Corriere della Sera, 28 novembre 2025
Natalità, allarme di Mattarella «Mai così pochi giovani. Servono stipendi e servizi»
L’applauso più forte, dopo l’ovazione iniziale, scatta quando Sergio Mattarella recita l’articolo 31 della Costituzione e ricorda che «la Repubblica agevola con misure economiche» la formazione della famiglia e «protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù».
Parlando alla prima giornata degli Stati generali della Natalità, all’Auditorium della Conciliazione, il presidente della Repubblica lancia l’allarme su un Paese che invecchia, che «non si rigenera o lo fa soltanto parzialmente» e dove «i giovani sono pochi come mai prima».
La media di figli per donna in Italia è al minimo storico: 1,13 nei primi sette mesi dell’anno. Numeri così drammaticamente bassi di nascite l’Italia li aveva registrati «solo dopo guerre devastanti e per aree specifiche». Ed è in questo quadro desolante che la Fondazione presieduta da Gigi De Palo ha annunciato la nascita dell’Agenzia per la natalità, come luogo «di confronto, studio e collaborazione» per contrastare l’emergenza del crollo demografico «dopo anni di proclami e appelli pubblici rivolti alle istituzioni».
Due anni fa dallo stesso palco Papa Francesco aveva definito la natalità «l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo». E il capo dello Stato invita a riflettere su quelle parole, perché «è la vita, è il futuro, che rischiano di venire toccati, ridimensionati». Mattarella ricorda al governo che «il ruolo delle pubbliche istituzioni non è indifferente» e che il decremento delle nascite, particolarmente grave nelle isole, nelle aree interne e nei comuni periferici, «incide sui conti pubblici e sulla coesione». In uno Stato democratico, è l’appello del presidente della Repubblica alla politica e alle istituzioni, i temi della natalità sono «espressione alta del dovere delle strutture pubbliche di porre i cittadini nella condizione di esprimere in piena libertà la loro vocazione alla genitorialità, nell’interesse del bene comune».
I nostri giovani rischiano di essere sempre in ritardo. Troppo difficile, in una società «centrata sulla velocità», diventare autonomi rispetto alle famiglie di origine, trovare un lavoro stabile, mettere su casa e crearsi una famiglia propria. I problemi sono noti e gravi: precarietà, bassi redditi, difficoltà di trovare un tetto nelle aree urbane e di accedere ai servizi che consentono di conciliare i tempi del lavoro con quelli di una famiglia. Perché i giovani non si vedano costretti a rinunciare «alla gioia di avere figli», servono «condizioni adeguate di retribuzione e sviluppo dei servizi sociali».
Un richiamo duro e forte quello di Mattarella, ma anche un’apertura alla speranza: «Non siamo condannati al declino, il futuro è nelle nostre mani». Bisogna però fare le scelte giuste, come saper accogliere gli immigrati e le migliaia di stranieri che lavorano come colf e badanti: «Affrontare la natalità non è in contrapposizione con l’integrazione dei migranti e delle loro famiglie, che con il loro lavoro di cura contribuiscono al benessere delle nostre comunità... Una società consapevole, che sa accogliere le persone, è una società più forte».
In serata Sergio Mattarella è intervenuto all’inaugurazione dell’anno accademico della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, su invito del Cardinale Gran Cancelliere. E ancora una volta ha ricordato la storia dolorosa del quattordicenne del Mali, morto affogato dieci anni fa nel Mediterraneo con altre centinaia di migranti vicino alle coste italiane, per il naufragio di un vecchio peschereccio. Esaminando il corpo per dargli un nome, i medici trovarono una pagella cucita nella fodera della giacca. Nel suo appartamento al Quirinale, Mattarella conserva un disegno che ricorda quel ragazzo e lo guarda spesso: «Ogni volta mi chiedo chi sarebbe diventato, cosa abbiamo perduto con la sua morte e con quella di tanti, tanti altri».