Corriere della Sera, 28 novembre 2025
Come potrebbe funzionare?
A Palazzo Baracchini, la sede della Difesa, lo fanno subito capire chiaramente: «Qui nessuno sta pensando di mettere in campo le giovani reclute, di ripristinare la vecchia naja obbligatoria. Ma li vedete voi, dei ragazzini inesperti, alle prese con le armi sofisticatissime che ci sono oggi, anche solo se parliamo di droni?».
Insomma, calma, non è più tempo di «marmittoni». Quando il ministro Crosetto parla di «reintrodurre il servizio militare», «una leva su base volontaria», pensa a ben altro. Lo disse per la prima volta già due anni fa a Cagliari, il 4 novembre 2023, in occasione della festa delle Forze armate e dell’unità nazionale, davanti al capo dello Stato Sergio Mattarella: «La Difesa – disse quel giorno Crosetto – deve prepararsi a tutti gli scenari. Molto spesso nella nostra vita evitiamo di pensare alle cose peggiori, ma quando fai il ministro della Difesa, per la sicurezza del Paese, devi pensare anche agli scenari peggiori e lavorare per evitare e fermare che ciò arrivi davanti a te».
E gli scenari peggiori oggi sono arrivati, la guerra si è fatta ibrida, fatta di droni e fake news e a Crosetto, perciò, preme prima di tutto «l’aspetto vocazionale». Ecco perché accanto alle Forze armate vorrebbe creare questa nuova «riserva ausiliaria dello Stato», fatta di professionisti di esperienza, militari in congedo, volontari in ferma prefissata, ex guardie giurate, 10 mila unità per cominciare («ma il numero lo deciderà il Parlamento», chiosano a palazzo), pronti ad arruolarsi su base volontaria «per la difesa del Paese».
Ma anche «i medici in pensione» saranno ben accetti e altro personale civile qualificato per evitare che accada come quella volta che durante il Covid l’acquedotto di Roma restò con un unico tecnico in servizio perché tutti gli altri si erano ammalati. Una forza on demand che – una volta reclutata, formata e periodicamente addestrata – sarà pronta per essere impiegata a supporto delle Forze armate in «casi gravissimi», come guerre, calamità e crisi internazionali. Ma mai in prima linea. Già nelle scorse settimane, in un suo discorso ai vertici militari, il ministro aveva detto che la legge 244, quella che fissa il limite per il personale della Difesa a 170 mila unità (oggi sono 160 mila) va «buttata via» e i numeri, viste le esigenze, andrebbero aumentati di molto: almeno di 30-40 mila. Non solo. Nel documento informale presentato da Crosetto il 17 novembre scorso al Consiglio supremo di Difesa, davanti a Mattarella, parlò espressamente della necessità di 10-15 mila nuove unità da formare nell’ambito delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale contro la guerra ibrida già in corso. Secondo lui, 5 mila ne servirebbero solo nell’ambito cyber.
Ecco perché il progetto della nuova leva su base volontaria proverebbe a coinvolgere anche i più giovani: «Un hacker non si arruolerà mai, ma comunque potrà darci sempre una mano se ha a cuore le sorti del proprio Paese», ragionano a Palazzo Baracchini. E non importa se non saranno laureati come quelli della «riserva selezionata» che oggi già esiste ed è composta dagli ingegneri che hanno già progettato ponti in Afghanistan e aperto pozzi in Libano per dissetare la popolazione.
«Sapete che in alcuni Paesi come la Svizzera la parte della riserva in qualche modo comprende tutti i cittadini fino a oltre 50 anni? – diceva ieri Crosetto —. Anche se la Svizzera è da 500 anni che non ha una guerra...». Ecco perché il ministro vorrebbe arrivare con la sua proposta in Parlamento: «Penso che l’Italia debba riflettere su un nuovo modello di difesa e lo dico al di là della maggioranza di governo, perché le scelte del modello di difesa del futuro sono scelte che riguardano un Paese intero, uno Stato, una nazione, non soltanto la maggioranza», ha chiarito ieri. La «difesa del proprio Paese» come unica vocazione.