la Repubblica, 30 novembre 2025
Intervista a Sylvie Vartan
Sylvie Vartan è stata l’icona dell’epoca yéyé, quando formava una coppia mitica con Johnny Hallyday. Nel film C’era una volta mia madre, il regista Ken Scott ci riporta nella Francia degli anni Sessanta ma le sue canzoni diventano qualcosa di più di una consolazione per il piccolo Roland Perez, bambino nato con un piede torto e accudito da una mamma generosa e totalizzante, interpretata da una straordinaria Leïla Bekhti. Grazie a “mia madre, a Dio e a Sylvie Vartan”, Roland ha raccontato nella sua autobiografia di essere miracolosamente riuscito a camminare, ritrovando una vita normale e diventando un avvocato parigino di successo, legale di grandi star, tra cui anche la cantante che idolatrava. «Sono sempre stata convinta del potere della musica ma non avrei immaginato che le mie canzoni avessero anche virtù curative» sorride Vartan, con tono suadente. Quasi un anno fa ha salutato il pubblico nell’ultimo, grande concerto. Un addio alla scena che non somiglia affatto a un congedo definitivo dalla musica. Riappare ora in questa commedia tratta dall’autobiografia di Perez, che ha già conquistato il pubblico in Francia. «È un film che infonde speranza e ottimismo» nota Vartan.
Il titolo dell’autobiografia da cui è tratto il film mette quasi sullo stesso piano lei e Dio. Che rapporto ha con la fede?
«Sono stata cresciuta nella religione cattolica. Per me la fede, qualunque essa sia, è essenziale. Aiuta l’essere umano a migliorarsi, a credere nella possibilità di un miracolo. Ho rischiato di morire diverse volte e in tutti i momenti più difficili della mia vita la fede mi ha aiutata a resistere. Mi sono spesso trovata a pregare, esattamente come la madre di Roland nel film. La fede e l’amore assoluto, come quello di un genitore, possono davvero spostare le montagne».
Com’era il rapporto con sua madre, e poi quello con i suoi figli?
«Ho avuto la fortuna di essere cresciuta nell’amore, con genitori che non si sono mai separati. Da bambina, arrivando in Francia, ho scoperto a scuola che esisteva la parola “divorzio” e mi ricordo di aver chiesto a mia madre, sconvolta, cosa significasse. Ho vissuto intensamente la mia maternità, quasi come un’altra religione. Mi riconosco nella mamma di Roland, così attenta e possessiva. Oggi mi godo ancora di più i nipotini».
Suo figlio David è diventato cantante. Non deve essere stato facile con due genitori entrati nella leggenda della musica francese, come lei e Johnny.
«Per istinto materno mi sono preoccupata perché conosco il nostro ambiente e so quanto possa essere crudele. Ma David è cresciuto in questo mondo. È stato un figlio desiderato, amato, protetto. Abbiamo un legame forte che resta, anche ora che ha spiccato il suo volo. Per me è una grande felicità vederlo esprimere il suo talento».
Com’è stato recitare in questo film?
«Da bambina sognavo di fare l’attrice. Il destino mi ha portato verso la musica ma i miei concerti sono diventati dei veri spettacoli, con scenografie, costumi, ballerini. È lì che ho ritrovato il piacere di interpretare. In questo film interpreto me stessa, quindi è ancora diverso. Adoro il cinema italiano. Io e Johnny abbiamo persino rischiato di girare un film con Sergio Leone, una sorta di western ispirato a Bonnie and Clyde. Avevamo iniziato i sopralluoghi, stavo imparando le acrobazie a cavallo. Poi Sergio è morto e l’intero progetto è svanito. Provo ancora un grande rimpianto per non aver potuto girare quel film».
Il suo addio al pubblico è definitivo?
«Sono stata molto fortunata, ho girato il mondo e ora non è facile staccarmi da questo mestiere che è stato una passione travolgente. Sto riflettendo su alcune idee, ho diverse proposte. Mi prendo il tempo di valutare che cosa avrebbe più senso. Non sono così sicura di restare completamente lontana dal mio pubblico, magari farò qualcos’altro o in sotto forme diverse».
Le piacerebbe registrare un nuovo disco in italiano?
«Sì, mi piacerebbe molto, non necessariamente per tornare sul palco, ma per il piacere di ritrovare la vostra lingua che amo così tanto. Tutte le mie canzoni in italiano sono state dei successi. Il francese è una lingua sublime per la poesia, l’amore, la scrittura, ma sulla musica l’italiano è a un livello superiore, ti porta subito in un’altra dimensione. Adoro Zucchero, per esempio. Baila Morena è geniale, irresistibile».
Quali sono i suoi più bei ricordi in Italia?
«Vivevamo a Roma per fare in Rai, il sabato sera, i programmi Doppia Coppia e Punto e basta. Avevamo preso una casa con mia madre e mio figlio. Sono stati anni magnifici. Molti dei miei dischi sono stati incisi anche nel vostro Paese. Amo gli italiani, la loro esuberanza, il loro modo di mostrare i sentimenti. Li trovo molto vicini agli slavi. Ho una bisnonna italiana e mio marito Tony Scotti è nato negli Stati Uniti ma ha origini italiane, anche se alla fine lo parlo meglio io di lui».