la Repubblica, 28 novembre 2025
Il mio grosso grasso calendario del nuovo Avvento
La vita è tutta un’attesa ma noi, affogati nel nostro eterno presente, ce lo siamo dimenticato. A ricordarcelo, però, ora c’è il boom del calendario dell’Avvento. Che sgrana il tempo, lo allunga, e lo trasforma in giorni, ore, minuti da riempire di senso, di speranza, di sogni, di aspettative. Forse per questo è diventato un business da paura, conquistando bambini e adulti. E viralizzando la rete grazie anche al fenomeno dell’unboxing, cioè lo spacchettamento online da parte dei vari influencer, ma anche di utenti comuni che svelano ogni giorno sui social cosa si nasconde in ogni casella. Di fatto già da fine estate, e quindi con largo anticipo sul periodo natalizio, si è messa in moto la grande giostra festiva che ormai ha nei 24 giorni dell’Avvento, quelli che vanno dal primo dicembre alla Vigilia di Natale, il vero countdown del desiderio.
Ce n’è per tutti i gusti, tutte le età, tutti i generi e tutte le tasche. Su Amazon la ricerca “calendari dell’Avvento 2025” dà 70.000 risultati. Dentro c’è letteralmente il mondo, da beauty e make-up a cibo e gioielli, fino ai dolci, ma quelli firmati dagli chef stellati. E ci sono anche i calendari per adulti, che trasformano il periodo dell’Avvento in un kamasutra che ogni giorno svela segreti hot per risvegliare la libido nelle coppie assopite. Risultato: tre settimane e mezza di passione.
Siamo ormai a distanza siderale dal primo Adventskalender a stampa, realizzato nel 1903 da Gerhard Lang, un tipografo tedesco di religione protestante. Che lo concepì come una sorta di giocattolo devoto, con tanto di figurine da ritagliare, colorare e incollare. Ma anche con cioccolatini e pensierini sistemati ad arte. Un sussidiario illustrato del catechismo. In realtà quel nucleo originario è stato letteralmente polverizzato da un Big Bang sociale ed economico che ha generato nuove galassie del desiderio e nuove modalità di marketing. Oggi la religione dell’attesa ha lasciato il posto alla religione dei consumi.
Una volta, infatti, ogni foglio del calendario conteneva un insegnamento, un’indicazione, un pensiero edificante. Era un modo per dar senso a quel periodo particolare dell’anno in cui l’avvicinamento progressivo alla notte che celebra la nascita del dio incarnato si trasformava in una sorta di pedagogia sociale a rilascio lento. Un insegnamento in ventiquattro rate per iniziare i ragazzi all’idea che i regali bisogna meritarseli comportandosi bene. Che poi vuol dire conformarsi alle regole stabilite dagli adulti.
Oggi quell’automatismo premiale con i suoi valori etici e i suoi fondamenti educativi è saltato. Intanto perché gli adulti non sanno veramente cosa chiedere ai ragazzi. E di conseguenza fanno fatica a proporre modelli fondati sul meccanismo di norma e sanzione, premio e castigo. Anche perché il testacoda generazionale che stiamo vivendo, col favore della tecnologia digitale, ha invertito il tradizionale rapporto tra genitori e figli. Nel mondo cui abbiamo voltato le spalle i ragazzi volevano prendere il posto dei grandi, e assomigliare a loro, mentre oggi i grandi vogliono assomigliare ai ragazzi. Risultato: un mondo dove tutto è simultaneo, senza prima e né poi, fatto di forever young che stazionano insieme allo stato fusionale e confusionale in un eterno presente dove non c’è più posto per l’attesa.
E dove i genitori, per dirla con il grande poeta francese Guillaume Apollinaire, sembrano diventati figli dei propri figli. In fondo i nuovi calendari dell’Avvento sono lo specchio di questa implosione del tempo sociale e di quello anagrafico. Per cui il desiderio, senza più ostacoli da superare, né regole da rispettare né tempi da aspettare, corre dietro a sé stesso all’infinito come un serpente che si morde la coda.
Così a ogni casella del calendario di fatto corrisponde un premio, un’autoassoluzione consolatoria che concede un benefit immediato. Tutto e subito. Eppure, in questa mania che ormai sembrerebbe una resa senza condizioni alle leggi del marketing, si può vedere anche il bicchiere mezzo pieno. Ed è il tentativo di riparare gli ingranaggi della ruota del tempo, restituendola a un andamento regolare, un giorno dopo l’altro, ridando all’attesa del domani tutto il suo carico di senso, di investimento sul futuro che è l’essenza stessa del calendario.
E in fondo rassicura come rassicuravano i vecchi almanacchi in cui il rapporto tra passato, quel che è e quel che sarà era garantito dal ritmo regolare della tradizione.
Di fatto, il boom dei calendari dell’Avvento nasce anche dal tentativo di bucare il non tempo della modernità liquida. Sfuggendo alla simultaneità perturbante del multitasking per rifugiarsi nella regolarità rassicurante della successione e rientrare nella profondità dell’ieri, oggi e domani. Così i 24 giorni che precedono il Natale si trasformano in un doppio concentrato del calendario d’antan.
Sono quel che resta del tempo in una società che ormai fa fatica a orientarsi nei labirinti di una storia che non ha più intervalli, date, tappe e ricorrenze che la rendano significativa, soprattutto da quando le feste hanno perso il loro rilievo religioso e comunitario e sono state ridotte a tempo libero. Cioè a ore anonime di non lavoro. Nella circolarità del calendario, con i suoi immutabili anniversari e le sue giornate particolari, diceva il grande scrittore bulgaro Elias Canetti, si riconosce una garanzia per ciò che verrà.
Ecco perché, nel continuum virtuale che è diventato il nostro quotidiano, i calendari dell’Avvento diventano gli almanacchi del futuro.