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 2025  novembre 30 Domenica calendario

Nicola Zingaretti: "Per me è naturale che corra Elly con le correnti non farà la mia fine"

Il dato politico, dice Nicola Zingaretti, è che «ora il governo del Paese è contendibile». Secondo l’ex segretario del Pd ed ex presidente della Regione Lazio, ora capodelegazione dem a Bruxelles, il fatto che ormai le forze di opposizione si presentino unite a tutte le elezioni «è un risultato enorme, se si pensa che solo tre anni fa i leader dei partiti a malapena si parlavano».
L’unità sembra acquisita, ma non basta per vincere, no?
«È una precondizione, ma c’è la volontà politica di fare altri passi in avanti. Nel 2018 e nel 2022 abbiamo perso perché abbiamo scambiato l’orgoglio per presunzione e siamo andati da soli. Oggi il clima è diverso e serve una proposta che riaccenda speranza».
Il confronto tra alleati sul programma di governo va fatto subito o si può aspettare quasi un anno come dice Conte?
«La tempistica mi pare una questione marginale, il punto è che è già stato avviato un percorso e c’è ormai una pratica comune anche nella base dei singoli partiti, una naturale tendenza a fare le cose insieme e a cercare convergenze».
Su molti temi è vero, però non si può sorvolare sul sostegno militare all’Ucraina.
«È ovvio che dovremo trovare una mediazione. Ma la fase “destruens” nel centrosinistra è stata archiviata e ora siamo in una fase costruttiva, che punta a rendere credibile la nostra proposta. Noi partiamo da una posizione forse più unitaria rispetto alla maggioranza. Per la prima volta c’è un governo in carica senza una linea di politica estera».
Addirittura?
«Io lo vedo a Bruxelles, sulla politica estera. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non votano mai insieme al Parlamento europeo. Abbiamo un vicepremier super europeista e l’altro che vorrebbe tornare alla Comunità economica europea. E una premier che vorrebbe una Ue che fa meno cose e ha Trump come riferimento. Si allontanano dall’interesse nazionale, che presuppone un’Europa forte».
Non lo è, su diversi fronti.
«Mi preoccupa soprattutto che l’Europa non guidi la rivoluzione digitale: la subisce. Non sappiamo come difendere davvero le persone dal rischio di un nuovo dominio della “macchina”. Per questo le opposizioni dovrebbero promuovere insieme gli Stati generali del futuro: per capire come la sinistra possa agire nell’era del digitale e dell’intelligenza artificiale».
Resta il fatto che, al di là dei dissidi, la maggioranza tiene e il governo va avanti…
«Perché fanno finta di niente. Noi, in passato, quando non siamo riusciti a trovare una sintesi credibile, siamo andati al Quirinale per aprire la crisi di governo».
Loro, invece, per restare al governo pensano di cambiare la legge elettorale. Sbagliano?
«Danno un segnale di debolezza e dimostrano un’inquietante mancanza di rispetto per quella che è la prassi costituzionale. La discussione sulla legge elettorale non è nell’interesse dei cittadini, serve solo a sopperire alle loro difficoltà politiche. Ma è la conferma che abbiamo una grande occasione».
Vincere le elezioni politiche?
«Ridare speranza all’Italia, costruire un modello economico diverso per riprendere a crescere e ridistribuire ricchezza. La destra non crede nei principi di uguaglianza sanciti dalla Costituzione, noi dobbiamo lavorare per garantire più giustizia sociale. Così vinceremo».
Con quale candidato premier?
«La guida dell’alleanza la deciderà l’alleanza, quando sarà costituita».
Ma con questa legge elettorale è logico che sia Schlein?
«Personalmente trovo naturale che la leader del primo partito sia la candidata a premier». La segretaria è solida? Nel Pd c’è movimento di correnti, lei se ne intende…
«Elly ha portato chiarezza dei contenuti e cultura unitaria, senza la quale non saremmo arrivati a questo punto. Nella costruzione del programma per l’Italia c’è bisogno del protagonismo di tutto il partito, dai dirigenti agli amministratori: deve essere un elemento di ricchezza, non un problema. Una leader forte, un partito forte, un’alleanza forte».
Bello slogan, ma con lei segretario non ha funzionato.
«Rispetto ad allora vedo alcune differenze, è servito sbattere la porta. Oggi c’è la consapevolezza che la priorità sia andare avanti uniti verso le Politiche. Diversità e pluralismo sono cose positive e non significa alimentare spaccature dentro al partito».