle sue spalle, sembra essersi collegato da casa sua. Secondo il vicepremier, c’è un “valido” motivo per andare avanti con il progetto del ponte: “Era un grande sogno di Berlusconi e quindi va realizzato”.
Ecco di nuovo Salvini, sullo stop della Corte dei Conti. Dice: “La gara c’è stata, è stata fatta. È ovviamente collegata ai costi del 2025, non di 10 anni fa. Sono cambiati i costi dei materiali, dell’energia, delle materie prime. Rifare un’altra gara significa dire di no al ponte”. Ma anche l’occasione di uscire dall’impasse e dare la colpa ai giudici “che non ce l’hanno fatto fare”.