Corriere della Sera, 30 novembre 2025
Contatti tra i trumpiani e gli oligarchi russi. Affari dietro la «pace»
L’aspetto unico del piano degli Stati Uniti per l’Ucraina non è nello squilibrio evidente a favore della Russia. Sono i suoi autori: tre uomini la cui principale qualifica è la relazione personale e finanziaria con i leader. Da parte statunitense è il caso di Steve Witkoff, immobiliarista, socio e amico di Donald Trump. Anche il genero del presidente, Jared Kushner, è della partita. Dal lato russo, senza alcuna autorità in politica estera, c’è poi un alleato atipico di Vladimir Putin: Kirill Dmitriev. A capo del fondo sovrano russo, Dmitriev è passato da Stanford, Harvard, McKinsey e Goldman Sachs. Ma la sua «qualifica» decisiva è il matrimonio con la star televisiva Natalia Popova, amica e socia della figlia di Putin, Katerina Tikhonova.
Witkoff, Kushner e Dmitriev operano così su entrambi i fronti della divisione tra pubblico e privato e promuovono piani personali che prevalgono su interessi e obiettivi dei loro Paesi. La loro mancanza di credenziali è una caratteristica strutturale che consente loro di cambiare ruolo e agire in modo agile e non convenzionale.
Un servizio del Wall Street Journal di ieri lo conferma: almeno per la parte americana la posta in gioco nel rapporto con la Russia sembra proprio il business visto che, in parallelo ai contatti fra Witkoff e Dmitriev, ne sono partiti altri tra affaristi della cerchia trumpiana e oligarchi russi sotto sanzioni. Fra questi Gennady Timchenko, Yuri Kovalchuk e i fratelli Boris e Arkady Rotenberg avrebbero inviato dei loro uomini in America per lavorare ad accordi su terre rare e energia. Uno dei potenziali beneficiari sarebbe Gentry Beach, amico del figlio del presidente Donald Trump Jr. e grande donatore per la campagna elettorale. Un altro donatore, Stephen Lynch, avrebbe pagato 600 mila dollari a un lobbista vicino a Trump Jr. per puntare a una licenza del Tesoro americano in vista dell’acquisto del gasdotto Nord Stream 2 fra Russia e Germania.
Non solo. Il vicepresidente della Exxon Mobil Neil Chapman avrebbe incontrato Igor Sachin, capo del colosso pubblico del petrolio Rosneft, per il ritorno della major americana in un progetto sul greggio a Sakhalin. E l’altro miliardario di Exxon Todd Boehly starebbe discutendo l’acquisto degli attivi esteri di Lukoil. Inoltre in luglio Dmitry Bakanov, dell’agenzia spaziale russa Roscosmos, ha visitato lo Space Center della Nasa a Houston e Boeing e SpaceX di Elon Musk. Per l’America, questa diplomazia del tutto affaristica e clientelare è una svolta. L’amministrazione ha servizi diplomatici solidi e strutturati. Eppure, sotto Trump, affidare a famiglia e amici questioni di interesse nazionale – senza alcuna trasparenza – ormai è la norma.
Ad aprile il Pakistan ha firmato un accordo con World Liberty Financial, una società di criptovalute controllata dalle famiglie Trump e Witkoff. Nello stesso periodo, Trump ha introdotto «tariffe reciproche», in base alle quali il Pakistan ha ricevuto un trattamento migliore rispetto all’India. In Oman, Qatar e Arabia Saudita, la Trump Organization ha firmato contratti per miliardi di dollari con fondi sovrani e finanzieri locali. E il fondo di investimento di Kushner ha ricevuto miliardi dai fondi sovrani del Qatar e dell’Arabia Saudita e da un membro di spicco della famiglia Al-Nahyan, al potere ad Abu Dhabi (Kushner ha avuto un ruolo di primo piano nei negoziati su Gaza).
Probabile che l’arricchimento di famiglia e amici non sia l’unico motivo per cui Trump preferisce la diplomazia non convenzionale. È nella natura dei sistemi personalistici isolare e aggirare i funzionari esperti e le istituzioni a favore di fedelissimi. Ma più a lungo questa anomalia continua, più debole diventerà la democrazia americana e inaffidabile la sua politica estera.