la Repubblica, 30 novembre 2025
Scalata Mps a Mediobanca, per i pm patti occulti e falsità. Lovaglio: “Eseguito l’incarico”
Patti occulti, gare pilotate, dichiarazioni false. Pagina dopo pagina, è la trama del risiko bancario sul quale indaga la procura di Milano diretta da Marcello Viola. L’irresistibile scalata dei protagonisti in giacca e cravatta prima al «gruppo di comando» del Monte dei Paschi e poi al “salotto buono” di Mediobanca. Fino al piano per la conquista di Generali. Nel decreto di perquisizione e sequestro firmato dai pm, si ripercorre l’ascesa dell’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, del presidente di Luxottica e Delfin Francesco Milleri e dell’ad di Mps Luigi Lovaglio, indagati per manipolazione del mercato e ostacolo alle autorità di vigilanza.
Per i pm Luca Gaglio e Giovanni Polizzi, che con l’aggiunto Roberto Pellicano coordinano il Nucleo speciale di polizia valutaria della Gdf, almeno dal 2019 Caltagirone e Delfin (holding della famiglia Del Vecchio) investono «a scacchiera» per il controllo di Mediobanca e Generali. Il 13 novembre 2024 è un giorno cruciale. Il ministero del Tesoro vende il 15% di azioni in Mps al termine di un’operazione opaca, segnata da «vistose anomalie», spiegabile solo con l’intento «di voler pilotare» la dismissione. In cinque minuti, una procedura chiamata “Abb” (accelerated bookbuilding) termina con il passaggio di azioni per 1,1 miliardi dal Mef a soli 4 soggetti: Banco Bpm, Anima Holding, Caltagirone e Delfin. Escluso ogni altro pretendente. Banca Akros fa da intermediario, non senza ombre: è controllata proprio da Bpm, al quale chiede pure di fare da garante per 600 milioni perché non ha «disponibilità finanziarie sufficienti» per la copertura economica dell’operazione. Mai si è trovata a gestire qualcosa di simile. I pm scrivono: se fosse stata una gara pubblica, avrebbero indagato per turbativa d’asta. Ma dovrebbe almeno essere un’operazione trasparente: non lo è. Porta però a un risultato decisivo: Caltagirone e Delfin entrano «nel gruppo di comando della banca senese».
Lo scorso 24 gennaio Mps ha così una nuova «cabina di regia». E lancia un’operazione pubblica di scambio (Ops) su Mediobanca. Per i pm, Caltagirone, Milleri e Lovaglio – difesi rispettivamente dagli avvocati Paola Severino, Salvatore Scuto e Giuseppe Iannaccone – non comunicano alle autorità di vigilanza (Consob, Ivass, Bce) l’esistenza di un «accordo». Acquistano, «coordinati», titoli di Mediobanca e Generali senza rivelare il superamento di quote che renderebbero necessaria per legge un’Opa (offerta pubblica di acquisto). Si muovono per «occultare al mercato l’esistenza di patti». Dichiarano «falsamente» l’inesistenza di un «concerto». Informazioni che era «doveroso» rendere pubbliche. Ma l’assalto della «cordata» riesce a settembre.
Lovaglio e Caltagirone si congratulano già il 18 aprile scorso dopo un’assemblea decisiva. «Cavaliere, allora!». «Ma lei è il grande comandante Lovaglio? Come sta?». «Molto bene! Abbiamo fatto una bella operazione». L’ad di Mps continua: «Il vero ingegnere è stato lei, io ho eseguito solo l’incarico... godiamoci questa cosa, ha ingegnato una cosa perfetta». E aggiunge: «Facciamo fase due?». L’obiettivo è Generali. Caltagirone racconta che ha un’assemblea del Leone di Trieste («Prenderemo i tre consiglieri di minoranza. Poi ci facciamo una rimpatriata, ci prendiamo un caffè») e Lovaglio rivela: «Mi ha fatto una telefonata da deficiente Donnet (ceo di Assicurazioni Generali, ndr) dicendo: “Ma come puoi dire business assicurativo insieme?”. Io ho detto: “Guarda, non hai capito (...). Se tu sei così convinto – ho alzato un po’ la voce – fai la smentita, così ridiamo tutti!”. E lui, quel cretino, l’ha fatta, no? È proprio... anormale». Ancora Lovaglio al costruttore: «Se noi avessimo detto fin dall’inizio – come è vero – che Generali è strategica, lui avrebbe detto ‘ah, Lovaglio ha detto che è strategica, adesso io lo frego...”». L’ad di Mps si riferisce stavolta ad Alberto Nagel, ex guida di Mediobanca, che aveva tentato una (inutile) manovra per difendere Piazzetta Cuccia dalla banca senese. Il patto fra gli indagati era nascosto al mercato ma chiaro agli operatori del settore: «Si troveranno a controllare Mediobanca. Controllando Mediobanca di fatto controllano la partecipazione che ha in Generali, dritto. Questa è l’operazione, non ce n’è un’altra», si dicono due manager di Banca Akros.