la Repubblica, 30 novembre 2025
Ucraina, Crosetto garantista. Pressing Lega: sulle armi spinta per l’astensione
Il garantismo di Guido Crosetto. La Lega che, al contrario, soffia sulla tormenta giudiziaria a Kiev. Il sostegno militare del governo italiano all’Ucraina rischia di finire in una strettoia. Giorgia Meloni pubblicamente resta in silenzio, 24 ore dopo la notizia dell’indagine per corruzione a carico dell’ormai ex braccio destro di Volodymyr Zelensky, Andriy Yermak. Da FdI raccontano che la linea non cambia: avanti con il sostegno all’Ucraina, bene hanno fatto le autorità di Kiev a procedere con le indagini. Nella cerchia della premier c’è preoccupazione per i risvolti dell’inchiesta, per come possono essere recepiti dalle opinioni pubbliche occidentali, sempre più bersagliate dalla macchina propagandistica di Mosca. Ma non sono alle viste piroette in politica estera. Tra i Fratelli nella compagine di governo, è il ministro della Difesa a esporsi direttamente: «Yermak? Leggo che si è detto innocente, pronto ad attendere il corso della giustizia e dopo le dimissioni ha detto che sarebbe andato a combattere in prima linea. Se sarà così, merita che anche noi attendiamo il corso della giustizia», è il commento a Repubblica di Crosetto, che conosce l’ex capo di gabinetto di Zelensky, ricevuto anche nella sede del dicastero, nell’estate del 2024.
Pure FI conferma il sostegno all’Ucraina. È la Lega, a destra, a battere sul chiodo della corruzione. «Le indagini ormai arrivano sempre più vicino a Zelensky. Qualcuno si è arricchito sfruttando guerra, morte e aiuti? Vergognoso», la sentenza già sfornata a via Bellerio due giorni fa. Matteo Salvini è tornato alla carica di nuovo ieri, dall’assemblea del partito di Maurizio Lupi, Noi Moderati. «Sapere che centinaia di milioni di dollari sarebbero finiti in ville di lusso, conti all’estero, un giro di prostituzione di uomini vicinissimi a Zelensky è qualcosa che ci impone estrema cautela». Seguono stoccate all’Europa: «Lasciamo che Trump, Zelensky e Putin lavorino per la pace e blocchiamo quelli che anche in Ue, invece, hanno tutto l’interesse a continuare a vendere, pagare armi e ad allungare la guerra». Salvini ufficialmente non si spinge a pronosticare che farà il suo partito tra poco più di un mese, quando il Parlamento dovrà rinnovare per tutto il 2026 gli aiuti militari a Kiev, votando la legge “cornice”, quella che autorizza la Difesa a varare i pacchetti di armi da spedire di volta in volta. Il vicepremier lumbard sul punto non scopre le carte: «Prima di parlare di nuove armi e di tutto il resto, aspettiamo di capire che succede», la linea ufficiale.
Ma il Carroccio ribolle. Il pressing per smarcarsi è sempre più forte. Non solo da parte di parlamentari che dichiarano a titolo personale, come il senatore Claudio Borghi, che già da un paio di settimane ha messo a verbale: non voterò più sì all’invio di armi. Più esponenti di primo piano del partito, contattati da questo giornale, fanno questa previsione: «Se l’inchiesta si allargherà ancora, valuteremo l’astensione» sulla nuova legge. C’è ancora un margine di riflessione: l’anno scorso il decreto venne firmato in un Cdm all’antivigilia di Natale. Ma prima o poi i nodi verranno al pettine.
C’è un altro tornante insidioso per la maggioranza, prima della legge cornice. Tra due settimane, il 16 e 17 dicembre, si voteranno alla Camera e al Senato le risoluzioni in vista del consiglio europeo del mese prossimo. Dentro FdI temono che il Carroccio possa già mandare segnali sulle armi in questa occasione, presentando qualche ordine del giorno sulle inchieste in Ucraina. Magari rispolverando il vecchio asse gialloverde: il M5S è sempre più critico sulle forniture militari. Chiara Appendino ieri l’altro invitava Kiev ad «accettare» alla svelta «la cessione di territori» prospettata da Donald Trump. Il senatore dem Filippo Sensi è preoccupato: «Salvini continua a destabilizzare il sostegno italiano all’Ucraina, il governo sbanda pericolosamente tra Crosetto e Vannacci, nel momento cruciale per Kyiv».