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 2025  novembre 28 Venerdì calendario

Manovra, il no del Tesoro al prelievo dell’oro di Bankitalia

Un esproprio. Ecco cosa accadrebbe se il Parlamento approvasse l’emendamento alla manovra di Fratelli d’Italia per trasferire l’oro di Bankitalia allo Stato. L’effetto collaterale spunta in un documento dei tecnici del Tesoro. Sono loro a scrivere che il passaggio di proprietà realizzerebbe «una sorta di “nazionalizzazione” a contenuto espropriativo della riserva aurea». Quella messa nero su bianco non è una valutazione interna fine a sè stessa. Il documento, che Repubblica ha potuto visionare, è arrivato nelle scorse ore sulle scrivanie di Palazzo Chigi. C’è di più. Il testo del Dipartimento del Mef è una bozza del parere contrario che il governo esprimerà sulla proposta dei senatori meloniani quando la commissione Bilancio di Palazzo Madama voterà la norma.
Una bocciatura nel merito e nel metodo. L’emendamento cerchiato in rosso è il numero 1.1, a prima firma del capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan. Due righe per stabilire che «le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d’Italia appartengono allo Stato, in nome del popolo italiano». I tecnici hanno già le idee chiare sulle ragioni che rendono impraticabile l’avanzamento della richiesta. Sono due. La prima riguarda la titolarità della competenza sull’oro. I tecnici ricordano che è del Sistema europeo di banche centrali (Sebc). A stabilirlo è il Trattato di funzionamento dell’Unione europea. Lì dentro c’è scritto che le autorità nazionali detengono le riserve ufficiali degli Stati membri, di cui i lingotti sono una parte. La questione tocca non solo le prerogative della Banca d’Italia, ma anche quelle di tutte le altre banche centrali dell’eurosistema e della Bce. La sottolineatura è sulla “rilevanza delle riserve ai fini della salvaguardia della stabilità economica e finanziaria dell’eurozona”.
Per tutte queste ragioni – prosegue il documento – occorrerebbe comunque acquisire il parere dell’Eurotower. È un passaggio che, almeno al momento, i meloniani non hanno fatto. Ma non è un elemento che può ribaltare il quadro. Anzi, i tecnici citano le riserve già espresse dalla Bce su proposte analoghe. Nello specifico la necessità “essenziale” di “un pieno ed effettivo controllo da parte della banca centrale affinché le attività di riserva assolvano la loro funzione nelle operazioni di gestione delle riserve in valuta estera». Non è solo un principio. In ballo c’è la capacità delle banche centrali nazionali di adottare decisioni, in completa autonomia, sulla gestione, conservazione e negoziazione, anche a lungo termine.
Altro “memo” della Bce: un trasferimento delle riserve dallo stato patrimoniale della Banca d’Italia allo Stato eluderebbe il divieto di finanziamento monetario, previsto dallo stesso Trattato, che vieta alla banca centrale di finanziare il settore pubblico. Ma «contrasterebbe altresì con il principio di indipendenza finanziaria».
Poi si passa al secondo vulnus, quello dell’esproprio. La «nazionalizzazione» sovranista apre un problema di legittimità costituzionale. Andrebbe valutato. Ma anche questo punto non è stato affrontato preventivamente da FdI. Il tema che resta sul tavolo è indicato in modo puntuale: la limitazione della sovranità nazionale in favore dell’Unione europea. Un altro segno da matita rossa sul foglio che chiede di affidare “l’oro alla patria”.